La riforma della Blue Card

Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di relatore ombra per il Gruppo GUE/NGL della Relazione “Condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi ai fini di attività lavorative altamente qualificate” (Relatore: Claude Moraes – S&D, Gran Bretagna) nel corso della riunione ordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE). Bruxelles, 12 luglio 2016.

Punto in agenda:

  • Esposizione della Commissione

Vorrei ringraziare il rappresentante della Commissione per l’esposizione del progetto di modifica della direttiva blue card. Ci sono vari cambiamenti proposti che ritengo senz’altro interessanti. La direttiva, come diceva in apertura Claude Moraes, sembra contemplare procedure più inclusive e flessibili. Penso, in particolare, alle semplificazioni per quanto riguarda l’accesso al permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, alla possibilità, per chi già beneficia di protezione internazionale, di ottenere la Blue Card, e soprattutto alle facilitazioni riguardanti il ricongiungimento familiare. Ho letto tuttavia nell’explanatory memorandum della direttiva che la Commissione aveva inizialmente preso in esame la possibilità di rendere la Blue Card accessibile anche a migranti non altamente qualificati e ai richiedenti asilo. Ritengo che sarebbe stato estremamente positivo includere queste categorie nell’ambito di applicazione della direttiva. Cosa che non è stata fatta.

Ritengo inoltre che dovrebbe essere presa in considerazione l’idea di estendere, al contesto europeo, la normativa adottata in Svezia secondo cui le persone cui non è stata concessa protezione internazionale, ma che hanno ricevuto un’offerta di lavoro mentre la loro richiesta veniva esaminata, devono poter beneficiare di un permesso di soggiorno per cittadini di Paesi terzi.

Qualche settimana fa, in questa sede, è stato presentato un interessante studio della Direzione Generale delle politiche interne del Parlamento in cui si spiega come vi sia una forte carenza di manodopera in Europa, soprattutto nei settori che necessitano di lavoratori non altamente qualificati. Le cifre fornite a conferma di tale ipotesi sono davvero impressionanti. Questo d’altronde si collega strettamente alla crisi demografica dell’Unione. Ci sono mestieri – è riportato nello studio – che i vecchi in Europa non riescono più a fare e, allo stesso tempo, non ci sono abbastanza giovani per sostituirli.

Alla luce di ciò, chiedo alla Commissione come mai abbiate infine scelto di escludere i richiedenti asilo e i lavoratori non altamente qualificati dal campo di applicazione della direttiva.

Interrogazione al Consiglio dell’Unione europea sugli accordi con i Paesi terzi in materia di asilo e migrazione

COMUNICATO STAMPA

Bruxelles, 10 giugno 2016

Barbara Spinelli ha depositato un’interrogazione scritta al Consiglio cofirmata da venti eurodeputati di differenti gruppi politici, per chiedere il rispetto dei diritti fondamentali e del principio di leale cooperazione negli accordi in materia di politiche di asilo e migrazione.

«Fin dal 2014», scrive la parlamentare del GUE/NGL, «il Consiglio ha avviato una serie di accordi in materia di asilo e migrazione di cui alcuni aspetti sono stati tenuti segreti, sottratti al controllo parlamentare. Presumibilmente, il 23 marzo la Commissione, l’EEAS (European External Action Service) e il COREPER (Comitato dei Rappresentanti permanenti del Consiglio) hanno discusso partenariati con i Paesi del Corno d’Africa – tra cui il Sudan – volti a fermare il flusso di profughi verso l’Europa per mezzo dei fondi UE, rispecchiando la “dichiarazione” UE-Turchia e la proposta italiana chiamata “Migration compact”. Va notato che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto contro il Presidente sudanese in seguito ad accuse relative al suo presunto ruolo nel genocidio nel Darfur».

Poiché «l’articolo 13 del Trattato sull’Unione europea stabilisce che le istituzioni dell’Unione debbano attuare tra loro una leale cooperazione, agire nell’ambito delle proprie competenze e in conformità con le procedure, le condizioni e gli obiettivi stabiliti nei Trattati», Barbara Spinelli e gli altri venti parlamentari europei si rivolgono al Consiglio chiedendo se ritiene «che sia stato rispettato il principio di leale cooperazione nel proporre questi accordi, visto che il Parlamento non è stato né consultato né informato della loro esistenza; se i fondi UE stanziati nel piano d’azione non saranno utilizzati per reprimere le popolazioni civili; se gli accordi in oggetto rispettano l’art 3 TUE sugli obiettivi dell’Unione  relativi alla protezione dei diritti umani e la rigorosa osservanza del diritto internazionale, compreso il diritto a chiedere asilo».

L’adozione della direttiva che consentirà l’accesso nell’Unione agli studenti, tirocinanti e volontari del servizio europeo è un progresso non irrilevante

COMUNICATO STAMPA

Strasburgo, 11 maggio 2016

Barbara Spinelli, eurodeputata del gruppo GUE/NGL, giudica positivo il risultato raggiunto dal Parlamento europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, scambio di alunni, tirocinio retribuito e non retribuito, volontariato e collocamento alla pari, approvata nel corso della seduta plenaria di Strasburgo con un’ampia maggioranza di voti.

La proposta di direttiva rappresenta il primo atto normativo votato quest’anno in Parlamento che sia inteso a riconoscere vie di accesso legali all’Europa alle categorie di persone cui fa riferimento. «Nonostante oggi l’Unione si mostri sempre più chiusa, incurante della solidarietà fra Stati membri e del diritto europeo e internazionale concernente il non-respingimento, l’adozione di quest’atto normativo rappresenta una concreta opportunità per molti cittadini di Paesi terzi, che potranno raggiungere l’Europa per motivi di studio, formazione o lavoro», ha dichiarato Barbara Spinelli.

L’adozione della direttiva consentirà l’accesso all’Unione a studenti, tirocinanti (remunerati o meno) e volontari del servizio europeo; gli Stati potranno decidere se ampliare la portata della direttiva a chi è impiegato alla pari. Gli studenti e i ricercatori potranno circolare nell’UE con maggior facilità e potranno usufruire di un permesso di ricerca di lavoro che darà loro il diritto di cercare un’occupazione o avviare una società sul territorio dell’UE per almeno nove mesi, dopo il periodo di studio o ricerca; le famiglie dei ricercatori potranno raggiungerli in Europa, beneficiare della stessa mobilità e cercare lavoro nell’Unione. Infine, la direttiva permette agli studenti che desiderino trovare un’occupazione durante il loro soggiorno di lavorare per un massimo di 15 ore settimanali.

I pericoli della Guardia costiera e di frontiera dell’Unione

COMUNICATO STAMPA

Bruxelles, 21 aprile 2016

Barbara Spinelli, deputata del gruppo GUE/NGL, ha presentato emendamenti al Regolamento della Commissione europea sulla Guardia costiera e di frontiera europea

«Ritengo che questa Agenzia rappresenti un pericolo perché riorganizza Frontex riproducendone tutti i difetti», ha affermato Barbara Spinelli, «e ne estende risorse e competenze senza alcuna garanzia di controllo democratico, affidandole compiti di controllo e chiusura delle frontiere esterne europee: compiti che l’Agenzia è chiamata ad assolvere – dentro l’Unione e perfino in Paesi Terzi – con propri funzionari di collegamento, “anche contro la volontà degli Stati membri».

«Ho co-firmato emendamenti che rifiutano la proposta e ho presentato al contempo vari emendamenti correttivi», ha continuato la deputata del GUE/NGL, «nella speranza di limitare sia i poteri sia le competenze della Guardia costiera e di frontiera europea. Tra gli altri, ho presentato emendamenti che non permettono all’agenzia di intervenire senza il consenso dello Stato membro, che si oppongono alla possibilità per la Guardia costiera e di frontiera di ricoprire un ruolo attivo nella cooperazione con i Paesi terzi (in sostanza, di occuparsi di politica estera) e contro i forti poteri di rimpatrio che le vengono riconosciuti dalla proposta della Commissione».

«Ho inoltre proposto di rafforzare i paragrafi che riguardano la responsabilità civile dell’Agenzia per i danni causati durante le operazioni, e chiesto il rafforzamento delle disposizioni sulla creazione di un meccanismo di denuncia indipendente, efficace e accessibile per ogni persona che abbia subito una violazione dei diritti da parte dell’Agenzia. Ho infine domandato il rafforzamento del ruolo del responsabile Frontex per i diritti fondamentali e del forum consultivo cui partecipano varie ONG, e chiesto che un ruolo speciale sia affidato al Mediatore Europeo, ufficio che indaga sui diversi casi di cattiva amministrazione».

«La proposta di regolamento, che dovrebbe essere sottoposta al voto nei prossimi mesi presso la Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni e votata in plenaria prima dell’estate, ha ricevuto ampio sostegno politico dai partiti maggioritari nel Parlamento, ragione per cui ho ritenuto che il lavoro di emendamento fosse necessario per limitare i danni», ha concluso Barbara Spinelli.


Si veda anche:

Il documento contenente i 100 emendamenti presentati da Barbara Spinelli (file .doc)

I dieci errori del patto scellerato italiano sulla pelle di chi fugge

Articolo di Barbara Spinelli pubblicato su «Il Fatto Quotidiano» del 19 aprile 2016. La versione inglese è uscita su openDemocracy con il titolo A migration pact not fit for purpose.

La lettera inviata dal presidente del Consiglio Renzi al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, unitamente all’allegato “Patto sulla migrazione”, denotano un’impressionante indifferenza alle obiezioni rivolte alle politiche comunitarie dall’Alto Commissariato dell’Onu sui rifugiati, da Human Rights Watch e da Amnesty International. Sono del tutto ignorati i sospetti d’illegalità che gravano sull’accordo tra Unione e Ankara, e le reali condizioni dei fuggitivi rimpatriati in Turchia, che il governo Erdogan respinge in gran numero (un migliaio negli ultimi 6-7 mesi, compresi bambini non accompagnati), nelle zone di guerra siriane da cui erano originariamente scappati. Si continua a parlare di “crisi dei migranti”, quando è ormai evidente che siamo alle prese, da anni, con una crisi di rifugiati. O per meglio dire: di una crisi dell’Unione e della sua capacità di fronteggiare un afflusso di rifugiati pari allo 0,2% della sua popolazione. Del tutto assente, nella lettera della presidenza del Consiglio come nell’allegato non paper, qualsiasi accenno all’obbligo di rispettare i diritti della persona e il principio del non-refoulement, da parte degli Stati europei come dei Paesi terzi. Simile omissione non sorprende, se si considera il piano nel suo insieme. Anche se largamente contestato, l’accordo con la Turchia è presentato come ammirevole modello per una serie di accordi simili: un modello che secondo Renzi deve essere “ulteriormente sviluppato” ed esteso ad altri Paesi africani, e in particolare a quelli che sono parte del processo di Khartoum e di Rabat (tra cui Paesi dominati da dittatori come Eritrea o Sudan). Obiettivo: una grande trattativa euro-africana, con forti promesse di assistenza finanziaria, per i rimpatri dei rifugiati e la “gestione delle frontiere” da parte dei Paesi terzi, sia di transito che di origine.

Ecco i 10 punti più preoccupanti della proposta italiana:

  1. La disgregazione dello spazio Schengen sarebbe dovuta alla “sfida migratoria”, e non a precisi difetti dei successivi Piani di azione adottati da Commissione e Consiglio dell’Unione, rivelatisi incapaci di una politica di asilo rispettosa delle leggi europee e internazionali (Carta europea dei diritti fondamentali; Convenzione di Ginevra).
  2. Nessuna menzione è fatta di altri punti di crisi geopolitica, a parte quello siriano. Nessun accenno alla guerra in Afghanistan, cui il governo italiano continua a partecipare senza render conto dell’evoluzione del conflitto. Nessun accenno al caos creato dall’intervento militare in Libia del 2011. Nessun accenno alla dittatura in Eritrea, da cui fuggono in migliaia.
  3. È discutibile la valutazione della rotta Mediterraneo centro-occidentale, riattivatasi dopo la chiusura di quella balcanica. La rotta verso l’Italia è descritta come “prevalentemente composta da migranti economici”, senza che siano fornite cifre attendibili e operando distinzioni arbitrarie e sbagliate.
  4. Nel proporre l’accordo Ue-Turchia come modello di un globale piano di rimpatri, il governo italiano invita a valutare una serie di caratteristiche dei Paesi di origine e di transito da cui partono i fuggitivi (trend economici e sociali, sicurezza, cambiamento climatico) ma non il rispetto dei diritti delle persone, e in particolare di chi sceglie di chiedere asilo fuggendo verso Paesi rispettosi di tali diritti.
  5. Il grande Patto Unione-Paesi terzi africani contempla una cooperazione globale e indiscriminata, poliziesca e giudiziaria, concernente la gestione della sicurezza lungo i confini dei Paesi terzi, la “comune” lotta ai trafficanti, al terrorismo, alla droga: mescolando quello che non può essere mescolato.
  6. Lo scopo è solo quello di ridurre la cosiddetta migrazione irregolare, omettendo di ricordare come tutti i rifugiati siano per definizione migranti irregolari.
  7. Nella cintura del Sahel (Nord Senegal, Sud Mauritania, Mali centrale, Nord Burkina Faso, Sud Algeria, Niger, Nord Nigeria, Sud Sudan, Ciad, Nord Eritrea) si propone una presenza poco definita di forze di stabilizzazione europee, che collaborino con i Paesi in questione nell’ambito della sicurezza sia esterna che interna senza chieder loro il rispetto delle leggi internazionali.
  8. In Libia si torna a prospettare un ulteriore sviluppo dell’operazione Eunavfor Med Sophia, e si pone l’accento sulla necessità di aiutare il governo più che fragile a fronteggiare sfide radicalmente diverse come i trafficanti, il terrorismo, il “management dei flussi migratori”. Si vuol “stabilizzare la Libia” per meglio rimpatriarvi i rifugiati, come nell’accordo Berlusconi-Gheddafi del 2008.
  9. La gestione del “Migration Compact” proposto dal governo Renzi è essenzialmente affidata alle nuove Guardie di frontiera dell’Unione. I compiti di Frontex vengono estesi, senza alcun accenno alle deficienze insite in un’Agenzia dell’Unione di natura poliziesca, che non si occupa, se non in casi di estrema necessità, della ricerca e soccorso dei fuggitivi minacciati da naufragi in mare, e che ha dimostrato di non esser congegnata in maniera tale da rispettare pienamente i diritti dei rifugiati, permettendo loro di appellarsi a meccanismi di garanzia giuridica e di ricorso in caso di respingimenti abusivi o collettivi.
  10. In questo quadro, l’accenno alle vie d’immigrazione legale – e alle “opportunità” che essa rappresenta dal punto di vista economico e demografico – assume un significato preciso e altamente restrittivo. Le vie si apriranno solo nella misura in cui le imprese europee si mostreranno interessate all’impiego di manodopera proveniente da Paesi terzi. Il riferimento è a una decisione presa dal Consiglio europeo nel 1999: ben prima che nascesse in Europa la crisi odierna dei rifugiati. L’espediente è notevole: si torna agli anni 90, fingendo che il presente semplicemente non esista.