Dichiarazione sul non paper di Alfano

Questo testo è stato pubblicato, con il titolo Alfano e la politica di Ponzio Pilato, anche su «il manifesto» del 21 marzo

Lo scorso 12 marzo, a Bruxelles, il ministro dell’Interno italiano Angelino Alfano ha incontrato il commissario europeo all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos e i ministri suoi omologhi di Spagna, Francia e Germania. La proposta di Alfano, rigorosamente riservata, è riassunta in un non paper, un documento confidenziale con il quale il ministro prospetta una cooperazione dell’UE con i Paesi terzi ritenuti “affidabili” (Egitto e Tunisia in prima linea), al fine di garantire la “sorveglianza marittima” del Mediterraneo, le future operazioni di search and rescue, e l’auspicato rimpatrio nei paesi di origine. Quel che chiede, in sostanza, è l’esternalizzazione della politica di asilo dell’Unione europea, e delle responsabilità che le spettano. Si tratta di una legalizzazione concordata, e surrettizia, di respingimenti collettivi proibiti sia dalla Carta europea dei diritti fondamentali, sia dalla Convenzione di Ginevra. Il non paper conferma l’assenza di qualsivoglia strategia politica verso la Libia, e vanta improbabili strategie di deterrenza verso l’aumento dei flussi migratori in Europa.

Sono anni che accordi bilaterali e confidenziali di cooperazione di polizia cercano di delegare la gestione dei flussi migratori a paesi terzi dalle dubbie credenziali democratiche (Egitto, Eritrea, Sudan), eludendo il diritto internazionale del mare e la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. L’Italia ha già ricevuto due condanne dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione delle norme che vincolano gli Stati membri a rispettare il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti (art. 3), il diritto a un ricorso effettivo (art.13), e il divieto di respingimenti collettivi (art. 4-IV Protocollo CEDU).

Il governo italiano ha riattivato tale politica tramite il cosiddetto “processo di Khartoum”, inaugurato nel semestre di presidenza del Consiglio dei ministri europeo. Lo scopo ricercato, oltre che potenzialmente lesivo di diritti fondamentali, è un totale controsenso: nel tentativo di impedire che persone in fuga da guerre e dittature arrivino in Europa, si negozia con Stati che portano la maggior responsabilità dell’incremento dei flussi migratori, e addirittura vien loro domandato di istituire campi profughi sul loro territorio. Le recenti dichiarazioni del commissario Avramopoulos, esplicitamente favorevole alla “cooperazione con le dittature”, vanno in questa direzione.

Finora l’esperienza di campi di raccolta per profughi in Africa si è rivelata fallimentare: abbandoni nel deserto, carcerazioni, trasferimenti estremamente ridotti verso l’Europa.

Nel suo non paper, il ministro Alfano non si limita a elogiare la fallimentare operazione Triton. Adombra anche una collaborazione inesistente con l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) e con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). In una lettera ad Avramopoulos, l’UNHCR ha fatto sapere  di non aver mai approvato la proposta italiana. L’Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati, Antonio Guterres propone ben altre politiche: la restaurazione dell’operazione Mare nostrum e la sua europeizzazione (da me chiesta nell’ultima Plenaria del Parlamento europeo), un riequilibrio tra Stati membri dell’Unione delle politiche di reinsediamento dei richiedenti asilo, un progetto pilota per il trasferimento in diversi paesi europei dei rifugiati siriani soccorsi in mare in Grecia e in Italia.

barbara spinelli


 

Allegato:

Il non paper di Alfano:
“Possibile Involvement of Third Countries in Maritime Surveillance and Search and Rescue” (file .pdf)

Si veda anche:

EU considering plan to outsource Mediterranean migrant patrols to Africa

New plans to stem the flow of migration unacceptable

Mos Maiorum, in carcere 19mila migranti innocenti

Damiano Aliprandi, «Il Garantista», 13 febbraio 2015

Ora abbiamo i numeri. L’operazione Mos Maiorum è stata una terribile, e senza precedenti, maxi retata nei confronti degli immigrati. La vasta operazione poliziesca europea capitanata dall’Italia, avvenuta nelle due settimane dell’ottobre scorso, ha provocato ben 19000 arresti.

La maggior parte degli arrestati sono immigrati clandestini che non hanno commesso nessun reato. A denunciarlo è stata l’associazione umanitaria londinese Statewatch. Secondo l’associazione, che ha messo a confronto i report finali delle ultime operazioni, il numero dei fermati è raddoppiato rispetto alla precedente operazione Perkunas (10.459 fermi in due settimane), e addirittura quadruplicato in confronto all’operazione del 2012, Aphrodite (5.298 fermi in due settimane).

Proprio nel report finale dell’operazione Mos Maiorum, redatto dal Consiglio d’Europa, si evidenzia che «i cittadini siriani sono stati quelli maggiormente identificati (5088 persone), seguiti da afghani (1466 persone), serbi (in particolare kosovari, 1196) ed eritrei».

Poco più di 11mila le richieste di protezione internazionale presentate dopo l’intercettazione dagli stranieri controllati. Il report non esplicita invece, esattamente come i documenti relativi alle precedenti operazioni, il numero degli agenti coinvolti. Piuttosto, sottolinea che «per motivi sconosciuti Mos Maiorum ha catturato l’attenzione dei mass media, che hanno etichettato l’operazione come un’azione finalizzata all’arresto dei migranti, nonostante gli obiettivi fossero l’individuazione di reti criminali coinvolte nel favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e il monitoraggio dei percorsi usati dai trafficanti.  Un obiettivo raggiunto, visto che sono stati fermati 257 trafficanti», si legge sempre nel report.

Il dato parla da solo: sui 19000 arrestati, chi ha commesso reati sono solo 257. Del resto, lo stessoStatewatch sottolinea che nel documento di avvio dell’operazione di polizia uno degli obiettivi dichiarati era proprio «arrestare i migranti irregolari». Inoltre, un’altra critica mossa dai media all’avvio di Mos Maiorum  riguardava il rischio di incorrere in quello che in inglese viene definito racial profiling, di fatto una schedatura su base etnica.

Un rischio che almeno sulla carta si era cercato di evitare: con l’avvio dell’operazione si raccomandava agli Stati partecipanti – tutti i membri dell’Unione Europea, ad eccezione di Croazia, Grecia e Irlanda – di «portare avanti le attività nel pieno rispetto della dignità umana, mantenendo i più alti standard di professionalità e rispetto dei diritti umani, evitando ogni trattamento discriminatorio e avendo cura dei bisogni speciali dei gruppi vulnerabili».

Raccomandazioni che, stando a quanto riportato da Statewatch, non sembrano essere particolarmente servite: riprendendo alcune delle segnalazioni raccolte tramite la campagna Map Mos Maiorum, l’associazione evidenzia che nelle operazioni di controllo e fermo ci sarebbe stata una forte presenza, da parte delle forze dell’ordine, di comportamenti discriminatori e stigmatizzanti.

Un gruppo di europarlamentari, tra cui l’italiana Barbara Spinelli, ha scritto una lettera aperta criticando«lo scaricamento di responsabilità messo in atto dal Consiglio d’Europa»: alle richieste di chiarimento su Mos Maiorum, il Consiglio avrebbe risposto che l’operazione è stata condotta sotto la responsabilità del governo italiano. In realtà, come ricordato dagli europarlamentari, l’operazione di polizia europea fu lanciata a ottobre dalla presidenza italiana, allora a capo del semestre di presidenza del Consiglio d’Europa, e l’operazione Mos Maiorum fu concordata durante la definizione del programma di lavoro del Consiglio.

Infine, come sottolineato anche da Asgi – che definì l’operazione «un’azione miope e disumana» – secondo quanto contenuto nella proposta trapelata lo scorso 10 luglio gli Stati membri dovevano confermare la propria partecipazione anche al Segretariato generale del Consiglio: un aspetto che conferma il coinvolgimento dell’istituzione europea in questa operazione.

Ricordiamo che sempre la Spinelli della Sinistra unitaria europea, aveva denunciato in particolare che Mos Maiorum si trattava di un’operazione in cui vengono “profilati” gli immigrati irregolari procedendo alla loro identificazione «con l’autorizzazione anche a usare la violenza se necessario», secondo documenti della polizia di cui l’europarlamentare ha detto di essere in possesso. «È difficile non chiamarla per quello che è, una retata». E la denuncia dell’associazione Statewatch lo ha confermato: si è trattato di una vera e propria retata.

Ricordiamo che dopo questa operazione, a novembre si è dato il via ad una nuova missione europea, sempre sotto la guida italiana, con effetti disastrosi. Si chiama ”Triton”, altro nome calssicheggiante per dare vita al controllo delle frontiere e la lotta all’immigrazione irregolare. L’operazione Triton, attualmente operativa, è ben spiegata da un documento visionabile dove delinea ”Triton” come un rinforzo di Hermes,dispositivo lanciato il 1 marzo 2014 finalizzato a controllare e combattere l’immigrazione irregolare proveniente da Algeria, Egitto,Grecia, Libia e Tunisia. Nel concreto, il “rinforzo” è costituito da due aerei, un elicottero, due motonavi, due imbarcazioni leggere, sette team di esperti dell’agenzia europea, per un totale di 2.300.000 euro al mese. A

La preoccupazione espressa da vari organismi umanitari, compresa Amnesty International, è quella della sostituzione di Mare Nostrum con l’operazione Triton. L’Europa non sembra dunque intenzionata a portare avanti «l’immenso lavoro fatto dall’Italia con l’operazione Mare Nostrum salvando migliaia di persone», come dichiarava la commissaria Ue Cecilia Malmstrom. Anzi: il documento dell’operazione Triton sottolinea come le navi dell’operazione Mare Nostrum abbiano potuto incoraggiare l’arrivo di migranti.

La soluzione? Secondo le linee guida del documento, consisterebbe nel limitare l’aria di intervento dell’Unione: i mezzi navali di Triton si fermeranno a 30 miglia dalle coste italiane, cioè oltre 100-140 miglia più a nord dell’attuale pattugliamento condotto da Mare Nostrum. Solo i mezzi aerei si spingeranno più a sud, potendo così fornire informazioni sulle barche eventualmente avvistate. A chi? Ai mezzi di Mare Nostrum che non ci sono più. Ed ecco spiegata la tragedia del mare che ha provocato oltre 300 morti. Non a caso numerose associazioni umanitarie evocano il ripristino dell’unica operazione europea positiva: quella del Mare Nostrum.

 

Recenti casi di traffico di migranti nel Mediterraneo

Strasburgo, 13 gennaio 2015. Dibattito in plenaria con il commissario Avramopoulos sul traffico dei migranti nel Mediterraneo. Intervento di Barbara Spinelli.

In un’Unione europea in cui, in nome della sicurezza, i ministri degli Interni sono ossessionati dalla raccolta dati dei passeggeri aerei, è stupefacente che possano arrivare navi fantasma – tredici, in tre mesi –  con centinaia di fuggitivi che non sappiamo proteggere dai trafficanti. È scandaloso che alcuni paesi mediterranei, in connivenza con i trafficanti, fingano di non vedere le navi, e rifiutino soccorsi quando viene lanciato il primo SOS, come nel caso della Blue Sky.

Chiediamo il rispetto scrupoloso degli obblighi di salvataggio anche oltre le 30 miglia fissate da Frontex.  Chiediamo che Frontex sia severamente sanzionata, quando critica i salvataggi italiani oltre le 30 miglia. Non vanno così bene le cose, né per Triton né per navi come la Blue Sky: è quanto mi sento di dire al Commissario [Dimitris Avramopoulos] e alla nuova Presidenza lettone.

Chiediamo, per mettere fine al traffico di esseri umani nel Mediterraneo e non metter fine al diritto d’asilo in Europa, l’immediata costituzione di corridoi umanitari legali.

Alfano richiami Frontex al rispetto dei compiti di salvataggio in mare

COMUNICATO STAMPA

Barbara Spinelli ad Alfano: Presidenza imponga a Frontex il rispetto dei compiti di salvataggio in mare previsti dai regolamenti UE

Bruxelles, 11 dicembre 2014

Nel corso dell’odierna riunione della Commissione LIBE (Libertà, giustizia e affari interni), Barbara Spinelli ha reso nota una lettera inviata dal direttore di Frontex al Viminale, in cui sono criticati gli eccessivi interventi di soccorso effettuati da Frontex sulla base di chiamate dal Centro operativo di controllo di Roma, fuori dall’area operativa di Triton. Le istruzioni impartite alle navi, scrive Klaus Rosler, «non sono coerenti con il piano operativo e purtroppo non saranno prese in considerazione in futuro». L’eurodeputata del GUE-Ngl, insieme alle colleghe Elly Schlein (S&D) e Laura Ferrara (EFDD), ha domandato chiarimenti sulla lettera e chiesto ad Angelino Alfano, in qualità di rappresentante della Presidenza italiana e di ministro italiano dell’Interno, «di esigere chiarimenti da Frontex, richiamando l’agenzia al rispetto dei regolamenti che la obbligano non solo a controllare le frontiere ma a fare search and rescue e a rispettare le leggi del mare». Il Ministro ha risposto positivamente, ricordando che il soccorso in mare «non deriva da una delibera di Frontex» ma dalla «insuperabile legge del mare» e dai diritti umani fondamentali. «Le leggi del mare», ha continuato Alfano, «precedono la nostra costituzione» e sono «regole assorbite nei codici fondamentali dei diritti, che nessuno può scavalcare», neanche quando il presidio operativo dell’operazione Triton dovesse limitarsi al controllo entro la linea di 30 miglia dalle coste italiane: «Quando arriva una chiamata nessuno può sottrarsi», ha concluso il Ministro, «nessuno può affidarsi alle parole»: queste operazioni di salvataggio sono fissate «su carta scritta», ovvero nei regolamenti che costituiscono e istruiscono il lavoro di agenzie come Frontex.


 

Sullo stesso tema:

Presidenza: Alfano e Orlando fanno il punto al Pe

Alfano risponde a Frontex. Non possiamo ignorare leggi del mare

Frontex si lamenta: «Troppi salvataggi»

di Carlo Lania, «Il Manifesto», 9 dicembre 2014

Il mini­stro degli Interni Alfano dovrà far­sene una ragione. Se spe­rava che met­tere fine all’operazione Mare nostrum avrebbe com­por­tato una dimi­nu­zione degli sbar­chi di migranti, dovrà rifare i pro­pri cal­coli. Se si para­gona infatti il numero di arrivi regi­strati a novem­bre scorso, primo mese in cui uffi­cial­mente la mis­sione euro­pea Tri­ton ha sosti­tuito la navi della Marina mili­tare, con quelli avuti nel novem­bre del 2013 — primo mese di atti­vità di Mare nostrum dopo la strage di Lam­pe­dusa — si sco­pre che il numero di pro­fu­ghi arri­vati in Ita­lia è quasi quin­tu­pli­cato.
A rive­larlo, smen­tendo così la anche la pro­pa­ganda di quanti come la Lega con­ti­nuano ad accu­sare Mare nostrum di rap­pre­sen­tare un fat­tore di attra­zione per chi fugge dalle coste afri­cane, è stato l’ammiraglio Giu­seppe De Giorgi, capo di Stato mag­giore della Marina, ascol­tato ieri dalla com­mis­sione Diritti umani del Senato. E i dati for­niti dall’alto uffi­ciale lasciano poco spa­zio a inter­pre­ta­zioni. Nel novem­bre del 2013 gli immi­grati soc­corsi furono in tutto 1.883. Un anno dopo, cioè nel mese di novem­bre appena finito, gli arrivi sono stati invece 9.134, con un aumento del 485% rispetto all’anno pre­ce­dente. Di que­sti 3.810 sono stati soc­corsi sem­pre dalla nostra Marina mili­tare che li ha sot­to­po­sti a scree­ning sani­ta­rio prima dello sbarco, con­tra­ria­mente ai restanti 5.324 (1.534 dei quali inter­cet­tati dalla Capi­ta­ne­ria di porto impe­gnata nella mis­sione euro­pea e 2.273 dai mer­can­tili inter­ve­nuti in soc­corso) che hanno invece rice­vuto le prime visite medi­che solo una volta a terra. Per quanto riguarda Tri­ton invece, e soprat­tutto per capire quanto lo spi­rito della mis­sione euro­pea sia distante da quello che ha carat­te­riz­zato Mare nostrum, basta la let­tera inviata al dipar­ti­mento dell’Immigrazione della poli­zia di fron­tiera del Vimi­nale dal diret­tore di Fron­tex Klaus Rosler e in cui l’agenzia euro­pea si dice «pre­oc­cu­pata» per i troppi inter­venti di soc­corso avve­nuti «fuori area», ovvero oltre le 30 miglia marine fis­sate dall’Ue come con­fine euro­peo. A non pia­cere al diret­tore di Fron­tex sono state le indi­ca­zioni impar­tite nelle scorse set­ti­mane alle navi dal cen­tro di con­trollo di Roma, che dopo aver rice­vuto una serie di segna­la­zioni rela­tive a imbar­ca­zioni di migranti pre­su­mi­bil­mente in dif­fi­coltà, ha ordi­nato di veri­fi­care le richie­ste di soc­corso. Ope­ra­zioni che, secondo il diret­tore dell’agenzia Rosler, «non sono coe­renti con il piano ope­ra­tivo e pur­troppo non saranno prese in con­si­de­ra­zione in futuro».
A que­sto punto è legit­timo chie­dersi a cosa serva Tri­ton e se — al di là delle pro­messe fatte da Alfano — non sia solo un’operazione di imma­gine desti­nata tra l’altro a finire il 31 gen­naio 2015. Tanto più se si para­go­nano gli inter­venti messi a punto da Mare nostrum nel corso dell’anno con quelli della mis­sione euro­pea. Men­tre quest’ultima è impe­gnata infatti nel solo con­trollo delle fron­tiere marit­time, Mare nostrum ha garan­tito la sor­ve­glianza e la sicu­rezza in alto mare, i con­trolli e l’identificazione dei migranti, il con­trollo delle fron­tiere, la ricerca e il sal­va­tag­gio (Sar, Search and rescue) e l’assistenza sani­ta­ria e uma­ni­ta­ria ai migranti. Inol­tre le navi della marina hanno coperto un’area vasta 22.350 miglia qua­drate con­tro le sole 6.900 miglia qua­drate di Tri­ton. Che a quanto pare si lamenta anche.
«Sba­lor­dito» per il richiamo di Fron­tex si è detto Chri­sto­pher Hein, pre­si­dente del Con­si­glio ita­liano rifu­giati. «La stessa Fron­tex ha sot­to­li­neato all’operazione Tri­ton l’obbligo di sal­va­tag­gio di fronte a segna­la­zioni, e se ciò accade fuori dalle 30 miglia non c’è limi­ta­zione ter­ri­to­riale o di set­tore marino che possa essere presa in considerazione».

Fonte