Le Ong non sono un pull factor in Libia

Bruxelles. 11 ottobre 2017 . Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Punto in agenda:

Scambio di opinioni con il Direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, su:

  • Relazione annuale di attività 2016
  • Relazione annuale 2016 sull’attuazione pratica del regolamento (UE) n. 656/2014 recante norme per la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata da Frontex
  • Informazioni annuali (2017) sugli impegni degli Stati membri nei confronti delle squadre della guardia di frontiera e costiera e il parco attrezzatura tecnica
  • Conti annuali definitivi di Frontex 2016
  • Progetto di programmazione pluriennale 2018 – 2020

Trascrizione dell’intervento:

Ringrazio il dott. Leggeri per essere qui a presentare il lavoro di Frontex. I punti che vorrei affrontare sono due e riguardano le ONG e l’Afghanistan.

Sulle ONG, so che lei stesso ha preso le distanze dalle dichiarazioni che le sono state attribuite nello scorso dicembre dal Financial Times, secondo cui esisterebbe una complicità tra le ONG attive nelle operazioni di Ricerca e Salvataggio e i trafficanti. Naturalmente ha avuto anche lei notizie sul fatto che esistono Stati membri e non ONG che sono in collusione con i trafficanti, ma di questo Frontex non parla. Sono notizie che circolano da molte settimane e mi riferisco in particolare all’Italia, che avrebbe finanziato alcune milizie che si presentano come guardie costiere libiche ma che in realtà sono trafficanti. E siccome l’Italia finanzierebbe solo una parte di tali falsi guardie costiere, lungo le coste libiche sarebbe in corso una guerra fra le milizie che hanno ricevuto soldi dal governo italiano e milizie che non li hanno ricevuti.

La seconda domanda che vorrei porre riguarda le sue affermazioni sulle ONG come pull factor, cioè come “facilitatrici” delle fughe dalla Libia. In questo quadro richiamo la sua attenzione su una recente dichiarazione di Vincent Cochetel, responsabile europeo per le operazioni dell’UNHCR, secondo cui le ONG non sono affatto un pull factor, dal momento che gli arrivi in Italia sono aumentati nel mese di settembre nonostante la diminuzione delle attività di Ricerca e Salvataggio da parte delle ONG. Questo contraddice le sue affermazioni sul pull factor.

Infine una domanda sui rimpatri in Afghanistan. Qui è un rapporto di Amnesty a chiedere di smettere i rimpatri immediatamente, perché la situazione bellica in Afghanistan è ancora molto intensa  e dunque pericolosa per i rimpatriati. Anche su questo vorrei una sua presa di posizione. Grazie.

 

Lo schema delle ricollocazioni scade a settembre, e un nuovo sistema Dublino ancora non c’è

Bruxelles, 15 settembre 2017. Barbara Spinelli (GUE/NGL) ha presentato un’interrogazione scritta alla Commissione europea sull’applicazione delle Decisioni di ricollocazione di richiedenti protezione internazionale, in vista della loro scadenza il prossimo 26 settembre. L’interrogazione è stata firmata da altri 62 parlamentari europei appartenenti a diversi gruppi politici.

Di seguito il testo:

Nella sua sentenza del 6 settembre 2017, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha respinto i ricorsi presentati dalla Slovacchia e dall’Ungheria contro il meccanismo di ricollocazione, affermando che «la mancanza di cooperazione da parte di alcuni Stati membri» è la causa principale del numero ridotto di ricollocazioni di richiedenti protezione internazionale.

Il documento dell’ECRE Relocation not Procrastination nota che la resistenza politica e legale a ricollocare i richiedenti protezione internazionale include «preferenze proibitive espresse da alcuni Stati membri, e gravi ritardi nel mettere a disposizione posti per la ricollocazione, nonché nell’esaminare e accettare ricollocazioni dall’Italia e dalla Grecia».

Poiché la scadenza per l’applicazione delle Decisioni di ricollocazione 2015/1523 e 2015/1601 è prossima (26 settembre 2017) chiediamo alla Commissione:

  1. Intende lanciare ulteriori procedure d’infrazione contro Stati membri inadempienti?
  2. Rivedrà i trasferimenti da altri Stati membri verso l’Italia e la Grecia ai sensi del Regolamento di Dublino, dando invece priorità agli elementi di solidarietà delle ricollocazioni?
  3. Nel settembre 2015, il Presidente della Commissione Jean-Paul Juncker ha annunciato un “meccanismo permanente” di ricollocazione nel quadro del sistema Dublino. Nel maggio 2017, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di presentare una nuova proposta di ricollocazione in attesa della riforma del sistema Dublino. Perché il Commissario Dimitris Avramopoulos ha dichiarato invece che la Commissione non presenterà nuove proposte per la ricollocazione?

1. Barbara Spinelli (GUE/NGL)
2. Marisa Matias (GUE/NGL)
3. Sofia Sakorafa (GUE/NGL)
4. Josef Weidenholzer (S&D)
5. Bart Staes (Verdi/ALE)
6. Bronis Ropé (Verdi/ALE)
7. Alfred Sant (S&D)
8. Laura Ferrara (EFDD – M5S)
9. Josep-Maria Terricabras (Verdi/ALE)
10. Stelios Kouloglou (GUE/NGL)
11. Kostas Chrysogonos (GUE/NGL)
12. Elly Schlein (S&D)
13. Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL)
14. Eleonora Evi (EFDD – M5S)
15. Stefan Eck (GUE/NGL)
16. Sylvie Guillaume (S&D)
17. Benedek Jávor (Verdi/ALE)
18. Eva Joly (Verdi/ALE)
19. Sergio Cofferati (S&D)
20. Norica Nicolai (ALDE)
21. Eleonora Forenza (GUE/NGL)
22. Elena Valenciano (S&D)
23. Claude Rolin (PPE)
24. Josu Juaristi Albaunz (GUE/NGL)
25. Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL)
26. Fabio Massimo Castaldo (EFDD – M5S)
27. Andrejs Mamikins (S&D)
28. Tanja Fajon (S&D)
29. Hilde Vautmans (ALDE)
30. Juan Fernando López Aguilar (S&D)
31. Curzio Maltese (GUE/NGL)
32. Nessa Childers (S&D)
33. Miguel Urbán Crespo (GUE/NGL)
34. Neoklis Sylikiotis (GUE/NGL)
35. Gabriele Zimmer (GUE/NGL)
36. Ana Gomes (S&D)
37. Ernest Urtasun (Verdi/ALE)
38. Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL)
39. Nicola Caputo (S&D)
40. Tania González Peñas (GUE/NGL)
41. Julie Ward (S&D)
42. Nikolay Barekov (ECR)
43. Javier Nart (ALDE)
44. Ramon Tremosa i Balcells (ALDE)
45. Cornelia Ernst (GUE/NGL)
46. Jean Lambert (Verdi/ALE)
47. Malin Björk (GUE/NGL)
48. Mady Delvaux-Stehres (S&D)
49. Nathalie Griesbeck (ALDE)
50. Sabine Lösing (GUE/NGL)
51. Jordi Solé (Verdi/ALE)
52. Soraya Post (S&D)
53. Dietmar Köster (S&D)
54. Luke Ming Flanagan (GUE/NGL)
55. Molly Scott Cato (Verdi/ALE)
56. Ivan Jakovčić (ALDE)
57. Kostadinka Kuneva (GUE/NGL)
58. Barbara Lochbihler (Verdi/ALE)
59. Margrete Auken (Verdi/ALE)
60. Costas Mavrides (S&D)
61. Nikolaos Chountis (GUE/NGL)
62. Helmut Scholz (GUE/NGL)
63. José Inácio Faria (PPE)

 

Fonti:
European Agenda on Migration: Press Conference by Commissioner Avramopoulos on the progress made on managing migration and external borders

Relocation: Commission launches infringement procedures against the Czech Republic, Hungary and Poland

Judgment of the Court (Grand Chamber) 6 September 2017

Ecre’s assessment of the obstacles to relocation of asylum seekers from Greece and Italy and its proposals for a continuation of relocation after September 2017

European Parliament resolution of 18 May 2017 on making relocation happen

Domanda scritta su ricollocamenti: sentenza della Corte di giustizia

COMUNICATO STAMPA DEL GUE/NGL

GUE/NGL MEPs call on Commission to ensure implementation of ECJ ruling on refugee relocations  

GUE/NGL MEPs welcome the European Court of Justice’s ruling on refugee relocations and call for action from the Commission to ensure its implementation.

Shadow Rapporteur on relocation, Barbara Spinelli, comments: “In its judgement of 06/09/17, the EU Court of Justice has dismissed the actions brought by Slovakia and Hungary to challenge the relocation mechanism.”

“The judgement is certainly a positive step, but a clarification by the Commission is urgently needed.

“The expiration date of 26 September 2017 for the application of the Council’s Decisions on Relocation is approaching. Juncker had promised a permanent mechanism, but Avramopoulos has announced that the Commission will not present new proposals for relocation.

“Moreover, the relocations have been crippled by discriminatory criteria, and have been outnumbered by the returns of refugees to Greece and Italy on the basis of the Dublin system. These are the main points I stressed in a Written Question to the Commission, open on September 8 to co-signatures by members of the EP,” Spinelli explains.

“In its judgement, the European Court of Justice has dismissed the actions brought by Slovakia and Hungary to challenge the relocation mechanism.”

GUE/NGL Coordinator on the Civil Liberties, Justice and Home Affairs Committee, Cornelia Ernst, adds: “Now it has also been confirmed by the highest judicial authority: the governments in Hungary and Slovakia cannot hide beyond their racist standpoints; solidarity is a duty under the law.”

“The judges also made it clear that European refugee policy is supposed to be more than just border protection and FRONTEX.

“Now it is important to build on this, so I urge the Commission and the Council to end their blockade and to finally clear the way for a fundamentally new EU refugee policy,” Ernst concludes.

For further information:
The European Council on Refugees and Exiles’ report Relocation not procrastination: ECRE’s Assessment of the obstacles to relocation of asylum seekers from Greece and Italy and its proposals for a continuation of relocationafter September 2017.

Interrogazione scritta sui presunti accordi tra governo libico e milizie implicate nel traffico di essere umani

di martedì, Settembre 5, 2017 0 , , , , Permalink

Gli eurodeputati Elly Schlein (S&D), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Sergio Cofferati (S&D), Ana Gomes (S&D), Cornelia Ernst (GUE/NGL), Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Judith Sargentini (Verdi) ed Eleonora Forenza (GUE/NGL) hanno presentato un’interrogazione scritta alla Commissione europea per chiedere quali misure intenda assumere per assicurare che i fondi UE non finiscano nelle mani di milizie che gestiscono il traffico di esseri umani.

Ai primi firmatari si sono aggiunti Ska Keller (Verdi), Cécile Kyenge (S&D), Juan Fernando Lopez Aguilar (S&D), Ernest Urtasun (Verdi), Kathleen Van Brempt (S&D), Dietmar Köster (S&D), Ulrike Lunacek (S&D), Eva Joly (Verdi), Birgit Sippel (S&D).

Di seguito il testo dell’interrogazione (qui la versione inglese in formato Word):

“Da quanto emerso da un reportage della Associated Press, alcuni funzionari libici di sicurezza e alcuni miliziani hanno rivelato che il governo del paese di Tripoli ha presumibilmente pagato milizie che sono anche implicate nel traffico di esseri umani, per impedire il flusso di migranti verso l’Europa in cambio di attrezzature, barche e salari, dopo un accordo sostenuto dal governo italiano. Uno di questi gruppi di milizie è stato identificato anche dal panel di esperti delle Nazioni Unite sulla Libia come tra i principali facilitatori del traffico di esseri umani.

Secondo le fonti della AP, questa è una delle ragioni principali dietro la diminuzione degli arrivi dalla Libia negli ultimi due mesi. La Commissione europea e il Consiglio hanno fornito un sostegno significativo al governo libico, anche attraverso il Fondo Fiduciario UE per l’Africa e con un progetto finanziato con 46 milioni di euro, destinato alla formazione della guardia costiera libica al rafforzamento delle sue frontiere e al miglioramento delle condizioni dei migranti nei centri di detenzione.
 
La Commissione europea è consapevole dell’esistenza di questo tipo di accordi con le milizie locali? Attraverso quali misure la Commissione europea intende assicurare che i fondi europei non finiscano nelle mani di milizie che gestiscono il traffico di esseri umani? Se queste informazioni troveranno conferma, considererà la sospensione dei finanziamenti al governo libico?”.

Missione militare in Libia, ONG e politica del caos nel Mediterraneo

di domenica, Agosto 6, 2017 0 , , , Permalink

Il Parlamento italiano ha autorizzato l’invio di navi da guerra nelle acque territoriali libiche con il compito di sostenere la guardia costiera di Tripoli nel contrasto ai trafficanti di uomini e nel rimpatrio di migranti e richiedenti asilo in fuga dalla Libia. La risoluzione, affiancata al tentativo di ridurre le attività di ricerca e soccorso di una serie di ONG, è discutibile e solleva almeno sei interrogativi:

1) Come può la Libia, la cui sovranità sarà secondo il governo italiano integralmente garantita, «controllare i punti di imbarco nel pieno rispetto dei diritti umani», quando non è firmataria della Convenzione di Ginevra, dunque non è imputabile se la viola?

2) Come può dirsi rispettata la sovranità in questione, quando di fatto quest’ultima non esiste? È infatti evidente che il governo di Fāyez al-Sarrāj non esercita alcun monopolio della violenza legittima –  presupposto di ogni autentica sovranità – come si evince dalla condanna dell’operazione militare italiana ed europea da parte delle forze politiche e militari che fanno capo al generale Khalifa Haftar.

3) Come può esser garantito il pieno “controllo” dell’UNHCR e dell’OIM sugli hotspot da costruire in Libia, e rendere tale controllo compatibile con la sovranità territoriale libica affermata nella risoluzione parlamentare?  E come possono UNHCR e OIM gestire “centri di protezione e assistenza” in un Paese in cui, stando a quanto dichiarato il 16 maggio dallo stesso direttore operativo di Frontex Fabrice Leggeri, «è impossibile effettuare rimpatri», visto che «la situazione è tale da non permettere di considerare la Libia un Paese sicuro»?[1]

4) Come proteggere i migranti e rifugiati dai naufragi, se lo scopo è quello di screditare e ridurre le attività di ricerca e soccorso in mare delle ONG in assenza di robuste operazioni europee di ricerca e soccorso, e senza che sia ancora stata definita una “zona SAR” (Search and Rescue) di competenza libica che abbia come fondamento la Convenzione di cui sopra, e in particolare gli articoli che vietano i respingimenti collettivi (principio di “non-refoulement“)?

5) Come garantire che migranti e profughi soccorsi in mare non verranno riportati a terra e chiusi in centri di detenzione dove, come affermato dalla vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa Gauri Van Gulik, «quasi certamente saranno esposti al rischio di subire torture, stupri e anche di essere uccisi»?[2] Qualunque cooperazione con le autorità libiche che porti alla detenzione di migranti da parte della Libia, ha affermato il 2 agosto Judith Sunderland, direttrice di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia centrale: «dovrebbe verificarsi soltanto in presenza di prove chiare che questo tipo di iniziative sia conforme agli standard sui diritti umani, a partire da un miglioramento dimostrabile nel trattamento dei migranti. Ciò richiede un monitoraggio indipendente e trasparente, ma non è stato stabilito alcun sistema di monitoraggio indipendente né per il programma di addestramento, né per i centri di detenzione libici».[3]

6) Come intende il governo italiano rispettare la sentenza con cui, nel febbraio 2012, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che il trasferimento di rifugiati verso la Libia viola l’articolo 3 della Convenzione di Ginevra secondo il quale «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti»?[4]

Su una cosa il governo italiano ha ragione: come nel caso dei rifugiati approdati in Grecia, L’Unione europea si è dimostrata incapace di solidarietà. L’impegno a ricollocare in altri Paesi membri un numero minimo di migranti e rifugiati che giungono in Italia o in Grecia è rispettato in minima parte, mentre aumentano i rimpatri in Italia dei rifugiati che a dispetto del sistema Dublino hanno raggiunto altri Paesi dell’Unione.

Questo non giustifica tuttavia la violazione del principio di non respingimento, e tantomeno spiega l’offensiva contro le ONG: in particolare quelle che non hanno firmato il codice di condotta predisposto per loro dal governo italiano con l’appoggio dell’Unione europea. A tutt’oggi, sono del tutto ingiustificate le accuse di collusione con i trafficanti rivolte a organizzazioni come Jugend Rettet e Medici senza frontiere. In assenza di vie legali offerte a chi vuol chiedere asilo in Europa, è abusivo confondere l’attività dei “facilitatori” delle fughe con quella dei trafficanti di esseri umani. Ed è comunque pretestuoso attaccare le Ong in assenza di operazioni europee aggiuntive o alternative di ricerca e soccorso Ancor più riprovevole è continuare a reclamare il rispetto dell’antiquata legge Bossi-Fini, confondendo migranti privi di documenti e richiedenti asilo.

Non per ultimo, segnaliamo il legame possibile tra l’indagine sulla nave Iuventa (Jugend Rettet) e le operazioni della destra europea “Defend Europe”. È un articolo di Famiglia Cristiana del 4 agosto a denunciare il contatto tra la società di sicurezza privata Imi Security Service di Cristian Ricci – ovvero il gruppo di contractor che ha denunciato le “anomalie” della nave Iuventa, facendo aprire il fascicolo della Procura di Trapani – con l’ex ufficiale della Marina militare Gian Marco Concas, uno dei portavoce di Generazione Identitaria. Esperto di navigazione e skipper, Concas è stato definito come il “direttore tecnico” dell’operazione navale della rete europea anti migranti, che in questi giorni sta muovendo la C-Star nella zona Search and Rescue (Ricerca e Salvataggio) davanti alle acque libiche.[5]

[1] Diese Migranten sind Opfer der kriminellen Netzwerke”. Interview mit Fabrice Leggeri, “ZDF-Magazin Frontal21”, 16 maggio 2017.

[2] https://www.amnesty.it/missione-navale-italia-pronta-destinare-rifugiati-migranti-verso-orribili-violenze/.

[3] https://www.hrw.org/it/news/2017/08/02/307461.

[4] Sentenza CEDU 23 febbraio 2012, Ricorso n. 27765/09 – Hirsi Jamaa e altri c. Italia.

[5] http://m.famigliacristiana.it/articolo/caos-mediterraneo-quel-link-occulto-tra-defend-europe-e-l-operazione-iuventa.htm.

Gravi violazioni dei diritti umani nell’hotspot di Lesbos

di giovedì, Luglio 27, 2017 0 , , Permalink

Barbara Spinelli ed Elly Schlein: Le gravi violazioni dei diritti umani nell’hotspot di Lesbos mostrano che le politiche dell’Unione stanno affossando la Convenzione di Ginevra

Bruxelles, 27 luglio 2017

Le eurodeputate Barbara Spinelli (GUE/NGL) ed Elly Schlein (S&D) hanno indirizzato una lettera al Commissario europeo per la migrazione Dimitris Avrampoulos, all’Alto rappresentante Federica Mogherini, ai ministri greci Nikos Toskas e Yiannis Mouzalas  per esprimere grave preoccupazione per la violazione dei diritti umani che si sta verificando nell’hotspot di Moria, sull’isola greca di Lesbos.

La lettera, sottoscritta dai colleghi Sergio Cofferati, Tanja Fajon, Eleonora Forenza, Ana Gomes, Cécile Kyenge e Marie-Christine Vergiat, si basa sulla testimonianza di attivisti e di associazioni per i diritti umani presenti sull’isola che denunciano l’arresto – avvenuto lo scorso 24 luglio – di decine di richiedenti asilo, tra cui profughi siriani e curdo-siriani, sottoposti a violenze e abusi da parte della polizia e a rischio di essere rimpatriati in Turchia, contravvenendo così al principio di non-refoulement che è alla base della Convenzione di Ginevra.

Di seguito il testo della lettera:

Bruxelles, 25 luglio 2017

A:
Dimitris Avramopoulos
Commissario europeo per la Migrazione, gli affari interni e la cittadinanza

Federica Mogherini
Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Vicepresidente della Commissione

Nikos Toskas
Ministro greco per la Protezione dei cittadini

Yiannis Mouzalas
Ministro greco per le Migrazioni

E per conoscenza a:

Filippo Grandi
Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR)

William Lacy Swing
Direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (OIM)

 

Gentile Alto rappresentante, gentile Commissario, gentili Ministri,

abbiamo appreso dalle dichiarazioni dell’attivista per i diritti umani Nawal Soufi (Premio Cittadinanza Europea 2016), che lo scorso 24 luglio, alle sei del mattino,  numerosi agenti di polizia e militari hanno fatto irruzione nell’hotspot di Moria, sull’isola greca di Lesbos, svegliando i migranti con violenza e sottoponendoli ad abusi. «La polizia aveva una lista di persone da prendere. Decine di migranti sono stati arrestati, per il novanta per cento sono richiedenti asilo. Tra questi numerosi siriani e anche curdo-siriani.  Alcuni hanno ricevuto solamente il primo diniego e sono in attesa di definizione del ricorso. Uno dei richiedenti asilo arrestati è un giovane curdo-siriano che ha già subito violenze in Turchia». [1]

Già il 23 luglio, come mostrato da un video, [2] la polizia greca ha fatto irruzione nell’hotspot di Moria sedando con violenza una rivolta dei richiedenti asilo imprigionati sull’isola da mesi – alcuni addirittura da un anno – sotto costante minaccia di essere deportati o rimpatriati. Sull’isola si era svolto un flash mob organizzato da Amnesty International e da Lesbos Solidarity, per protestare contro l’accordo UE-Turchia e la trappola in cui sono trattenuti migranti e richiedenti asilo. [3]

Secondo l’attivista iraniano Arash Hampay, anch’esso sull’isola, due profughi curdo-iracheni detenuti a Moria sono in sciopero della fame da 27 giorni e versano in condizioni fisiche precarie, senza ricevere cure adeguate e privati della possibilità di comunicare con l’esterno. [4]

La situazione dell’hospot di Moria è descritta con chiarezza nel rapporto appena pubblicata da Medici Senza Frontiere.[5] Sono stati testimoniati anche casi di violenza da parte della polizia e gravi maltrattamenti.[6]

Il ricorso alla detenzione dei richiedenti asilo dovrebbe costituire, secondo la normativa nazionale ed europea, solo una extrema ratio, proporzionata e adeguatamente motivata su base individuale. Ci sembra invece che sulle isole greche, come osservato dalla missione di eurodeputati della Commissione LIBE nel maggio 2017, si faccia un ricorso sistematico alla detenzione dei richiedenti asilo nei cosiddetti pre-removal centers, in attesa di rimpatriare le persone in Turchia in base alla dichiarazione UE-Turchia, o verso i rispettivi Paesi di origine.

Nei pre-removal centers vengono detenute diverse categorie di migranti e richiedenti asilo: persone in attesa di rimpatrio in Turchia dopo aver ricevuto un secondo diniego al ricorso; persone che hanno ricevuto un solo diniego e sono in attesa di definizione del ricorso; persone che hanno optato per una procedura di rimpatrio volontario assistito coordinato dall’OIM; persone che affermano di trovarsi in stato di detenzione per il solo fatto di non aver ancora potuto presentare richiesta d’asilo; infine, persone catalogate come “piantagrane”, senza che via sia alcuna accusa a loro carico.

In questi centri, l’accesso all’assistenza sanitaria e legale è inadeguato, come mostrato in dettaglio da un rapporto di Refugee Support Aegean, che rimarca le condizioni di sovraffollamento e di carenza di assistenza medica, psicologica e psichiatrica.[7] La possibilità per le persone in stato di detenzione di vedere un avvocato non è assicurata.

L’elemento principale del diritto d’asilo e dello status di rifugiato consiste nel proteggere la persona dal rimpatrio verso un Paese in cui abbia motivo di temere di essere perseguitata. Tale protezione è sancita dal principio di non respingimento (non-refoulement) di cui all’articolo 33 (1) della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati (Convenzione di Ginevra) come segue: «Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».

Tale elemento è presente anche nella Direttiva 2013/32/UE del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale. La Grecia è parte contraente della Convenzione di Ginevra ed è vincolata a detta Direttiva.

Ci appelliamo alle Autorità greche perché venga messo fine all’uso sistematico della detenzione, perché venga pienamente investigato ogni caso riportato di violenza da parte della polizia, e venga assicurato il pieno rispetto dei diritti fondamentali di ciascun richiedente asilo.

Chiediamo che i richiedenti asilo non siano rimandati in Paesi dove la loro incolumità è a rischio, come è evidente nel caso del ragazzo curdo-siriano arrestato lo scorso 24 luglio.

Chiediamo alla Commissione europea di smettere di esercitare pressione sulle Autorità greche al fine di incrementare il numero dei rimpatri, che riguardano anche persone vulnerabili e mettono a rischio l’unità familiare.

Il pieno rispetto dei diritti fondamentali di ciascuna persona non è negoziabile e costituisce l’essenza dei principi su cui è fondata l’Unione europea.

 

Elly Schlein, eurodeputata gruppo S&D, Italia

Barbara Spinelli, eurodeputata gruppo GUE/NGL, Italia

Sergio Cofferati, eurodeputato gruppo S&D, Italia

Tanja Fajon, eurodeputata gruppo S&D, Slovenia

Eleonora Forenza, eurodeputata gruppo GUE/NGL, Italia

Ana Gomes, eurodeputata gruppo S&D, Portogallo

Cécile Kyenge, eurodeputata gruppo S&D, Italia

Marie-Christine Vergiat, eurodeputata gruppo GUE/NGL, Francia

 

[1] http://video.sky.it/news/mondo/lesbo-migranti-portati-via-a-forza-dal-centro-di-moria/v357130.vid

[2] https://vimeo.com/226277179.

[3] https://www.amnesty.org/en/latest/news/2017/07/lesvos-symbolic-protest-from-refugees-caught-in-the-net-of-the-eu-turkey-deal/.

[4]https://www.facebook.com/arashampay.

[5] http://www.msf.org/en/article/greece-dramatic-deterioration-asylum-seekers-lesbos.

[6] http://www.efsyn.gr/arthro/minyseis-kata-astynomikon-gia-orgio-xylodarmon

[7] http://rsaegean.org/serious-gaps-in-the-care-of-refugees-in-greek-hotspots-vulnerability-assessment-system-is-breaking-down/.

Le novità del meccanismo sulla rule of law

di mercoledì, Giugno 28, 2017 0 , Permalink

Bruxelles, 22 giugno 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della Riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) sull’istituzione di un meccanismo dell’UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali.

Barbara Spinelli è intervenuta nel corso della prima sessione “Towards a Democracy, Rule of Law and Fundamental Rights Pact at EU level – lnterinstitutional perspective and role of national parliaments”

Relatori per la prima sessione:

  • Sophie in’t Veld MEP (Alde), Relatore LIBE della Relazione su un Meccanismo in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali
  • Francisco Fonseca Morillo, Vice Direttore Generale DG JUST, Direzione Generale della Giustizia e dei Consumatori, Commissione europea
  • Vaclav Hampl, Presidente della Commissione per gli affari europei, Senato della Repubblica Ceca

Avendo partecipato in prima persona ai lavori e avendo sostenuto con forza la relazione di Sophie in ‘t Veld, considero molto utile questo nostro incontro, tanto più in quanto si sta cominciando realmente a discutere della proposta e, in maniera del tutto naturale, ad affrontare anche i malintesi e dubbi che essa sta producendo. Utile, perché possiamo provare insieme, forse col tempo, a superarli. Per cercare di fugare questi dubbi e malintesi, vorrei innanzitutto sottolineare quanto segue – ovviamente la collega in ‘t Veld mi potrà smentire se lo ritiene opportuno: la relazione è nata per fare un bilancio critico di tutti gli sforzi e i metodi che sono stati utilizzati finora per far fronte a eventuali violazioni della rule of law nell’Unione europea e a garantirne il rispetto. Pur poggiando e continuando a poggiare sui meccanismi esistenti, il nuovo meccanismo previsto nel testo della Risoluzione parlamentare presenta un indubbio valore aggiunto. C’è, a mio parere, un salto di qualità. Due sono le principali novità:

1) Si tratta un meccanismo permanente che non tende a intervenire in un’ottica di riparazione del danno ma di prevenzione, e quindi a evitare l’aspetto punitivo che possono avere altri meccanismi, poggiando, al contempo, sull’indipendenza e l’imparzialità di giudizio. Non si parla di nominare esperti avulsi dalla realtà politica ma di individuare le persone, le istituzioni, le associazioni cittadine che aiutino a garantire questa imparzialità di giudizio.

2) Altro punto secondo me importante, anche al fine di superare quest’aspetto potenzialmente punitivo, è che le istituzioni stesse dell’Unione sono sotto sorveglianza. A mio parere, mancano nella relazione indicatori e parametri precisi applicabili alle istituzioni, ma è comunque importante che esse siano contemplate come oggetto di esame.

Vorrei concludere con una breve osservazione di carattere personale sulla terminologia “valori condivisi”. Il concetto di valori è sicuramente nominato nei Trattati ma è una parola che genera equivoci perché spesso collegata a elementi molto soggettivi: i valori sono legati alla cultura, e a quelle che sono state indicate nel dibattito odierno come “tradizioni nazionali”. Se dovessi riscrivere il Trattato preferirei parlare di “fondamenti normativi” dell’Unione. È su questi che si basa la Risoluzione redatta da Sophie in ‘t Veld, e su essi si fonda quel che che abbiamo in comune nell’Unione. I fondamenti normativi, le norme, il diritto, non sono soggettivi: sono iscritti nei Trattati e nella Carta dei diritti fondamentali. Non sono oggetto di discussione tra fazioni pro o contro. Al collega che ha chiesto quale sia il “modello” cui ci riferiamo con il nuovo meccanismo, rispondo che la questione non è il modello di riferimento, ma precisi articoli del Trattato e della Carta dei diritti fondamentali. Ritengo che più discutiamo, più chiariamo la questione, più facciamo luce su questi temi, più le nostre posizioni potrebbero avvicinarsi l’una all’altra, compresa quella della Commissione che, a mio avviso, ha sollevato troppi dubbi rispetto a tale meccanismo. Sono convinta che ci troviamo di fronte a un meccanismo nuovo qualitativamente, e non a uno dei tanti meccanismi già esistenti.

Carta di Milano. La solidarietà non è un reato

Milano, 19 maggio 2017

Allarmati da uno scenario politico e mediatico di costruzione dell’odio e dell’indifferenza non solo nei confronti dei profughi e di chi li sostiene, ma delle stesse leggi e convenzioni che sanciscono il dovere di solidarietà e di soccorso e il diritto di asilo, ci impegniamo – in quanto cittadini, membri delle istituzioni e operatori dell’informazione – a tutelare l’onorabilità, la libertà e i diritti della società civile in tutte le sue espressioni umanitarie: quando salva vite in mare; quando protegge e soccorre le persone in difficoltà ai confini; quando vigila sul rispetto del principio di legalità e di uguaglianza; quando denuncia il mancato rispetto dei diritti fondamentali nelle procedure di trattenimento amministrativo e di allontanamento forzato; quando adempie al dovere inderogabile di solidarietà che fonda la Costituzione italiana.

Gli atti di solidarietà non costituiscono reato e le organizzazioni umanitarie, così come i singoli attivisti, non possono essere messi sotto accusa per averli compiuti. La responsabilità penale è individuale e i processi non devono essere intentati alle organizzazioni solidali in quanto tali, tantomeno attraverso i media, in un percorso di delegittimazione.
Per questo chiediamo alle istituzioni nazionali e dell’Unione europea, in particolare al Mediatore europeo, di vigilare affinché non venga sottratta alle organizzazioni umanitarie e alla società civile la possibilità di essere presenti attivamente nel Mediterraneo, alle frontiere di terra e in tutti i luoghi di confinamento e privazione dei diritti fondamentali dove esercita la funzione essenziale e insostituibile di proteggere l’osservanza dello stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, della solidarietà e dell’eguaglianza.

La Direttiva del Consiglio europeo sul favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (2002/90/CE) configura come reato il favoreggiamento dell’ingresso illegale di migranti, anche in assenza di profitto economico. Benché di fatto il testo inviti gli Stati membri dell’Unione a criminalizzare qualsiasi persona o organizzazione assista i migranti irregolari in ingresso, in transito o residenti nel territorio degli Stati membri, la Commissione sta valutando la possibilità di una revisione peggiorativa, così da rendere ancora più difficile l’accesso al territorio europeo e alle procedure per la richiesta di protezione. Se venisse realizzata, una tale riforma avrebbe l’effetto di favorire ulteriormente le reti dei trafficanti, come del resto avverrebbe se venissero mantenuti i criteri restrittivi del vigente Regolamento Dublino. Chiediamo dunque ai parlamentari europei di impegnarsi per porre fine all’ambiguità contenuta nella Direttiva e affermare con chiarezza che chi fornisce assistenza umanitaria a profughi e migranti non può essere criminalizzato e deve, anzi, essere agevolato e tutelato.

È prerogativa dei governi illiberali chiedere la chiusura o il controllo delle organizzazioni non governative, dividendole in collaborative e ostili. La società civile è garanzia per la democrazia, la sua presenza deve essere protetta e incentivata perché rappresenta il nostro sguardo – lo sguardo dei cittadini e di tutte le persone – a protezione dagli eccessi del potere. Per questo chiediamo che le istituzioni ne promuovano e ne difendano il coinvolgimento e la libertà d’azione.

Da questa Carta condivisa nella manifestazione del 20 maggio 2017 a Milano, ci impegniamo affinché nasca un Osservatorio permanente a tutela della libertà e dell’indipendenza della società civile che opera per i diritti di migranti e rifugiati.

Firmatari (in ordine alfabetico)

Alessandra Ballerini, avvocato, Terre des Hommes
Alberto Barbieri, Medici per i Diritti Umani (MEDU)
Pietro Vittorio Barbieri, Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE)
Marco Bechis, regista
Sandra Bonsanti, giornalista, presidente emerita Libertà e Giustizia
Anna Canepa, sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo
Francesca Chiavacci, presidente nazionale ARCI
Don Luigi Ciotti, Libera
Don Virginio Colmegna, presidente Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani” di Milano
Stefano Corradino, direttore associazione Articolo 21
Nando Dalla Chiesa, direttore Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano
Antonio Damasco, direttore Rete italiana di cultura popolare
Danilo De Biasio, direttore del Festival dei Diritti umani di Milano
Loris De Filippi, presidente Medici Senza Frontiere (MSF)
Erri De Luca, scrittore
Giuseppe De Marzo, responsabile nazionale politiche sociali Libera
Tana De Zulueta, giornalista, associazione Articolo 21
Paolo Dieci, presidente Link 2007 Cooperazione in Rete
Paolo Ferrara, responsabile comunicazione Terre des Hommes
Maurizio Ferraris, filosofo
Alganesc Fessaha, presidente Ong Gandhi
Giuliano Foschini, giornalista
Fabrizio Gatti, giornalista
Riccardo Gatti, capitano e capomissione di Proactiva Open Arms
Federica Giannotta, responsabile progetti Italia Terre des Hommes
Beppe Giulietti, giornalista
Patrizio Gonnella, presidente Antigone e Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili (CILD)
Maurizio Gressi, portavoce Comitato per la promozione e la protezione dei diritti umani
Giampiero Griffo, presidente Disabled People’s International Italia (DPI)
Gad Lerner, giornalista
Yasha Maccanico, ricercatore e giornalista, Statewatch/University of Bristol
Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano
Antonio Marchesi, presidente Amnesty International Italia
Elisa Marincola, portavoce associazione Articolo 21
Tomaso Montanari, presidente di Libertà e Giustizia
Kostas Moschochoritis, segretario generale INTERSOS
Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia
Paolo Oddi, avvocato
Moni Ovadia, attore e regista
Elena Paciotti, giurista
Daniela Padoan, scrittrice
Letizia Palumbo, Università di Palermo
Gianni Rufini, direttore generale Amnesty International Italia
Antonia Sani, presidente Womens International League for Peace and Freedom (WILPF) Italia
Piero Soldini, nazionale CGIL
Barbara Spinelli, parlamentare europea GUE/NGL
Vittoria Tola, responsabile nazionale Unione Donne Italiane (UDI)
Lorenzo Trucco, avvocato, presidente Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI)
Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato, presidente Associazione Diritti e Frontiere (Adif)
Guido Viale, sociologo
Gustavo Zagrebelsky, giurista, professore Università di Torino
Giacomo Zandonini, giornalista
Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano

Adesioni:

Isoke Aikpitanyi, Associazione vittime ed ex vittime della tratta
Leonardo Caffo, filosofo
Lina Caraceni, docente universitaria
Paolo Cattaneo, presidente Diapason cooperativa sociale e CNCA Lombardia
Anna Cimarelli, Tolentino
Nicole Corritore, giornalista di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
Pietro Del Zanna, agricoltore
Ersilia Ferrante, avvocato
Michela Jesurum, Energie Sociali
Mariapia Mendola
Elisabetta Maestrini, avvocato
Maria Pace Ottieri, scrittrice
Vittoria Pagliuca, attivista Amnesty International
Stefano Pasta, giornalista
Carla Peirolero, direttrice Suq Festival Genova
Roberta Radich, psicologa, Coordinamento Nazionale NO TRIV
Simona Regondi, assistente sociale
Ilaria Sesana, giornalista
Nicola Teresi, presidente Emmaus Palermo
Associazione Transglobal
Valeria Verdolini, ricercatrice
Fulvio Vicenzo, direttore Cospe onlus


PER ADESIONI:
cartamilanosolidarieta@gmail.com

 

Risoluzione sull’Ungheria: il ricorso all’articolo 7

di venerdì, Maggio 19, 2017 0 , Permalink

Lo scorso 17 maggio il Parlamento europeo ha adottato la proposta di risoluzione sull’Ungheria presentata dai gruppi politici S&D, ALDE, Verdi e GUE/NGL a seguito di dichiarazioni del Consiglio e della Commissione.

La risoluzione, co-firmata da Barbara Spinelli e approvata con 393 voti favorevoli, 221 contrari e 64 astensioni, chiede che l’Unione europea avvii una procedura contro il Paese retto dal governo del premier Viktor Orbán, ricorrendo all’articolo 7 del Trattato di Lisbona.

I deputati dichiarano nella risoluzione congiunta che «la situazione dei diritti fondamentali in Ungheria giustifica l’avvio della procedura formale per determinare se in uno Stato membro vi sia un “evidente rischio di grave violazione” dei valori dell’Ue», in considerazione del preoccupante deterioramento dello Stato di diritto, della democrazia e dei diritti fondamentali, in particolare per quanto riguarda le discriminazioni perpetrate contro migranti, richiedenti asilo, rifugiati, persone appartenenti a minoranze (tra cui Rom, ebrei e persone LGBTI). Particolarmente preoccupante, per i deputati europei, anche la progressiva restrizione dell’indipendenza della magistratura, della libertà di espressione, della libertà di associazione e della libertà accademica (è citata anche la chiusura degli archivi Lukács).

La procedura potrebbe portare a sanzioni contro il Paese, come la sospensione dei diritti di voto in seno al Consiglio.

È da notare con interesse la spaccatura dei voti PPE (Partito popolare europeo, che comprende anche il partito di Orbán Fidesz), e l’astensione dei deputati del M5S.

Risultato delle votazioni per appello nominale (scorrendo il Sommario, cliccare sul file B8-0295/2017 al Punto 12, recante la lista delle risoluzioni (pag. 26).