Accogliere i rifugiati, o è barbarie

Noi, cittadini dei paesi membri dell’Unione europea, della zona Schengen, dei Balcani e del Mediterraneo, del Medioriente e di altre regioni del mondo che condividono le nostre preoccupazioni, lanciamo un appello d’emergenza ai nostri concittadini, ai governi, ai rappresentanti nei parlamenti nazionali e al Parlamento europeo, oltre che alla Corte europea dei diritti dell’uomo e all’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati:

Bisogna salvare e accogliere i rifugiati dal Medioriente
Da anni, i migranti del sud del Mediterraneo che fuggono dalla miseria, dalla guerra e dalla repressione annegano o si scontrano contro le barriere. Quando riescono ad attraversare, dopo essere stati vittime delle filiere di trafficanti, vengono respinti, messi in carcere o obbligati a vivere nella clandestinità da stati che li designano come dei «pericoli» e come dei «nemici». Tuttavia, coraggiosamente, si ostinano e si aiutano a vicenda per salvare le loro vite e ritrovate un avvenire.
Ma dopo che le guerre in Medioriente e soprattutto in Siria si sono trasformate in massacro di massa senza una prevedibile fine, la situazione ha cambiato dimensione. Popolazioni intere, prese in ostaggio tra i belligeranti, bombardate, affamate, terrorizzate, sono gettate in un esodo pericoloso che, a costo di migliaia di morti supplementari, precipita uomini, donne e bambini verso i paesi vicini e bussa alle porte dell’Europa.

Siamo di fronte a una grande catastrofe umanitaria. Ci mette di fronte a una responsabilità storica da cui non possiamo sfuggire.
L’incapacità dei governi di tutti i paesi a mettere fine alle cause dell’esodo (quando non contribuiscono ad aggravarlo) non li esonera dal dovere di soccorrere e di accogliere i rifugiati rispettando i loro diritti fondamentali, che con il diritto d’asilo sono inscritti nelle dichiarazioni e convenzioni che fondano il diritto internazionale.
A parte alcune eccezioni – l’iniziativa esemplare della Germania, non ancora sospesa a tutt’oggi, di aprire le porte ai rifugiati siriani; lo sforzo gigantesco della Grecia per salvare, accogliere e scortare migliaia di naufraghi che ogni giorno sbarcano sulle sue rive, mentre l’economia del paese è crollata in un’austerità devastatrice; la buona volontà dimostrata dal Portogallo per raccogliere una parte dei rifugiati che stazionano in Grecia – i governi europei si sono rifiutati di valutare con realismo la situazione, di spiegarla alle opinioni pubbliche e di organizzare la solidarietà superando gli egoismi nazionali. Al contrario, da est a ovest e da nord a sud, hanno respinto il piano minimo di ripartizione dei rifugiati elaborato dalla Commissione o hanno cercato di sabotarlo. Peggio ancora, hanno scelto la repressione, la stigmatizzazione, la violenza contro i rifugiati e i migranti in generale. La situazione della «giungla» di Calais, a cui adesso fa seguito lo smantellamento forzato, senza tener conto né dello spirito né della lettera di un sentenza giudiziaria, ne è l’illustrazione scandalosa, ma non è la sola.
All’opposto, sono i semplici cittadini d’Europa e d’altrove – pescatori e abitanti di Lampedusa e di Lesbos, militanti di associazioni di soccorso ai rifugiati e delle reti di sostegno ai migranti – che hanno salvato l’onore e mostrato la strada per una soluzione.
Ma si scontrano tuttavia con la mancanza di mezzi, l’ostilità a volte violenta dei poteri pubblici, e devono far fronte, come gli stessi rifugiati e migranti, alla rapida crescita di un fronte europeo della xenofobia, che va da organizzazione violente, apertamente razziste o neo-fasciste, fino a dei leader politici «rispettabili» e a governi sempre più preda dell’autoritarismo, del nazionalismo e della demagogia. Due Europe totalmente incompatibili si fanno così fronte, tra le quali bisogna ormai scegliere.

Questa tendenza xenofoba, ad un tempo micidiale per gli stranieri e rovinosa per l’avvenire del continente europeo come terra di libertà, deve immediatamente rovesciarsi.
Nel mondo ci sono 60 milioni di rifugiati, il Libano e la Giordania ne accolgono un milione ciascuno (rispettivamente il 20% e il 12% delle loro popolazioni), la Turchia 2 milioni (3%). Il milione di rifugiati arrivati nel 2015 in Europa (una delle più ricche regioni del mondo, malgrado la crisi) rappresenta solo lo 0,2% della popolazione! Non soltanto i paesi europei, presi nel loro insieme, hanno i mezzi per accogliere i rifugiati e trattarli in modo dignitoso, ma hanno il dovere di farlo per poter continuare a fare riferimento ai diritti dell’uomo come fondamento della loro costituzione politica. È anche nel loro interesse, se vogliono cominciare a ricreare, con tutti i paesi dello spazio mediterraneo che da millenni condividono la stessa storia e le stesse eredità culturali, le condizioni di una pacificazione e di una vera sicurezza collettiva. È questa la condizione per far indietreggiare al di là dell’orizzonte lo spettro di una nuova epoca di discriminazioni organizzate e di eliminazione di esseri umani «indesiderabili».
Nessuno può dire quando e in quali proporzioni i rifugiati rientreranno «a casa loro» e non si deve neppure sotto-stimare la difficoltà del problema da risolvere, le resistenze che suscita, gli ostacoli, persino i rischi, che comporta. Ma nessuno deve neppure ignorare la volontà di accoglienza delle popolazioni e la volontà di integrazione dei rifugiati. Nessuno ha il diritto di definire insolubile il problema, per meglio sfuggirvi.

Ampie misure d’emergenza vanno prese quindi immediatamente
Il dovere di assistenza ai rifugiati del Medioriente e dell’Africa nel quadro di una situazione d’emergenza deve venire proclamato e messo in atto dalle istanze dirigenti della Ue e declinato in tutti gli stati membri. Deve ricevere l’approvazione delle Nazioni unite e fare oggetto di una concertazione permanente con gli stati democratici di tutta la regione.
Forze civili e militari devono venire impegnate, non per fare una guerriglia marittima contro i passeurs, ma per portare soccorso ai migranti e fermare lo scandalo degli annegati. È solo in questo quadro che potrà essere possibile reprimere i traffici e condannare le complicità di cui godono. La proibizione dell’accesso legale è difatti all’origine delle pratiche mafiose, non il contrario.
Il fardello dei paesi di prima accoglienza, in particolare la Grecia, deve essere immediatamente alleggerito. Il loro contributo all’interesse comune deve venire riconosciuto. Il loro isolamento deve venire denunciato e ribaltato in solidarietà attiva.
La zona di libera circolazione di Schengen deve essere preservata, ma gli accordi di Dublino che prevedono il rinvio dei migranti verso il paese d’entrata devono venire sospesi e rinegoziati. L’Ue deve fare pressione sui paesi del Danubio e balcanici perché riaprano le frontiere, e negoziare con la Turchia perché cessi di utilizzare i rifugiati come alibi politico-militare e moneta di scambio.
Contemporaneamente, devono venire messi a disposizione mezzi di trasporto aerei e marittimi per trasferire tutti i rifugiati recensiti come tali nei paesi del «Nord» dell’Europa che possono oggettivamente riceverli, invece di lasciare che si intasino in un piccolo paese che rischia di diventare un immenso campo di ritenzione per conto dei vicini.
A più lungo termine, l’Europa – che deve far fronte a una grande sfida, di quelle che cambiano il corso della storia dei popoli – deve elaborare un piano democraticamente controllato di aiuto a chi è sfuggito al massacro e a coloro che portano loro soccorso: non soltanto delle quote di accoglienza, ma aiuti sociali per la scuola, per la costruzione di case decenti, quindi un finanziamento speciale e disposizioni legali che garantiscano nuovi diritti per inserire degnamente e pacificamente le popolazioni sfollate nei paesi d’accoglienza.
Non c’è altra alternativa: ospitalità e diritto d’asilo, o la barbarie!

Primi firmatari:
Michel AGIER (Francia)
Horst ARENZ (Germania)
Athéna ATHANASIOU (Grecia)
Chryssanthi AVLAMI (Grecia)
Walter BAIER (Austria)
Etienne BALIBAR (Francia)
Sophie BESSIS (Tunisia)
Marie BOUAZZI (Tunisia)
Hamit BOZARSLAN (Francia, Turchia)
Judith BUTLER (Stati Uniti)
Claude CALAME (Francia)
Marie-Claire CALOZ-TSCHOPP (Svizzera)
Dario CIPRUT (Svizzera)
Patrice COHEN-SEAT (Francia)
Edouard DELRUELLE (Belgio)
Matthieu DE NANTEUIL (Belgio)
Meron ESTEFANOS (Eritrea)
Wolfgang-Fritz HAUG (Germania)
Ahmet INSEL (Turchia)
Pierre KHALFA (Francia)
Nicolas KLOTZ (Francia)
Justine LACROIX (Belgio)
Amanda LATIMER (Regno Unito)
Camille LOUIS (Francia)
Giacomo MARRAMAO (Italia)
Roger MARTELLI (Francia)
Sandro MEZZADRA (Italia)
Toni NEGRI (Italia)
Maria NIKOLAKAKI (Grecia)
Josep RAMONEDA (Spagna)
Judith REVEL (Francia)
Vicky SKOUMBI (Grecia)
Barbara SPINELLI (Italia)
Bo STRÅTH (Svezia)
Etienne TASSIN (Francia)
Mirjam VAN REISEN (Olanda)
Hans VENEMA (Olanda)
Marie-Christine VERGIAT (Francia)
Frieder Otto WOLF (Germania)
Mussie ZERAI (Eritrea)

Per firmare: 
baier@transform-network.net

steiner@transform-network.net


Versione inglese:

Welcome refugees to Europe – A moral and political necessity

Intervento a conclusione dell’audizione “Alternatives to the Dublin Regulation: human lives at stake”

L’audizione “Alternatives to the Dublin Regulation: human lives at stake”, organizzata dal gruppo GUE/NGL, si è svolta il 24 giugno 2015 al Parlamento europeo, Bruxelles

Deputati e oratori invitati all’audizione:

Parlamentari del Gue-NGL: Cornelia Ernst, Martina Anderson, Malin Björk, Barbara Spinelli.

Oratori:
Yonous Muhammadi, Greek forum of Refugees
Olga Siebert, Jesuit Refugee Service
Tristan Wibault, lawyer, Cabinet d’avocats du Quartier des Libertés, Belgium
Aurélie Ponthieu, Médecins Sans Frontières
Pr. Gianfranco Schiavone, funder of Consorzio italiano di solidarietà, board member of ASGI and author of the study “Il Diritto alla Protezione” (2010)
Louis Middelkoop, Adviser to the Meijers Committee
Kris Pollet, ECRE

Intervento di Barbara Spinelli:

La domanda che dobbiamo porci è: come si risponde al diritto della persona umana alla fuga e all’asilo? L’Unione europea, e per esser più precisi il Consiglio e la Commissione, rispondono al diritto di fuga con la fuga dal diritto.

Questo è pienamente confermato dall’intervento in questa conferenza del professor Fulvio Vassallo. Un intervento importante, perché riprende un’idea forte che condivido in pieno e che spero adotteremo come gruppo: l’idea di un ricorso alla Corte di Giustizia. In effetti siamo di fronte a piani – non solo quello predisposto recentemente da Commissione e Consiglio, ma vari piani sulla migrazione – che violano in maniera palese il diritto di asilo e il principio del non-respingimento collettivo.

Ascoltando i vari contributi – tutti preziosi, soprattutto quelli riguardanti le alternative al regolamento di Dublino – mi convinco sempre più che la persona debba essere rimessa al centro nelle politiche di accoglienza di migranti e profughi: essenziale è considerare dove intenda effettivamente andare il richiedente asilo, quali siano le sue preferenze e il suo profilo, considerando che secondo il regolamento di Dublino l’asilo può essere concesso solo dal primo paese di arrivo. Questo permetterebbe anche di attuare le riforme minime, immediate, suggerite ad esempio dal professor Gianfranco Schiavone. Penso tra l’altro alla proposta di ampliare le categorie di coloro che possono beneficiare di speciali diritti di ricongiungimento familiare – sempre secondo il regolamento di Dublino – estendendo tale diritto anche a familiari di secondo e terzo grado. Io estenderei la deroga anche alle comunità, alle amicizie, perché magari uno arriva e non ha famiglia ma amici. L’amico può divenire una forma di “famiglia”.

La cosa più grave è che la via del ritorno al diritto – perché l’unico modo di rispondere alle sfide di Dublino è tornare al diritto – non è percorsa oggi né dalla Commissione né dal Consiglio. Vorrei ricordare in questo quadro la frase pronunciata oggi dal Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, citata dal professor Vassallo. Una frase significativamente pronunciata dopo l’incontro con François Hollande e che esprime, a mio avviso, la linea italo-francese e quella dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini: “Ai muri si risponde con i rimpatri”, ha detto in sostanza. È una frase che grida allo scandalo: è come dire che ai muri che vengono o verranno messi ai confini dei nostri Stati rispondiamo con muri che erigiamo al di fuori delle nostre frontiere, quindi con l’esternalizzazione delle politiche di migrazione e asilo.

L’ultimo punto che vorrei sottolineare, e su cui dobbiamo secondo me sempre di nuovo insistere, è che c’è un solo modo per far fronte sia al fallimento del “sistema Dublino” sia al dominio delle mafie sui trafficanti: creare vie di accesso legali all’Europa, e attuare il mutuo riconoscimento del diritto d’asilo. Tra l’altro, Come giustamente è stato ricordato in questa sede dal professor Schiavone, il mutuo riconoscimento è tra l’altro un obbligo sancito nel Trattato dell’Unione all’articolo 78, che prescrive espressamente una “politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea”.

Rifugiati siriani ad Atene

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-000071/2015 alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Kostas Chrysogonos (GUE/NGL), Kostadinka Kuneva (GUE/NGL), Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), Emmanouil Glezos (GUE/NGL), Georgios Katrougkalos (GUE/NGL), Sofia Sakorafa (GUE/NGL), Marisa Matias (GUE/NGL), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Marina Albiol Guzmán (GUE/NGL), Eleonora Forenza (GUE/NGL), Pablo Iglesias (GUE/NGL), Lola Sánchez Caldentey (GUE/NGL), Pablo Echenique (GUE/NGL), Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Javier Couso Permuy (GUE/NGL), Soraya Post (S&D), Kashetu Kyenge (S&D), Josef Weidenholzer (S&D), Neoklis Sylikiotis (GUE/NGL), Elly Schlein (S&D), Paloma López Bermejo (GUE/NGL), Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL), Luke Ming Flanagan (GUE/NGL), Tania González Peñas (GUE/NGL) e Helmut Scholz (GUE/NGL)

Oggetto: Rifugiati siriani ad Atene

Ad Atene, oltre 200 rifugiati siriani stanno portando avanti uno sciopero della fame dal 19 novembre 2014, chiedendo di ottenere i documenti di viaggio per recarsi in altri Stati membri. Il governo greco si è dichiarato impossibilitato ad adempiere ai propri obblighi previsti dal diritto internazionale ed europeo per garantire loro condizioni di vita dignitose. Grazie ai regolamenti di Dublino, l’ultima opzione che rimane ai rifugiati è quella di presentare domanda di asilo alla Grecia, in quanto primo paese d’arrivo.

Può la Commissione comunicare:

1. di quali opzioni dispongono i rifugiati siriani per recarsi legalmente in altri Stati membri e presentare ad essi domanda di asilo, per beneficiare:

–   della clausola di sovranità, che permette agli Stati membri di esaminare le richieste di asilo quando lo Stato membro competente riveli carenze sistemiche nella procedura d’asilo e nelle condizioni di accoglienza;

–   del Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, che, in spirito di solidarietà, tiene pienamente conto delle difficoltà incontrate dagli Stati membri soggetti ad afflussi eccessivi di migranti?

2. Esiste l’intenzione di applicare programmi di ricollocazione all’interno dell’UE, quale Eurema, nel caso dei rifugiati siriani in Grecia?

3. Quali azioni intende intraprendere per alleviare l’enorme afflusso di richiedenti asilo cui sono soggetti gli Stati membri che costituiscono le frontiere esterne dell’UE, in conformità anche con gli impegni dell’UNHCR?


IT

E-000071/2015

Risposta di Dimitris Avramopoulos a nome della Commissione

(26.6.2015)

1. Se un migrante decide di presentare domanda di protezione internazionale, è in base ai criteri oggettivi stabiliti dal regolamento n. 604/2013 che sarà determinato lo Stato membro competente per l’esame di quella domanda.

Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza, lo Stato membro in cui si trova il richiedente asilo deve designare un altro Stato membro come competente. Gli Stati membri possono anche decidere unilateralmente di assumere la competenza in forza della clausola di sovranità.

Di norma i richiedenti devono rimanere nello Stato membro competente per l’esame della domanda e, se questa viene accolta, godranno dei diritti di libera circolazione riconosciuti dalla normativa UE ai beneficiari di protezione internazionale.

La direttiva 2011/51/UE autorizza i beneficiari di protezione internazionale a soggiornare in un altro Stato membro, purché ricorrano determinate condizioni. Ai sensi del regolamento n. 539/2001 i rifugiati statutari sono poi esenti dall’obbligo del visto per soggiorni di breve durata in altri Stati membri.

2. Il 27 maggio 2015 la Commissione ha adottato una proposta di decisione del Consiglio [COM(2015)286] che prevede la ricollocazione dalla Grecia in altri Stati membri di 14 000 migranti con evidente bisogno di protezione internazionale, come i cittadini siriani.

3. L’8 giugno 2015 la Commissione ha adottato una raccomandazione rivolta agli Stati membri relativa a un programma di reinsediamento europeo [C(2015)3560].

Il Consiglio dell’Unione europea non si presenta in aula a rispondere su Mos maiorum. Barbara Spinelli: offesa la democrazia parlamentare

Bruxelles, 26 febbraio 2015

Questa mattina alle 11,15 il Consiglio dell’Unione europea era atteso alla riunione della Commissione LIBE (Libertà civili, giustizia e affari interni), dove avrebbe dovuto dare chiarimenti su due interrogazioni scritte a proposito dell’operazione congiunta di polizia Mos maiorum, la prima presentata il 9 ottobre 2014 da Barbara Spinelli e cofirmata da Kostas Chrysogonos, Malin Björk, Martina Anderson, Marie-Christine Vergiat (Gue-Ngl), la seconda presentata il 10 ottobre da Ska Keller (Verdi).

A sorpresa, il Consiglio ha mancato l’appuntamento in agenda: un comportamento che il presidente della Commissione LIBE Claude Moraes e i deputati intervenuti in aula hanno definito inaccettabile, al punto che Moares ha dichiarato la propria intenzione di scrivere immediatamente una lettera di protesta.

Tutto inizia il 10 luglio 2014, quando la Presidenza italiana invia una nota riservata alle delegazioni del Consiglio per presentare il lancio dell’operazione congiunta di polizia Mos maiorum (tenutasi tra 13 e il 26 ottobre), volta a fermare e schedare tutti i migranti non in possesso di un documento di soggiorno sull’intero territorio europeo delimitato dall’area Schengen.

Il 9 ottobre, pochi giorni dopo la pubblicazione del documento sul sito inglese Statewatch, Barbara Spinelli presenta un’interrogazione scritta in cui chiede al Consiglio se ritenga che tali operazioni “rappresentino uno strumento idoneo ad affrontare i problemi creati dalle attuali politiche migratorie e di asilo, riconducibili anzitutto alla mancanza di accesso sicuro e legale all’Ue e al sistema di Dublino”. Al tempo stesso, l’interrogazione di Spinelli – così come quella di Ska Keller – indica il rischio di incorrere in schedature e fermi basati sul racial profiling, con “l’effetto di alimentare gli stereotipi xenofobi e di rafforzare le reti dei trafficanti, anziché contrastarle”.

Il Consiglio risponde solo il 10 dicembre, affermando che “l’operazione congiunta di polizia Mos maiorum è condotta sotto la responsabilità dello stato italiano, con il sostegno degli stati membri che hanno deciso di parteciparvi. Il Consiglio quale istituzione non ha pertanto preso decisioni riguardo alla sua istituzione né è in grado di pronunciarsi sulle modalità di gestione”.

“Una risposta che non è una risposta”, commenta Barbara Spinelli, “perché se è vero che l’operazione fu lanciata dalla presidenza italiana, allora a capo del semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, è altrettanto vero che gli stati membri avevano confermato la propria partecipazione al Segretariato generale del Consiglio, e l’accordo era stato raggiunto nel Law Enforcement Working Party del Consiglio, il che implica il pieno coinvolgimento dell’istituzione europea”.  D’altra parte, continua l’eurodeputata del Gue-Ngl, “sappiamo che operazioni analoghe a Mos maiorum – come Perkunas, Aphrodite, Hermes, Mitras, Demeter e Balder – si sono verificate all’incirca per ogni presidenza di turno del Consiglio dell’Unione. Scaricare la responsabilità sui singoli stati ha un grave significato politico. Quella del Consiglio è una dichiarazione di non responsabilità che avvalora il principio per cui il Paese che assicura la presidenza del semestre europeo non rappresenterebbe l’Unione, ma solo se stesso”.

“La decisione del Consiglio di non presentarsi oggi davanti alla Commissione”, conclude Spinelli, “offende la democrazia parlamentare”.

Regolamento di Dublino: interrogazione scritta

Comunicato stampa

L’europarlamentare del GUE/NGL Barbara Spinelli ha presentato oggi un’interrogazione scritta alla Commissione in seguito a una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sottolineato le lacune del Regolamento di Dublino per i richiedenti asilo, con particolare riferimento al rispetto dei diritti fondamentali. Nel caso Tarakhel v Svizzera, sul trasferimento di un nucleo familiare verso l’Italia disposto dalle autorità svizzere ai sensi del regolamento di Dublino, la Corte ha deliberato che il trasferimento avrebbe sollevato il pericolo di violazione dell’Articolo 3 della CEDU in assenza di garanzie da parte delle autorità italiane circa l’accoglienza idonea dei minori e la coesione del nucleo familiare: questa valutazione “caso per caso” non è attualmente inquadrata dalla legislazione dell’Unione Europea. Nel frattempo il Commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza Dimitris Avramopoulos ha dichiarato di non “vedere la necessità urgente di apportare modifiche rilevanti in materia di asilo nel futuro prossimo. Ma ciò non è escluso per il medio termine, dopo un attento esame”. Gli europarlamentari hanno pertanto deciso di chiedere al Commissario se intenda riferire in merito all’applicazione del regolamento di Dublino e, ove opportuno, proporre i necessari emendamenti (il Regolamento impone alla Commissione di farlo entro il 21 luglio 2016) e se, in attesa di una revisione del regolamento di Dublino, la Commissione intenda prendere provvedimenti per evitare il rischio di un aumento dei casi giudiziari a livello nazionale ed europeo.

L’interrogazione è stata sottoscritta dai membri di vari gruppi politici: Eleonora Forenza, Kostadinka Kuneva, Kostas Chrysogonos, Lola Sanchez Caldentey, Marisa Matias e Rina Rojna Kari (GUE/NGL), Juan Fernando Lopez Aguilar e Ana Gomes (S&D), Bodil Ceballos (Verdi), Jozsef Nagy (EPP) e Laura Ferrara (EFDD).