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How to save the European Citizens’ Initiative

COMUNICATO STAMPA GUE/NGL

How to save the European Citizens’ Initiative (ECI) – Parliament to vote on Schöpflin report

Ahead of tomorrow’s vote on the Schöpflin report on the European Citizens’ Initiative, Italian GUE/NGL MEP Barbara Spinelli outlined her views for and against the report and why it is important to save the ECI:

“The European Union discovered participatory democracy after a crisis: Ireland’s ‘No’ vote to the Treaty of Nice in 2001. The European Citizens’ Initiative, that is now part of the Treaties, was a response to that crisis. However, the crisis is getting worse and participatory democracy is moribund: no legislative proposals have followed successful Initiatives.

“Although the Schöpflin report is far from perfect, because it does not allow modifications to the Treaties, it was adopted unanimously in the Constitutional Affairs (AFCO) Committee since it greatly eases the legal follow-up to the Initiatives.

“But I call on this Parliament to reject amendment 4 to paragraph 30 which will transform the ECI into a bow without arrows. This amendment urges the Commission to start preparing a legal act on successful ECIs but only after issuing a positive opinion.

“Up until now 29 initiatives out of 49 submissions have gone through the process of registration and only three of them have reached the 1 million signature threshold. Only the ECI Right2Water received a positive – although vague – communication from the European Commission. None of the successful ECIs has led to legislative follow-up.  In addition, Commissioner Malmström, answering petitions submitted against the TTIP, stated recently: ‘I do not take my mandate from the European people’. If that is the case, I am curious to know from whom does the European Commission take its mandate?”


Si veda anche

Come salvare l’Iniziativa cittadina europea

Il negoziato TISA e la sentenza Schrems

Bruxelles, 12 ottobre 2015. Intervento di Barbara Spinelli in occasione della Riunione della Commissione Parlamentare per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Punto in Agenda:  

  • Raccomandazioni alla Commissione europea sui negoziati relativi all’Accordo sugli scambi di servizi (TiSA)
    Esame del progetto di parere
    Relatore per parere Commissione LIBE – Jan Philipp Albrecht (Verdi/ALE – Germania)
    Commissione competente nel merito: Commercio Internazionale (INTA) – Relatore Viviane Reding (PPE – Lussemburgo)

Il negoziato TISA e la sentenza Schrems

Trovo l’opinione di Jan Philipp Albrecht eccellente, e vorrei chiedere al relatore come la sentenza Schrems appena emessa dalla Corte Europea di Giustizia possa essere inserita nel contesto degli attuali negoziati sul TISA e, soprattutto, quali specifici aspetti del verdetto debbano essere integrati, al fine di garantirne una reale applicazione.

Vorrei anche porre una domanda su una questione particolarmente controversa: la partecipazione dei paesi emergenti a tali negoziati. Come ritiene il relatore di poter rispondere alle questioni cruciali sollevate da tali paesi e che ne impediscono la partecipazione o, eventualmente, l’adesione? Mi riferisco alle limitazioni poste ai paesi in via di sviluppo in virtù delle clausole di Standstill, Most Favoured Nation e Ratchet.

Di quest’ultima temo inoltre gli effetti potenzialmente irreversibili che, in via generale, può dispiegare, cristallizzando nel tempo qualsiasi forma di privatizzazione. Nelle attuali condizioni di crisi economica è necessario garantire reversibilità e non correre il rischio di restare prigionieri dello status quo.


 

Si veda, in proposito, il Progetto di parere del relatore (file .pdf)

Durata del trattenimento amministrativo

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-011010/2015
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento

Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Tanja Fajon (S&D), Dennis de Jong (GUE/NGL), Nathalie  Griesbeck (ALDE), Cecilia Wikström (ALDE), Martina Anderson (GUE/NGL), Cornelia Ernst (GUE/NGL), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Kostas Chrysogonos (GUE/NGL), Jean Lambert (Verts/ALE), Ulrike Lunacek (Verts/ALE) e Malin Björk (GUE/NGL)

Oggetto: Durata del trattenimento amministrativo

La direttiva sui rimpatri (2008/115/CE) e la direttiva sull’accoglienza (2013/33/UE) affermano che gli stranieri e i richiedenti asilo possono essere trattenuti soltanto in circostanze eccezionali, e per il
minor tempo possibile, in base al principio secondo cui il trattenimento non rappresenta altro che un’eccezione al diritto fondamentale alla libertà.

Nella comunicazione sulla politica di rimpatrio del 28 marzo 2014, la Commissione ha rilevato che la
durata massima del trattenimento è diminuita in 12 Stati membri. Tuttavia, se confrontata con il
numero totale di trattenuti, tale diminuzione riguarda meno del 10 % di loro.

In alcuni Stati membri, come Cipro e il Belgio, gli stranieri sono trattenuti nonostante la mancanza di prospettive di allontanamento ragionevoli. Per alcuni di loro il periodo di trattenimento può essere prolungato oltre la durata massima (Belgio) o a tempo indeterminato (Grecia) in violazione delle disposizioni delle summenzionate direttive.

1. Non ritiene la Commissione necessario rendere obbligatoria per tutti gli Stati membri la pubblicazione, almeno su base annua, dei periodi di trattenimento medio, cumulativo e
prolungato per categoria di trattenuti (donne, uomini, bambini, richiedenti asilo, ecc.), incluso chi
attende l’allontanamento?

2. Quali misure concrete intende la Commissione adottare per mettere fine agli eccessivi periodi di
trattenimento applicati in alcuni Stati membri, che costituiscono un rischio di trattamento inumano
e degradante?


 

IT

E-011010/2015
Risposta di Dimitris Avramopoulos
a nome della Commissione

(5.10.2015)

La Commissione, insieme agli Stati membri, rivede regolarmente la raccolta di dati e di statistiche dell’UE riguardanti la migrazione e l’asilo rispetto alla legislazione europea in vigore. Si tratta di una misura introdotta per fornire dati fattuali e obiettivi che possano servire come base per l’elaborazione di politiche basate su elementi concreti. Finora gli Stati membri hanno partecipato e contribuito in modo molto proattivo a questo processo con Eurostat, in un quadro di cooperazione strutturato basato sul consenso. Misure obbligatorie non sono quindi ritenute necessarie, mentre si è convenuto di migliorare le serie di dati individuali e di aggiornarle regolarmente se considerato pertinente e necessario.

Come annunciato nell’Agenda sulla migrazione [1], la Commissione ha adottato un Manuale sul rimpatrio. Pur non essendo vincolante sul piano giuridico, questo documento fornirà alle autorità competenti degli Stati membri orientamenti comuni, buone pratiche e raccomandazioni affinché le utilizzino nello svolgimento delle attività relative al rimpatrio e per le valutazioni Schengen connesse al rimpatrio. Il manuale affronta, fra gli altri punti, la promozione delle partenze volontarie, l’uso proporzionato delle misure coercitive, il monitoraggio dei rimpatri forzati, il rinvio dell’allontanamento, il rimpatrio dei minori, i mezzi di ricorso effettivi, le garanzie in attesa del rimpatrio, condizioni di trattenimento umane e dignitose e le garanzie per le persone vulnerabili.

La Commissione controlla da vicino l’attuazione dell’integralità dell’acquis in materia d’asilo, e non esiterà a prendere le dovute iniziative procedurali nel rispetto dei trattati per garantire che i diritti fondamentali siano sempre rispettati quando uno Stato membro potrebbe avere agito in violazione dei suoi obblighi legali.

La Commissione rinvia inoltre gli Onorevoli Deputati alla sua risposta all’interrogazione E‑009662/2014.

[1]    COM(2015) 240.

I disastri dello status quo

La versione inglese di questo testo è stata pubblicata da openDemocracy

È opinione molto diffusa che Alexis Tsipras abbia smentito chi lo considerava sconfitto, annunciando il ritorno alle urne il 20 settembre e chiedendo un nuovo mandato popolare. È un’opinione non solo affrettata ma soprattutto irrealistica, perché nella sostanza nulla cambierà in Grecia, tutto è già scritto nel Memorandum d’intesa che il Premier ha sottoscritto con le istituzioni europee il 12 luglio scorso: l’austerità che continua e si inasprisce, la svendita di gran parte del patrimonio ellenico a imprese in gran parte tedesche, il fallimento di una sinistra che si illudeva di scardinare l’europeismo realmente esistente per fondarne un altro, non più germanocentrico e non più prigioniero del dogma neoliberista. Anche se il debito greco venisse ristrutturato – prima o poi lo sarà, dal momento che resta insostenibile – la strada è tracciata e non sono i greci ad averla decisa né a poterla cambiare. La constatazione di Stefano Fassina, ex vice ministro dell’economia uscito dal Pd italiano, è impietosa e appropriata: «Promettere un’interpretazione ‘sociale’ del Memorandum è propaganda. Quando ti sei impegnato a fare un avanzo primario di 3,5 punti percentuali e tagli pesanti già da quest’anno puoi dire addio al sostegno del reddito».[1]

Una via d’uscita differente era ed è possibile? Fuori dalle istituzioni europee era forse possibile, ma impraticabile: un Grexit gestito in maniera ordinata non è al momento consentito né dagli Stati forti dell’Unione né dalla Bce. Quanto alla proposta fatta a suo tempo da Yanis Varoufakis (rifiutare il memorandum, creando la liquidità necessaria a fronteggiare la chiusura delle banche tramite una provvisoria moneta parallela), sarebbe stata rigettata durante una riunione ristretta di gabinetto. Restano le riforme interne, che Tsipras vuol ottenere all’ombra del Memorandum: associando ad esempio il Parlamento europeo, “unico organo dell’Unione eletto dai cittadini” al Quartetto dei Creditori che ha preso il posto della Trojka (Commissione europea, Banca centrale europea, Fondo Monetario, Meccanismo europeo di stabilità). Difficile pensare che gli elettori greci si entusiasmino all’idea che il loro potere venga prima svuotato, poi trasferito a un Parlamento europeo dominato stabilmente da ben diverse coalizioni di forze. Il Premier dimissionario è certamente consapevole che il suo odierno orizzonte è quello di un fallimento: altrimenti non avrebbe ammesso di aver firmato “sotto ricatto” il Memorandum.

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Perché ho scelto di diventare Indipendente

Ho deciso di prendere le distanze da L’Altra Europa con Tsipras, nata in occasione delle ultime elezioni europee, e di conseguenza il mio statuto di europarlamentare cambia: sarà quello di Indipendente nel gruppo Sinistra Unitaria Europea-Ngl.

In Italia non entrerò in nessun gruppo, se eccettuo la mia militanza nell’associazione Libertà e Giustizia. Non intendo contribuire in alcun modo a un’ennesima atomizzazione della sinistra, promuovendo o fondando un’ulteriore frazione politica. La mia attività sarà dunque interamente concentrata sulle attività parlamentari europee, con un’attenzione particolare a quello che succede in Italia e in Grecia.

L’Altra Europa nacque come progetto di superamento dei piccoli partiti di sinistra; come conquista di un elettorato deluso sia dal Pd e dal M5S sia dal voto stesso (astensionisti) – dunque un elettorato non esclusivamente “di sinistra” – e come elaborazione di nuove idee su un’Unione ecologicamente vigile, solidale, capace di metter fine alle politiche di austerità e ai nazionalismi xenofobi che esse hanno scatenato.

Ritengo che L’Altra Europa non sia oggi all’altezza di quel progetto: è quanto ho sostenuto assieme a molti ex garanti e militanti della Lista, in una lettera aperta di dissenso indirizzata il 18 aprile a chi la dirige.

In Europa, continuo a essere convinta che l’Unione e l’eurozona vinceranno o si perderanno politicamente – e democraticamente – a seconda di come sarà affrontata e regolata la “questione greca”. Proseguirò le battaglie fatte in questo primo anno di legislatura in difesa dei diritti fondamentali, a cominciare dalla questione migranti.

In Italia, continuerò a combattere le grandi intese, l’idea di un “Partito della Nazione”, l’ortodossia delle riforme strutturali, la decostituzionalizzazione della nostra democrazia. Nelle prossime regionali appoggerò tutti coloro che sono davvero e sino in fondo impegnati in questa battaglia.

barbara spinelli

Intervento in Commissione LIBE sulla pena di morte

Bruxelles, 7 maggio 2015. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione LIBE (Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni) sulla Pena di morte (dichiarazioni del Premier ungherese Viktor Orbán)

Non ho molto da aggiungere a quanto è stato detto in questa Commissione da chi ha espresso dispiacere e vergogna per le dichiarazioni del Premier Viktor Orbán. Dichiarazioni ritirate, a seguito della reazione negativa della Commissione europea e dell’Unione. Quello che vorrei dire, innanzitutto, è che non si tratta solo di una questione di “valori”. È vero, infatti, quello che alcuni in questa Commissione ha fatto notare: chi decide i valori? chi detta l’ “agenda” in materia etica? Il vero problema concerne non tanto i “valori”, ma i diritti, le Carte su cui è costruita l’Unione Europea, le convenzioni internazionali cui essa aderisce.

Chi non aderisce alla Convenzione dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa e dunque all’abolizione della pena di morte, per esempio, ha uno statuto di osservatore, non di Paese membro; anche se magari si chiama democrazia, come gli Stati Uniti, ma attua ancora la pena capitale.

La dichiarazione di Orbán, e questa specie di “diritto di discussione” che si arroga, è parte di una banalizzazione del tema della pena di morte e del tema dell’intolleranza che va molto oltre il caso ungherese. Se è andato tanto oltre vuol dire che la Commissione europea, che gli organi comuni dell’Unione, hanno lasciato che tale banalizzazione crescesse. Voglio qui ricordare che prima di Orbán, si sono espressi in favore della pena di morte non solo personalità dell’opposizione come Marine Le Pen, o il padre di Marine Le Pen. Nel 2006 il presidente della Polonia Lech Kaczynski ha detto esattamente le stesse cose di Orbán; la Lega, partito di estrema destra in Italia, le ha dette più volte quando era al governo, e ancora di recente il Vice-Presidente del Senato Calderoli, della Lega, le ha ripetute.

A mio parere, la banalizzazione di questo tema è rafforzata dal clima che si è creato attorno alla paura del terrorismo, alla paura del migrante. E qui vorrei, soffermandomi sul questionario inviato dal governo Orbán ai cittadini ungheresi, citare solo alcuni articoli che esso contiene. In particolare l’articolo 5 dove, in maniera manipolatrice, si fa capire che il migrante mette in pericolo non solo l’occupazione, ma il “modo di vivere” del popolo ungherese; l’articolo 7, in cui si denuncia – altra manipolazione – la politica “permissiva” di Bruxelles; e soprattutto l’articolo 12, in cui si chiede ai cittadini ungheresi se non preferiscano sostenere le famiglie ungheresi e la nascita di bambini ungheresi piuttosto che le famiglie e i bambini degli immigrati. Vi prego tutti di leggere l’articolo 12. Grazie.

Contro le violenze black bloc

di sabato, Maggio 2, 2015 0 , , Permalink

Ho aderito al movimento no-Expo e alla manifestazione del  primo maggio a Milano con un comunicato congiunto assieme ai colleghi Eleonora Forenza e Curzio Maltese: proprio per questo ritengo necessario prendere le distanze dalle violenze scatenate da alcune frange dei manifestanti e le condanno con massima fermezza. Il corteo No Expo è stato sequestrato dai black bloc, ma questi ultimi non metteranno a tacere i temi del movimento critico nei confronti dell’Esposizione universale di Milano.

Tutti i movimenti del NO cui ho aderito – No Tav, No Expo, No Muos, No Triv, No Mose, No Grandi Navi – saranno capiti in Italia e in Europa solo se il nostro rifiuto della violenza e dell’illegalità viene espresso in maniera chiara e inequivocabile.

barbara spinelli

Il naufragio dell’Unione

Strasburgo, 29 aprile 2015. Sessione plenaria sul tema: Le ultime tragedie nel Mediterraneo e le politiche dell’Unione su migrazione e asilo. Intervento di Barbara Spinelli.

J’accuse le Conseil européen, les gouvernements des Etats membres, la Commission. Vous êtes désormais directement responsables d’un crime qui tue de plus en plus de migrants en fuite des guerres que l’Europe a facilité, des persécutions qu’elle tolère. Après les 800 morts du 19 avril, l’Union fait naufrage aussi : dans l’hypocrisie, le déni, l’aveuglement.

Elle déclare la lutte contre trafiquants et passeurs, en feignant de croire que ces derniers sont les seuls responsables de tant de morts. Ce ne sont pas les seuls responsables. Ils sévissent parce qu’aucun corridor humanitaire légal n’a été mis en place pour les fugitifs. Parce que vous avez aboli Mare Nostrum, dont la mission était la recherche et le sauvetage en haute mer, et parce que vous continuez à financer des opérations – Triton, Poséïdon – dont le mandat prioritaire est le contrôle des frontières, non le secours des naufragés. Je remercie M. Juncker pour les mots qu’il a prononcés ; mais “les portes” n’ont pas été ouvertes, M. le Président.

Dans le désir de vous débarrasser de vos responsabilités, vous arrivez jusqu’à souhaiter – je cite le commissaire Avramopoulos – la “collaboration avec les dictatures” : l’Erythrée en tête, c’est-à-dire la pire dictature d’Afrique.

Comme les trafiquants, vous violez les lois : le droit de la mer, du non refoulement. Je me demande si vous savez, si nous savons dans le Parlement, ce qu’on est en train de faire : une guerre non déclarée. Non contre les trafiquants, mais contre les migrants.


Si veda anche:
Morti nel Mediterraneo: J’ACCUSE
Council response to migrant deaths is shameful

Lettera aperta a L’Altra Europa con Tsipras

18 aprile 2015

Abbiamo condiviso e continuiamo a condividere l’appello iniziale L’Europa a un bivio, che alcuni di noi hanno contribuito a redigere e che altri hanno sostenuto con la propria candidatura e con la propria militanza, ma – nonostante molte mediazioni – non possiamo condividere il percorso che l’attuale gruppo dirigente dell’Altra Europa sta perseguendo.

Durante l’ultima assemblea nazionale di Bologna, il 18 e 19 gennaio, non è stato definito alcun programma, dato che quell’assemblea era stata messa nell’impossibilità di esprimere un voto.

Non votare e non contarsi significa sempre eludere la sostanza: cioè i temi politici fondamentali su cui non c’è eventualmente accordo.

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Per un Mare Nostrum europeo

COMUNICATO STAMPA

Venticinque eurodeputati scrivono ai commissari europei: “Si dia vita a un Mare Nostrum europeo per fermare lo scandalo delle morti in mare”.

Bruxelles, 15 aprile 2015

Di fronte alle immagini di morte e abbandono in mare di questi ultimi giorni, Barbara Spinelli, Eleonora Forenza, Laura Ferrara, Ignazio Corrao, Elly Schlein e altri venti eurodeputati si sono rivolti ai Commissari Avramopoulos, Mogherini e Timmermans per chiedere un’assunzione di responsabilità europea nelle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo.

“La maggior parte delle operazioni sono condotte dall’Italia in acque internazionali”, si legge nella lettera di cui autrice e prima firmataria è Barbara Spinelli, “mentre l’operazione europea Triton continua a pattugliare l’area di trenta miglia dalle coste italiane, lontano dalla zona dove le barche in pericolo necessitano di aiuto. Con il migliorare delle condizioni atmosferiche e marittime, le milizie e i trafficanti incentiveranno le partenze, mettendo migranti e richiedenti asilo a rischio di perdere la vita nel tentativo di raggiungere le coste europee”.

“L’attuale situazione di emergenza continuerà a peggiorare. Nel frattempo, non una delle quattro aree che la Commissione europea ha enucleato per la prossima Agenda per la migrazione (attesa per maggio) affronta la necessità di concrete operazioni di search and rescue nel Mediterraneo, né di vie legali di accesso all’Unione”.

Per questo motivo gli eurodeputati chiedono di “rafforzare in modo regolare e sistemico le operazioni di search and rescuenel Mediterraneo e nell’Egeo, con uno sforzo congiunto che coinvolga gli Stati membri dell’Unione europea”, e di “aprire vie sicure e legali per chi fugge dai conflitti e dalle persecuzioni, assicurando l’accesso alla protezione internazionale una volta raggiunti i confini d’Europa”.

Gli eurodeputati, tra i quali sono numerosi gli appartenenti alla Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE), chiedono inoltre di “interrompere la cooperazione avviata con quei Paesi terzi che non garantiscono sufficiente rispetto dei diritti umani, allo scopo di frenare i flussi migratori diretti verso l’Unione europea”.

Testo della lettera ai commissari europei

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