Voto contrario al Commissario europeo Navracsics: dichiarazione di Barbara Spinelli

La Commissione cultura del Parlamento europeo ha respinto la nomina del ministro ungherese Tibor Navracsics a titolare della Commissione educazione, cultura, politiche giovanili e cittadinanza. Barbara Spinelli, eurodeputata della Lista Tsipras, fin dall’indomani della nomina aveva indirizzato una lettera ai colleghi del Parlamento europeo perché si opponessero alla scelta di Juncker.

“È un successo della commissione parlamentare che l’ha duramente interrogato, e dei pochi eurodeputati che fin dall’inizio lo hanno ritenuto inadatto”, ha detto Spinelli. “Ma soprattutto è un successo delle tante associazioni cittadine, che in Ungheria e in molti Paesi dell’Unione chiedevano fermezza al Parlamento Europeo contro il regime illiberale di Orbán, e contro uno dei suoi più importanti uomini di fiducia”.

“Questo non significa che Tibor Navracsics sarà escluso dalla Commissione”, continua Spinelli, “ma almeno non otterrà il dicastero Cittadinanza, e in tal modo la più grande beffa sarà forse evitata. Dico forse, perché tutto può ancora succedere, considerato il patto tra socialisti e popolari che esiste nel Parlamento europeo”.

Respingere Dimitris Avramopoulos,
commissario della Fortezza Europa

Lettera inviata ai parlamentari europei

Versione italiana
English version

28 settembre 2014

La decisione di affidare a un ministro della Difesa, Dimitris Avramopoulos, la delega a Immigrazione e Affari interni (già l’accostamento di questi due portafogli appare inquietante), suggerisce di fatto una rubricazione dei migranti a pericolo da cui l’Unione si deve guardare. Avramopoulos sembra l’uomo giusto, visto che gli obiettivi strategici che Jean-Claude Juncker gli assegna sono il contrasto dell’immigrazione irregolare, il controllo delle frontiere esterne tramite il rafforzamento di Frontex e delle guardie costiere, il consolidamento della cooperazione con i paesi terzi, incentrata sulla lotta al terrorismo e sugli accordi di riammissione nei paesi d’origine. Ma se la scelta è giusta per Juncker, non può esserlo per chi, nel Parlamento europeo, si batte per una nuova politica dell’immigrazione, rispettosa della Carta dei diritti fondamentali e dello stesso Trattato di Lisbona.

Nella lettera d’incarico al nuovo Commissario, inutilmente si cerca un cenno alle stragi che hanno reso il Mediterraneo un mare di morte, o un riferimento all’apertura di corridoi umanitari che tutelino chi tenta la salvezza da guerre e carestie affidando la propria vita ai trafficanti di uomini e alle mafie. L’istituzione di canali legali è prevista solo per gli immigrati regolari che vengano riconosciuti come competenze o talenti di cui l’economia europea ha bisogno. Nessun riferimento alla Direttiva Europea sulla Protezione Temporanea (2001/55/CE), che garantisce una tutela immediata ai rifugiati, anche quando il sistema di asilo non sappia governare l’intensificarsi degli arrivi. Nessun riferimento alla necessità di riformare il regolamento Dublino III. Nessun accenno alla possibilità di interrompere la collaborazione con i paesi che non garantiscono il rispetto dei diritti umani. Avramopoulos stesso ha dichiaratonelle sue risposte al questionario del Parlamento europeo che la sua priorità numero uno sarà la lotta al contrabbando, non la creazione di vie sicure verso l’Europa per chi fugge da conflitti armati spesso acuiti, o addirittura fomentati, dagli stessi Occidentali.

Ricordiamo alcuni fatti, per meglio sostenere il nostro rifiuto della scelta fatta dal Presidente Juncker.

Il 3 gennaio 2011 – mentre era ancora al governo George Papandreou – il ministero greco per la Protezione del cittadino annunciò la costruzione di una barriera di filo spinato lunga 12,5 chilometri, lungo la frontiera con la Turchia nella regione dell’Evros, allo scopo di ostacolare l’accesso di migranti e richiedenti asilo. La barriera, criticata dalle autorità europee e costruita senza fondi dell’Unione, fu completata nel dicembre 2012. [1]

La fabbricazione della barriera ebbe come risultato una caduta drammatica dei passaggi di frontiera: in precedenza, la regione del fiume Evros rappresentava uno dei principali snodi terrestri per chi migrava o fuggiva verso l’Europa, a un ritmo medio di 250 persone che ogni giorno tentavano l’ingresso in Grecia (provenienti in prima linea da Afghanistan, Pakistan, Armenia, Kurdistan, Iraq, Siria, Somalia, Egitto e Nord Africa).

Prima di esser designato commissario per l’Immigrazione Avramopoulos – che nel 2011 ricopriva l’incarico di ministro della Difesa, per poi passare nel 2012 all’incarico di ministro degli Affari esteri e tornare, nel 2013, alla Difesa – ha sostenuto a più riprese che il muro di filo spinato è una misura necessaria per “proteggere la nostra società e i nostri confini dall’immigrazione irregolare”.

La Grecia è stata ripetutamente condannata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo per il trattamento riservato ai migranti, in aperta violazione di alcuni articoli della Convenzione europea sui diritti dell’uomo (e degli articoli 18 e 19 della Carta europea dei diritti fondamentali sul diritto d’asilo e le espulsioni collettive). Numerose associazioni e Ong hanno denunciato le pratiche discriminatorie e lesive messe in atto dal paese nei confronti di migranti e richiedenti asilo. Nel 2013, Human Rights Watch ha denunciato in Grecia un’ondata xenofoba senza precedenti: in particolare nell’agosto 2012, con il nome di Xenios Zeus (Zeus protettore degli stranieri), ebbero luogo ripetuti rastrellamenti che portarono migliaia di stranieri nei centri di detenzione, in base, secondo numerosi avvocati delle associazioni per i diritti umani, a discriminazione etnica.

Avramopoulos non ha mai fatto mistero di considerare i profughi alla stregua di migranti illegali da respingere. Nel 2013, nel corso di una visita ufficiale in Bulgaria per accordi sulla vigilanza ai confini, disse: “In Grecia abbiamo affrontato un grande problema dovuto al forte flusso di immigrati illegali. L’emergere della questione è ben noto. Di recente, a causa dello svilupparsi degli eventi in Siria, la situazione è peggiorata. Abbiamo dovuto prendere misure, e una parte di queste misure sta già funzionando. Il «muro» nella parte a nord dell’Evros ha già dato i suoi frutti. L’ingresso di immigrati illegali in Grecia, da quella parte, è stato quasi eliminato. Tuttavia il problema non è ancora risolto, perché, come sapete, la Grecia ha confini marittimi che sono al tempo stesso confini d’Europa. Questo è il motivo per cui è stato sviluppato Frontex. Nonostante le misure, il problema sussiste perché non è possibile controllare l’intera estensione dei nostri confini marittimi. […] Comprendiamo sia l’aspetto umano che l’aspetto sociale del problema, tuttavia dobbiamo proteggere le nostre società e i nostri confini. […] Non è un compito che riguardi il ministro della Difesa della nazione, cooperiamo con i ministri specifici, ma questo problema ci ha preoccupati perché una delle sue estensioni riguarda la nostra sicurezza nazionale. Dietro a questi flussi potrebbero nascondersi e svilupparsi reti che riproducono la violenza e, non esito a dirlo, anche il terrorismo”. [2]

Sono numerose le organizzazioni di difesa dei diritti umani e dei migranti che sostengono come le barriere e i fili spinati edificati per chiudere le frontiere esterne della Grecia abbiano enormemente aumentato il flusso dei fuggitivi e migranti che cercano salvezza deviando la propria fuga verso il centro del Mediterraneo, in particolare verso le coste italiane.

Se Jean-Claude Juncker intende trasformare l’Europea in una fortezza, ha trovato l’uomo che può farlo.

Barbara Spinelli
vice-presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo,
membro supplente della Commissione per le Libertà civili, giustizia e affari interni

NOTE

[1] EU Observer, Greeks build fence to ward off asylum seekers, articolo di Nikolaj Nielsen, 7 febbraio 2012 (http://euobserver.com/fortress-eu/18565).

[2] Completion of Defence Minister Dimitris Avramopoulos’ official visit to Bulgaria, 7.11.2013, Hellenic Republic Ministry of National Defence, http://www.mod.mil.gr/mod/en/content/show/36/A37219.

September 21, 2014

The designation of Dimitris Avramopoulos, the Greek Minister of National Defence, as European Commissioner for Migration and Home Affairs (the very combination of those portfolios sounds worrying) actually suggests that migrants are labeled as a danger from which Europe must protect itself. From Jean-Claude Juncker’s point of view Avramopoulos may well be the right man, since his strategic goals include fighting illegal immigration, controlling the EU’s external borders via the strengthening of Frontex and of coastguards, consolidating cooperation with non-member States on the fight against terrorism and the readmission agreements with the countries of origin. But Dimitris Avramopoulos can’t possibly be the right choice for those, in the European Parliament, who fight for a new migration policy, in compliance with the Charter of Fundamental Rights and with the Treaty of Lisbon.

The mission letter addressed to the new Commissioner-designate contains no mention of the mass drownings that have turned the Mediterranean into a sea of death, nor does it make any reference to the opening of humanitarian corridors for the protection of those who seek safety from wars and famine entrusting their lives to smugglers and local mafias. The establishment of legal migration channels is envisaged only for regular migrants with skills and talents that would benefit the European economy. No mention of the European Directive on Temporary Protection (2001/55/CE), which offers immediate protection to refugees even when the asylum system can’t manage the increasing arrivals. No mention of the much-needed amendments to the Dublin III regulation. No mention of the possibility to cease cooperation with countries which do not ensure respect for human rights. In his answer to the questionnaire of the European Parliament, Avramopoulos declared that his main priority will be the fight against human trafficking, not the opening of safe routes to Europe for those who flee famines or wars.

Let us remember the facts that underlie our rejection of President Juncker’s choice.

On January 3, 2011 – during George Papandreou’s government – the Greek Ministry of Public Order and Citizen Protection announced the construction of a razor-wire-topped fence in the Evros region, at the 12.5 km land border with Turkey, to stop the flow of irregular migrants and asylum seekers. The barrier, which was criticized by EU authorities and built without EU funding, was completed in December 2012. [1] The erection of the 12.5 km barrier led to a dramatic drop in the number of illegal land border crossings: previously, the Evros region had become one the main hubs of migration into Europe, with an average daily number of 250 people (mainly originating from Afghanistan, Pakistan, Armenia, Kurdistan, Iraq, Syria, Somalia, Egypt, and North Africa) trying to enter into Greece.

Before his designation as Commissioner for Migration, Avramopoulos – who was appointed Minister of National Defence in 2011, assumed the office of Minister of Foreign Affairs in 2012 and was again appointed Minister of Defence in 2013 – repeatedly stated that the barbed-wire fence is a necessary measure to “protect our society and borders from irregular immigration”.

Greece has been repeatedly condemned by the European Court of Human Rights for exposing migrants to degrading treatment, in blatant violation of several articles of the European Convention on Human Rights (and of articles 18 and 19 of the Charter of European fundamental rights on asylum rights and collective expulsions). Many NGOs and other organisations denounced the harmful and discriminatory practices against migrants and asylum seekers. In 2013, Human Rights Watch exposed a wave of unprecedented xenophobia in Greece. In August 2012 Greek authorities launched a massive crackdown against suspected illegal immigrants. The operation, code-named Xenios Zeus (after the Greek god of guests and travellers) led to the arbitrary detention of thousands of migrants on the basis of ethnic discrimination, according to human rights lawyers.

Avramopoulos has never made a secret of equating refugees with illegal migrants that must be refouled. In 2013, during an official visit to Bulgaria which focused on cross-border surveillance operations, he said: “During the past years in Greece we have faced a big problem due to the vast flow of illegal immigrants. The way this issue has emerged is well-known. In fact recently, due to the developments in Syria, the situation has worsened. We had to take measures. A part of these measures has already yielded fruits. The wall at the northern part of Evros has yielded fruits. The entry of illegal immigrants in Greece by this side has almost been eliminated. Yet the problem has not been resolved since, as you know, Greece has sea borders which also are Europe’s borders. This is why Frontex has been developed. Despite all these measures, the problem still exists because it is not possible to control the entire width of our maritime borderline. […] We understand both the human and the social side of this problem, yet we have to protect our societies and borders. This is not a task for the Ministry of National Defence, we cooperate with the apposite Ministries, but this issue has preoccupied us because one of its extensions relates to our national security. Behind all these flows, there might be hiding and developing nests that reproduce violence and, I do not hesitate to say, sometimes also terrorism”. [2]

Several human rights organisations have pointed out that the construction of barriers and barbed-wire fences to seal off Greek external borders has enormously increased the number of sea-crossings, rerouting the flow of fugitives and migrants to the middle of the Mediterranean and to the Italian coastline.

Barbara Spinelli
Vice-President of the Committee Constitutional Affairs of the European Parliament,
Member of the Committee Civil Liberties, Justice and Home Affairs

NOTES

[1] EU Observer, Greeks build fence to ward off asylum seekers, articolo di Nikolaj Nielsen, 7 febbraio 2012 (http://euobserver.com/fortress-eu/18565).

[2] Completion of Defence Minister Dimitris Avramopoulos’ official visit to Bulgaria, 7.11.2013, Hellenic Republic Ministry of National Defence, http://www.mod.mil.gr/mod/en/content/show/36/A37219.

Jyrki Katainen vicepresidente
della Commissione: le ragioni del no

Lettera inviata ai parlamentari europei

Versione italiana
English version

20 settembre 2014

La designazione di Jyrki Katainen come vicepresidente della Commissione e responsabile di occupazione, crescita, investimenti e competitività, e le sue prime dichiarazioni al Parlamento Europeo nei giorni successivi alla designazione, sono inquietanti. Compito del nuovo vicepresidente dovrebbe essere quello di mettersi immediatamente al lavoro per garantire investimenti europei necessari alla ripresa dell’economia europea e per il ritorno alla piena occupazione al fine di realizzare un obiettivo cruciale del Trattato, dopo sette anni di crisi durissima che le politiche di austerità hanno acutizzato al massimo. Nelle lettere di missione, il Presidente Juncker ha chiesto a Jyrki Katainen e agli altri commissari di agire entro i primi cento giorni della nuova Commissione.

A molti parlamentari è parsa che questa fosse la conclusione cui è giunto il nuovo Presidente Jean-Claude Juncker, quando non solo ha criticato il 15 luglio nell’aula di Strasburgo le politiche della trojka, ma ha anche annunciato il piano che porta ormai il suo nome: un piano di investimenti di 300 miliardi di euro per i prossimi tre anni.

In tutt’altra direzione vanno le dichiarazioni di Katainen. Invece di parlare del piano di investimenti, ha ripetuto le sue ricette sul rigore, facendo capire che prima ogni Stato dovrà mettere la propria casa in ordine, e solo dopo verranno – eventualmente – piani di investimento. Non è questa la sua missione, se è vero che egli dovrà occuparsi di lavoro, occupazione e investimenti. Né è suo compito chiedere «riforme strutturali» che restringono drasticamente i diritti dei lavoratori e puntano a un depotenziamento del ruolo essenziale svolto dai sindacati, come avviene in Italia nello scontro, gravissimo, che il governo Renzi sta fomentando attorno all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Il piano Juncker non è certo sufficiente, e non è per nulla chiaro come sarà finanziato: se si tratterà solo di aumentare un po’ i mezzi messi a disposizione dalla Banca Europea di Investimenti e di riorganizzare gli attuali Fondi europei. La vera soluzione sarebbe quella proposta dall’Iniziativa dei cittadini europei nel “New Deal 4-Europe”, con interventi della Bei e due tasse europee: sulle transazioni finanziarie e sull’emissione di CO2. E sarebbe un aumento delle risorse proprie dell’Unione, che il Consiglio europeo rigettò nella primavera 2013 (a quel tempo Juncker era membro del Consiglio europeo e dell’Eurogruppo).

Ripetere che prima viene il rigore nazionale e che solo in un secondo momento si potrà discutere di cooperazione e di investimenti comuni fa parte di un’ideologia ordoliberista che ha evidenti tratti neo nazionalisti, contrari al progetto di un’Unione solidale e politicamente unita.

Così facendo egli viola i tre criteri fondamentali per essere membro della Commissione europea: la conoscenza (degli obiettivi dell’Unione che nell’articolo 3.3 del Trattato prevedono l’economia sociale di mercato e la piena occupazione), l’indipendenza (dalle politiche di rigore che vogliono imporre alcuni Stati), e l’impegno europeo (per la solidarietà e per la cooperazione leale).

È il motivo per cui gli europarlamentari dovrebbero respingere la designazione di Jyrki Katainen, se vorranno essere credibili di fronte ai cittadini che rappresentano.

Barbara Spinelli
vice-presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo,
membro supplente della Commissione per le Libertà civili, giustizia e affari interni

 

September 21, 2014

The designation of Jyrki Kaitanen as Vice-President of the Commission in charge for jobs, growth, investment and competitiveness, as well as his first remarks at the European Parliament shortly after his nomination, are disquieting. After seven years of a dire crisis only worsened by fierce austerity measures, the task of the new Vice-President should be to get immediately to work so as to guarantee the investments needed for European economic recovery and for the return to full employment, thus achieving a crucial objective of the Treaty.

In his mission letters, President Juncker urged Mr Jyrki Katainen and the other commissioners-designate to take action within the first hundred days of the new Commission.

Given Mr Juncker’s statement during the plenary session in Strasbourg, on July 15, it seemed to many members of the European Parliament that this was the conclusion the new President had finally come to, since not only did he criticize the troika’s policies, but he also announced the plan that now bears his name: a 300 billion euro investment plan for the next three years.

Katainen’s remarks move in an entirely different direction. Rather than talking about the investment plan, he repeated his austerity recipes, implying that first each State shall put its house in order and only then investment plans– if necessary – will come. This is not his mission, if it is true that he will have to deal with jobs, growth, and investment. Nor is it up to him to ask for “structural reforms” that drastically restrict workers’ rights and aim at weakening the essential role played by trade unions, as is the case in Italy and in several other countries of the Union.

Juncker’s plan is certainly not enough, and it is far from clear how it will be funded: whether it will be just a matter of slightly increasing the resources made available by the European Investment Bank and reorganizing the current European funds. The real solution might be the one put forward by the European citizens’ initiative “New Deal 4-Europe”, with EIB interventions and two European taxes: a financial transactions tax and a carbon tax. This may result in an increase of the EU’s own resources, which was rejected by the European Council in spring 2013 (at that time Juncker was a member of the European Council and of the Eurogroup).

Suggesting that national austerity comes first and discussions about cooperation and common investment will follow, is part of an ordoliberal ideology with unmistakable neo-nationalist features, contrary to the idea of a politically united Europe, built on solidarity.

By doing this, Mr Katainen breaks the three fundamental criteria that every European Commissioner must meet: knowledge (of the EU objectives as stated in Article 3.3 of the EU Treaty, which promotes a social market economy, aiming at full employment and social progress), independence (from the austerity measures some States want to impose), and European commitment (to the principles of solidarity and loyal cooperation).

These are the reasons why the members of the European Parliament should reject the designation of Jyrki Katainen, if they want to be credible in the eyes of the citizens they represent.

Barbara Spinelli
Vice-President of the Committee Constitutional Affairs of the European Parliament,
Member of the Committee Civil Liberties, Justice and Home Affairs


Sullo stesso argomento: Leftist MEP moves to block Katainen appointment (EN, IT)

Lettera ai parlamentari europei
sulla nomina di Tibor Navracsics

Versione italiana
English version

14 settembre 2014

Cari colleghi,

ritengo necessario respingere la nomina di Tibor Navracsics – attuale ministro ungherese degli Affari esteri e del commercio – a membro della Commissione europea. La sua designazione come responsabile per Educazione, cultura, politiche giovanili e cittadinanza è particolarmente allarmante, e costituisce un vero e proprio ossimoro per chi consideri una inderogabile necessità democratica la tutela dell’informazione, dell’istruzione, della partecipazione attiva dei giovani e della società civile – ambiti che hanno nella libertà d’espressione il proprio nucleo più profondo, e al tempo stesso più fragile.

Più in generale, non può lasciarci indifferenti il fatto che Tibor Navracsics – il cui documento strategico Our Future (Jövőnk) ha costituito, nel 2007, la base per il Manifesto del partito conservatore Fidesz – sia consigliere e uomo di fiducia di Viktor Orbán, il premier nazionalista che nemmeno due mesi fa ha dichiarato il proprio rigetto delle democrazie liberali, [1] né che sia l’ispiratore della riforma dei media ungheresi che nel 2011 pose i mezzi di comunicazione, pubblici o privati che fossero, sotto il controllo dello stato, riducendo pressoché al silenzio le voci dell’opposizione. [2]

Allo stesso modo, dobbiamo ricordare che Tibor Navracsis era ministro della Giustizia e vice Premier del secondo governo Orbán quando, nel 2011, una riforma costituzionale delegittimò la magistratura ungherese, relegando il Consiglio nazionale dei Magistrati a un ruolo meramente consultivo, destituendo la Corte costituzionale di buona parte del suo potere e lasciando piena libertà al governo di far approvare le proprie leggi quadro senza un’adeguata discussione parlamentare. [3]

Infine è opportuno considerare che, in qualità di Commissario – avendo tra le proprie competenze il programma per la cittadinanza – Tibor Navracsis avrebbe facoltà di limitare o bloccare tanto le future iniziative legislative europee quanto i finanziamenti alle Organizzazioni non governative, per progetti intesi a promuovere e rafforzare la cittadinanza europea. La preoccupazione non è fuori luogo, se consideriamo la politica aggressiva attualmente condotta nei confronti delle Ong operanti in Ungheria, denunciata da Amnesty International Ungheria [4] dallo stesso Consiglio d’Europa, che ha indirizzato in proposito una lettera al primo ministro Orbán. [5] Ong che si sono attivate, nel caso ungherese, nelle regioni più povere o a tutela delle popolazioni Rom.

Come sappiamo, il sostegno delle associazioni, dei comitati, delle organizzazioni di cooperazione e di tutela dei diritti umani – che rientra nello spirito dell’articolo 11 del Trattato sull’Unione europea – concerne il Parlamento come istituzione. La libertà d’espressione è un elemento essenziale in un sistema democratico, ed è un diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta europea. In quanto principio fondante dell’Unione, deve essere non solo protetta, ma “promossa” dai suoi stati membri (art. 49 del Trattato sull’Unione europea). Limitare l’attività degli organismi a tutela dei diritti umani, o intimidirne i dirigenti e gli attivisti, viola norme che sono vincolanti, e il principio di cooperazione leale che deve caratterizzare le relazioni tra l’Unione e i suoi stati membri (art. 4.3 Teu).

È per questi motivi che vi chiedo, cari colleghi, di esprimervi contro la nomina di Tibor Navracsics a Commissario dell’Unione europea, e in maniera più specifica a Commissario per Educazione, cultura, politiche giovanili e cittadinanza. [6]

Barbara Spinelli
vice-presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo,
membro supplente della Commissione per le Libertà civili, giustizia e affari interni

NOTE

[1] «Il nuovo stato che stiamo costruendo è uno stato illiberale, uno stato non liberale» ha detto Viktor Orbán il 26 luglio 2014, davanti a una platea di ungheresi “etnici” in Romania. «Dobbiamo abbandonare i metodi liberali e i principi liberali di organizzazione sociale, così come il modo liberale di guardare al mondo». (http://www.kormany.hu/en/the-prime-minister/the-prime-minister-s-speeches/prime-minister-viktor-orban-s-speech-at-the-25th-balvanyos-summer-free-university-and-student-camp)

[2] Un recente rapporto dell’Osce analizza l’impatto delle politiche governative sui media ungheresi, mostrando la convergenza dell’informazione sul partito governativo Fidesz. (http://www.osce.org/odihr/elections/hungary/116077). Unica eccezione, l’emittente dell’opposizione RTL, posta più volte in condizione di fallire, tanto che Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea, ha recentemente ritenuto di intervenire in sua difesa: «RTL è uno dei pochi canali in Ungheria che non si limiti a promuovere una linea pro-Fidesz; è difficile pensare che l’obiettivo non sia cacciarla dall’Ungheria. Il governo ungherese non vuole in Ungheria un’emittente neutrale di proprietà straniera. [Tutto questo] è parte di un percorso profondamente preoccupante: un percorso contrario ai valori dell’Unione europea». (http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/kroes/en/blog/media-freedom-remains-under-threat-hungary)

[3]In un parere giuridico adottato il 16-17 marzo 2012, la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa si è pronunciata contro la riforma, ritenuta una minaccia per l’indipendenza del sistema giudiziario ungherese e un rischio patente di violazione del diritto all’equo processo garantito dall’art. 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. A tal fine, la Commissione raccomandò la revisione delle leggi in questione e della stessa Costituzione ungherese. (CDL-AD(2011)016-e. Opinion on the new Constitution of Hungary adopted by the Venice Commission at its 87th Plenary Session, Venezia, 17-18 giugno 2011. http://www.venice.coe.int/webforms/documents/cdl-ad%282011%29016-e.aspx).

[4] Amnesty International Ungheria ha chiesto al governo Orbán di «smettere di ostacolare» le Ong e i gruppi della società civile, e garantire «l’esercizio del loro diritto alla libertà di associazione e alla libertà di espressione, senza subire intimidazioni». (Hungarian government must end its intimidation of NGOs, 10 settembre 2014, http://www.amnesty.eu/content/assets/Doc2014/eur270042014en.pdf).

[5] Il 9 luglio 2014, il Commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, ha indirizzato una lettera a János Lázár, Segretario di Stato per l’Ufficio del Primo Ministro, esprimendo il proprio disappunto per le intimidazioni e la sottrazione di fondi destinati alle Ong ungheresi da parte del Norwegian Civil Fund.
https://wcd.coe.int/com.instranet.InstraServlet?command=com.instranet.CmdBlobGet&InstranetImage=2564455&SecMode=1&DocId=2164762&Usage=2

[6] Parla da sé, che nella Lettera di missione indirizzata da Jean-Claude Juncker a Tibor Navracsics, il 10 settembre 2014, si legga: «Pur essendo radicate a livello locale e nazionale, l’istruzione, la cultura e la partecipazione civica sono percepite dai cittadini dell’Unione Europea come una componente cruciale dei nostri valori e della nostra identità condivisi. Esse contribuiscono alle risorse di libera espressione, creatività e imprenditorialità di ciascun individuo, nonché al dinamismo e alla coesione della nostra società». E, più avanti: «Rafforzare la comprensione dell’opinione pubblica su come oggi siano elaborate le politiche dell’Unione Europea e aiutare i cittadini a conoscere meglio l’Unione Europea e a partecipare alle sue discussioni. Bisogna in particolare adoperarsi per raggiungere i beneficiari delle attività organizzate attraverso il programma “Europe for Citizens” ed ERASMUS+, nonché nell’ambito del programma di tirocini organizzato dalla Commissione».

FIRME:

  1. Marie Christine Vergiat – Front de Gauche
  2. Gabi Zimmer – Die Linke
  3. Cornelia Ernst – Die Linke
  4. Marina Albiol Guzman – Izquierda Unida
  5. David Borrelli – Movimento 5 stelle
  6. Eleonora Forenza – Lista Tsipras-L’Altra Europa
  7. Franziska Keller – Bündnis 90/Die Grünen
  8. Terry Reintke – Bündnis 90/Die Grünen
  9. Fabio Massimo Castaldo – Movimento 5 Stelle
  10. Rosa D’Amato – Movimento 5 Stelle
  11. Klaus Buchner – Ökologisch-Demokratische Partei
  12. Jordi Sebastià – Compromis
  13. Benedek Jávor – Együtt 2014 – Párbeszéd Magyarországért
  14. Karima Delli – Europe Ecologie
  15. Martina Michels – Die Linke
  16. Lösing Sabine – Die Linke
  17. Malin Björk – Swedish Left party
  18. Isabella Adinolfi – Movimento 5 Stelle
  19. Liadh Ni Riada – Sinn Fein
  20. Luke ‘Ming’ Flanagan – Independent
  21. Teresa Rodriguez-Rubio – Podemos
  22. Helmut Scholz – Die Linke
  23. Neoklis Sylikiotis – Cyprus Progressive Party of Working People – Left – New Forces

September 14, 2014

Dear Colleagues,

I believe it is essential to reject the designation of Mr Tibor Navracsics – the current Hungarian minister of Foreign Affairs and Trade – to the post of European Commissioner. His designation as person in charge of Education, Culture, Youth and Citizenship is particularly alarming, and sounds as an outright paradox to those who consider it an inescapable democratic necessity to protect the information, education, and active participation of youth and civil society – areas that have freedom of expression at their deepest and most fragile core.

On a broader level, we cannot remain indifferent to the fact that Mr Tibor Navracsics – whose strategic document Our Future (Jövőnk) served as a basis for the Manifesto adopted by the conservative party Fidesz in 2007 – is a close advisor to Viktor Orbán, the nationalist Prime Minister who hardly two months ago declared his refusal of liberal democracies. [1] Nor can we turn a blind eye to the fact that Mr Navracsics inspired the Hungarian media reform package which in 2011 put both private and public media outlets under Government supervision, virtually silencing the opposition. [2]

Likewise, we must bear in mind that Mr Tibor Navracsis was minister of Justice and Deputy Prime Minister in the second Orbán Government when, in 2011, a constitutional reform delegitimized the Hungarian judiciary system, confining the National Judicial Council to a merely advisory role, widely depriving the Constitutional Court of its powers and giving the Government free rein to have its own framework laws approved without proper parliamentary debate. [3]

Finally, it is also advisable to consider that as a Commissioner – having among his own competences the citizenship programme – Mr Tibor Navracsis will have the power to limit or block not only any future European legislative initiative but also the funds allocated to Non-Governmental Organizations for projects aiming to promote and reinforce European citizenship. This concern is legitimate if we consider the aggressive policy currently directed against NGOs working in Hungary, included those particularly active in the poorest regions or in the defence of Roma communities. This policy was denounced by Amnesty International Hungary [4] and by the Council of Europe, which wrote a letter to the Hungarian Prime Minister to express its concern over the issue. [5]

As we know, the support for associations, committees, and organizations engaged in cooperation and in the protection of human rights – which espouses the spirit of Article 11 of the Treaty of the European Union – concerns the Parliament as an institution. Freedom of expression is an essential principle of every democratic system and a right recognized by the European Charter of fundamental rights. As a founding principle of the Union, freedom of expression must be not only protected, but also “promoted” among Member States (art. 49 of the Treaty of the European Union). All actions intended to limit the activity of human rights organizations or to intimidate their leaders and activists violate not only binding rules of the Union, but also the principle of loyal cooperation which should characterize the relations between the Union and its Member States (art. 4 p. 3 TEU).

For these reasons I ask you, dear colleagues, to vote against the designation of Mr Tibor Navracsics as Commissioner of the European Union, and more specifically as Commissioner for Education, Culture, Youth and Citizenship. [6]

Barbara Spinelli
Vice-President of the Committee Constitutional Affairs of the European Parliament,
Member of the Committee Civil Liberties, Justice and Home Affairs

NOTES

[1] “The new state that we are constructing in Hungary is an illiberal state, a non-liberal state” said Viktor Orbán on July 26, 2014, to an audience of “ethnic” Hungarians in Romania. “We must break with liberal principles and methods of social organisation, and in general with the liberal understanding of society”. http://www.kormany.hu/en/the-prime-minister/the-prime-minister-s-speeches/prime-minister-viktor-orban-s-speech-at-the-25th-balvanyos-summer-free-university-and-student-camp

[2] A recent OSCE report analyzes the impact of government policies on the Hungarian media, showing the converging bias of the information regarding the government party Fidesz. The only exception being the opposition media company RTL, which was repeatedly pushed to the brink of bankruptcy by means of heavy taxation, so that Neelie Kroes, Vice-President of the European Commission, has recently decided to intervene in its defense: “RTL is one of the few channels in Hungary not simply promoting a pro-Fidesz line; it is hard to see that the goal is anything other than to drive them out of Hungary. The Hungarian Government does not want a neutral, foreign-owned broadcaster in Hungary. [This] is part of a pattern that is deeply worrying; a pattern contrary to the EU’s values”.
http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/kroes/en/blog/media-freedom-remains-under-threat-hungary

[3] In an opinion adopted on March 16-17, 2012, the Venice Commission of the Council of Europe has ruled against the reform, which is considered a threat to the independence of the Hungarian judiciary system and risks of being an evident breach of the right to fair trial guaranteed by art. 6 of the European Convention of Human Rights. To this end, the Commission recommended the review of the laws concerned and of the Hungarian Constitution itself. (CDL-AD(2011)016-e. Opinion on the new Constitution of Hungary adopted by the Venice Commission at its 87th Plenary Session, Venezia, 17-18 giugno 2011.
http://www.venice.coe.int/webforms/documents/cdl-ad%282011%29016-e.aspx)

[4] Amnesty International called on the Hungarian government to end its intimidation of NGOs and “to respect the right to freedom of association and freedom of expression”.
http://www.amnesty.eu/content/assets/Doc2014/eur270042014en.pdf

[5] On July 9, 2014, the Commissioner for Human Rights of the Council of Europe, Nils Muižnieks, addressed a letter to János Lázár, Secretary of State for the Office of the Prime Minister, expressing his concern about intimidations and the conversion of funds originally allocated to Hungarian NGOs by the Norwegian Civil fund.
http://www.amnesty.eu/content/assets/Doc2014/eur270042014en.pdf

[6] Please note that the Mission letter addressed by Jean-Claude Juncker to Tibor Navracsics on September 10, 2014, states: «While locally and nationally rooted, education, culture and civic participation are perceived by EU citizens as a key component of our shared European identity and values. They contribute to individuals’ capacities for self-expression, creativity and entrepreneurship, as well as to the social cohesion and dynamism of our society». Moreover, «Strengthening the understanding of the general public of how EU policies are shaped today and helping citizens to learn more about the EU and to engage in EU debates. Particular attention should be paid to reaching out to the beneficiaries of activities organised through the “Europe for Citizens” programme and ERASMUS+, as well as in the context of the traineeship programme organised by the Commission».
http://ec.europa.eu/about/juncker-commission/docs/navracsics_en.pdf

SIGNATURES:

  1. Marie Christine Vergiat – Front de Gauche
  2. Gabi Zimmer – Die Linke
  3. Cornelia Ernst – Die Linke
  4. Marina Albiol Guzman – Izquierda Unida
  5. David Borrelli – Movimento 5 stelle
  6. Eleonora Forenza – Lista Tsipras-L’Altra Europa
  7. Franziska Keller – Bündnis 90/Die Grünen
  8. Terry Reintke – Bündnis 90/Die Grünen
  9. Fabio Massimo Castaldo – Movimento 5 Stelle
  10. Rosa D’Amato – Movimento 5 Stelle
  11. Klaus Buchner – Ökologisch-Demokratische Partei
  12. Jordi Sebastià – Compromis
  13. Benedek Jávor – Együtt 2014 – Párbeszéd Magyarországért
  14. Karima Delli – Europe Ecologie
  15. Martina Michels – Die Linke
  16. Lösing Sabine – Die Linke
  17. Malin Björk – Swedish Left party
  18. Isabella Adinolfi – Movimento 5 Stelle
  19. Liadh Ni Riada – Sinn Fein
  20. Luke ‘Ming’ Flanagan – Independent
  21. Teresa Rodriguez-Rubio – Podemos
  22. Helmut Scholz – Die Linke
  23. Neoklis Sylikiotis – Cyprus Progressive Party of Working People – Left – New Forces

 

I tre vizi capitali della Commissione Juncker

Jean-Claude Juncker ha presentato alla stampa i compiti dei suoi Commissari, precisando le priorità strategiche del nuovo esecutivo di Bruxelles. Su questi si dovrà pronunciare individualmente il Parlamento, e sul collegio l’assemblea dovrà dare un voto di fiducia a maggioranza semplice a fine ottobre.

Dichiarazione di Barbara Spinelli e Pier Virgilio Dastoli, 10 settembre 2014

Per quanto ci riguarda, sulla pagella di Juncker segniamo convinti un 5 – -, e forse perfino un 4 +. Sono tre, a nostro parere, i vizi capitali della nuova Commissione: il trionfo della City di Londra, il prevalere delle esigenze di sicurezza e della Fortezza Europa nelle politiche d’immigrazione, il restringimento del pluralismo mediatico nella cultura.

Il Presidente eletto ci aveva presentato in luglio un’agenda concentrata su dieci priorità, e ora esse sono apparentemente distribuite fra sette vice-presidenti che dovrebbero coordinare, in un puzzle difficilmente comprensibile, gli altri venti commissari.

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