Cibersicurezza: gli Stati Uniti non sono un modello

Bruxelles, 11 ottobre 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Punto in agenda:

Presentazione del pacchetto recentemente adottato sulla cibersicurezza: “Resilienza, deterrenza e difesa: verso una cibersicurezza forte per l’UE”

  • Presentazione a cura di Julian King, commissario responsabile per l’Unione della sicurezza, Commissione europea

Grazie Sir Julian King,

Avrei alcune domande su questioni che mi interessano in modo particolare per gli effetti che le misure del pacchetto cibersicurezza possono avere sulla libertà di espressione e di stampa, e che pongo in quanto relatore del rapporto di iniziativa del Parlamento europeo su Media pluralism and media freedom in the European Union.

In primo luogo, non vorrei che i pericoli per la cibersicurezza che ha evocato nella sua presentazione fossero sproporzionatamente gonfiati. Dico questo perché lei ha citato come modello da seguire gli Stati Uniti, per i 17 miliardi di dollari investiti quest’anno in tale campo. Io ho qualche dubbio sul modello americano, se penso all’ossessione sulla cibersicurezza che domina il dibattito pubblico negli Stati Uniti fin dalle ultime elezioni presidenziali, a proposito di attacchi cyber su cui non esiste al momento alcun tipo di prova.

Quindi quando si parla di resilienza e deterrenza sono d’accordo, ma secondo me è importante definire chiaramente quali siano i contenuti illegali trasmessi attraverso internet che vanno controllati o tolti, affinché la libertà di espressione non sia violata. In quest’ ambito, lei ha per esempio accennato a intenti criminali e a intenti ostili, mettendoli sullo stesso piano. Non credo che i due tipi di intenti siano paragonabili; l’ostilità non è necessariamente criminalità. Per questo bisogna essere molto chiari e circostanziati nella definizione dei contenuti illegali.

Ho anche dubbi sulla necessità di collaborazione delle piattaforme internet nel rimuovere sistematicamente i contenuti illegali: anche questa collaborazione può essere pericolosa per la libertà di espressione e la libertà di stampa. Basti pensare alla maniera in cui Google ha deciso di eliminare dai propri meccanismi di ricerca informazioni e siti considerati “estremisti”. Anche in questo caso, siamo alla presenza di un’arbitraria equiparazione: estremista non è criminale. Ritengo che la decisione di Google sia una forma di “collaborazione” delle piattaforme internet che produce effetti più che rischiosi dal punto di vista delle libertà.

Russia, Siria e migrazione al Consiglio europeo

Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. Strasburgo, 5 ottobre 2016.

Punto in agenda: Preparazione della riunione del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016
Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione

Presenti al dibattito:
Jean-Claude Juncker – Presidente della Commissione europea
Ivan Korčok – Rappresentante plenipotenziario del governo per la presidenza slovacca del Consiglio dell’UE

Grazie Presidente Juncker. Riparlerete di rifugiati, ma non so se cercherete per davvero soluzioni. Mi chiedo se andrete alle radici della crisi, parlando del primo nemico in Siria – Isis, Al Qaeda – e immaginando un rapporto con Mosca alternativo al disordine mentale che regna in Usa: da una parte la rottura del dialogo annunciata da Obama, dall’altra la saggezza di Jimmy Carter: “Urge una co-leadership russo-americana”, e questo nonostante le violenze russe a Aleppo.

Non so nemmeno come discuterete il referendum ungherese: se Orbán vi convincerà che un referendum invalido lui lo renderà valido, con più muri ancora.

Una cosa soltanto so: che se non cominciamo a organizzare la convivenza con i rifugiati, l’Exit ci mangerà i cervelli. Perché l’Exit generalizzato è paura, rinuncia, nazionalismi. È pagare dittatori e Stati in guerra perché si tengano i fuggitivi: Eritrea, Sudan, e ora Afghanistan. È la fine dell’Unione, che le frontiere dovrebbe proteggerle, ma per meglio poterle riaprire.

Conseguenze della sentenza della CGUE che invalida la decisione “Approdo sicuro” con gli Stati Uniti

Intervento di Barbara Spinelli in occasione della Sessione Plenaria di Bruxelles, 14 ottobre 2015

  • Punto in Agenda:
    Conseguenze della sentenza della CGUE che invalida la decisione “Approdo sicuro” con gli Stati Uniti
    Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione (Consiglio: Nicolas Schmit – Ministro del lavoro, dell’occupazione e dell’economia sociale e solidale del Lussemburgo / Commissione: Věra Jourová – Commissario europeo per la giustizia, i consumatori e la parità di genere)

Di fronte al verdetto della Corte di giustizia, che invalida la decisione della Commissione sul trasferimento dati verso gli Stati Uniti, constatiamo due fatti incoraggianti. Primo: c’è un giudice a Lussemburgo, a far prevalere l’Europa dei diritti sugli arbìtri dei mercati. Secondo: ci sono semplici cittadini, a difenderci dai soprusi e a ottenere ciò che il Parlamento non ha ottenuto con tante risoluzioni. Il giovane Schrems è uno di questi. La sua battaglia a tutela del diritto l’ha condotta sul solco di Snowden, nominato dal nostro gruppo per il Premio Sacharov assieme ad altri whistleblower. Dopo ben tre sentenze della Corte sulla protezione dati, ritengo sia più che mai necessario rivedere tutti gli attuali negoziati in materia e promuovere un bill of rights digitale dell’Unione, fondato sui principi già contenuti nella Carta, simile al marco civil adottato in Brasile nel 2014.

Relazione del Senato USA sul ricorso alla tortura da parte della CIA: proposta di risoluzione comune

Il Parlamento ha adottato lo scorso 11 febbraio 2015 la proposta di risoluzione comune sulla relazione del Senato USA sul ricorso alla tortura da parte della CIA con 363 voti a favore, 290 contro e 48 astensioni.

Ho co-firmato e votato a favore di questa importante risoluzione che riconosce, fra l’altro, la sentenza del tribunale italiano che ha condannato in contumacia 26 cittadini americani (tra cui un ufficiale dell’Aeronautica e 25 della Cia – 5 erano diplomatici cui è stata negata qualsiasi immunità), e due agenti italiani per il loro coinvolgimento, nel 2003, nel sequestro dell’imam di Milano, Abu Omar, grazie alle indagini condotte dai procuratori aggiunti Armando Spataro e Ferdinando Enrico Pomarici.

La risoluzione, inoltre, incarica la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE), in associazione con la commissione per gli affari esteri (AFET) e, in particolare, la sottocommissione per i diritti dell’uomo (DROI), di riprendere l’indagine sui “presunti casi di trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della CIA” e di riferire in merito all’Aula del Parlamento entro un anno (Paragrafo 8 della Risoluzione).

La risoluzione, inoltre, incarica la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE), in associazione con la commissione per gli affari esteri (AFET) e, in particolare, la sottocommissione per i diritti dell’uomo (DROI), di riprendere l’indagine sui “presunti casi di trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della CIA” e di riferire in merito all’Aula del Parlamento entro un anno (Paragrafo 8 della Risoluzione).

Ecco il testo della risoluzione comune:

Il Parlamento europeo,

–  visto il trattato sull’Unione europea (TUE), in particolare gli articoli 2, 3, 4, 6, 7 e 21,

– vista la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare gli articoli 1, 2, 3, 4, 18 e 19,

– vista la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e i relativi protocolli,

– visti i pertinenti strumenti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, in particolare il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 16 dicembre 1966, la convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 10 dicembre 1984 e i relativi protocolli nonché la convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate del 20 dicembre 2006,

– viste le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo nelle cause al-Nashiri contro Polonia, Abu Zubaydah contro Lituania, Husayn (Abu Zubaydah) contro Polonia, El-Masri contro ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Nasr e Ghali contro Italia, e al-Nashiri contro Romania,

– vista la sentenza del tribunale italiano che ha condannato in contumacia 22 agenti della CIA, un pilota dell’aeronautica e due agenti italiani per il loro coinvolgimento, nel 2003, nel sequestro dell’imam di Milano, Abu Omar,

– vista la sua risoluzione del 6 luglio 2006 sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di persone, adottata in una fase intermedia dei lavori della commissione temporanea(1),

– vista la sua risoluzione del 14 febbraio 2007 sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri(2),

– vista la sua risoluzione dell’11 settembre 2012 sui presunti casi di trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della CIA: seguito della relazione della commissione TDIP del Parlamento europeo(3),

– vista la sua risoluzione del 10 ottobre 2013 sui presunti casi di trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della CIA(4),

– visto lo studio della commissione ad hoc del Senato degli Stati Uniti per i servizi segreti sul programma di detenzione e interrogatori della CIA e il suo ricorso a varie forme di tortura sui detenuti tra il 2001 e il 2006,

– viste le sue risoluzioni su Guantánamo, compresa la più recente, del 23 maggio 2013, su Guantánamo: sciopero della fame dei prigionieri(5),

– viste le conclusioni del Consiglio sui diritti fondamentali e lo Stato di diritto e sulla relazione della Commissione del 2013 sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Lussemburgo, 5 e 6 giugno 2014),

– vista la sua risoluzione del 27 febbraio 2014 sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea (2012)(6),

– vista la comunicazione della Commissione, del 19 marzo 2014, intitolata “Un nuovo quadro dell’UE per rafforzare lo Stato di diritto” (COM(2014)0158),

– vista la relazione della Commissione, del 3 febbraio 2014, intitolata “Relazione dell’Unione sulla lotta alla corruzione” (COM(2014)0038),

– vista la sua risoluzione del 12 marzo 2014 sul programma di sorveglianza dell’Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, sugli organi di sorveglianza in diversi Stati membri e sul loro impatto sui diritti fondamentali dei cittadini dell’UE, e sulla cooperazione transatlantica nel campo della giustizia e degli affari interni(7),

– vista la direttiva 2012/29/UE, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio,

– visto l’articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,

A. considerando che il rispetto dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto è un elemento essenziale di politiche antiterrorismo efficaci;

B. considerando che il Parlamento ha ripetutamente condannato il programma di detenzioni segrete e consegne straordinarie della CIA, che ha comportato molteplici violazioni dei diritti umani, compresi l’uso della tortura e di altri trattamenti disumani o degradanti, sequestri, detenzioni segrete, detenzioni senza processo, nonché violazioni del principio di non respingimento;

C. considerando che, nonostante la loro peculiare natura, le politiche di sicurezza nazionale e antiterrorismo non sono esenti dal principio di responsabilità e che le violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani non possono restare impunite;

D. considerando che l’assunzione di responsabilità in relazione alle consegne straordinarie, ai sequestri, alle detenzioni segrete illegali e alla tortura è essenziale per proteggere e promuovere efficacemente i diritti umani nelle politiche interne ed esterne dell’UE e assicurare politiche di sicurezza legittime ed efficaci fondate sullo Stato di diritto;

E. considerando che il Parlamento ha più volte ribadito la necessità di indagini a tutto campo sulla collaborazione degli Stati membri al programma di detenzioni segrete e consegne straordinarie della CIA;

E. considerando che il precedente Parlamento, nella sua risoluzione del 10 ottobre 2013(8), invita l’attuale Parlamento a proseguire nell’adempimento ed esecuzione del mandato conferitogli dalla commissione temporanea sul presunto utilizzo dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegale di prigionieri e, di conseguenza, ad assicurare che sia dato seguito alle sue raccomandazioni, a esaminare i nuovi elementi che possono emergere, nonché a utilizzare appieno e sviluppare ulteriormente i propri diritti d’inchiesta;

G. considerando che la relazione della commissione ad hoc del Senato degli Stati Uniti per i servizi segreti rivela nuovi fatti che rafforzano le accuse secondo cui alcuni Stati membri dell’UE, le loro autorità, nonché funzionari e agenti dei loro servizi di sicurezza e intelligence sarebbero stati complici nel programma di detenzioni segrete e consegne straordinarie della CIA, talvolta mediante pratiche di corruzione basate sull’offerta di ingenti somme di denaro da parte della CIA in cambio della loro collaborazione;

H. considerando che la relazione della commissione ad hoc del Senato degli Stati Uniti per i servizi segreti confuta le dichiarazioni della CIA secondo cui grazie alla tortura sarebbero state rivelate informazioni che non sarebbe stato possibile ottenere mediante tecniche di interrogatorio tradizionali e non violente;

I. considerando che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si era impegnato a chiudere entro gennaio 2010 Guantánamo Bay, una struttura nella quale sono detenute 122 persone che non sono state formalmente accusate dinanzi a un tribunale penale, inclusi 54 detenuti che hanno ufficialmente ottenuto l’autorizzazione al rilascio;

1. si compiace della decisione della commissione ad hoc del Senato degli Stati Uniti per i servizi segreti di pubblicare una sintesi della sua relazione sul programma di detenzioni e interrogatori della CIA; incoraggia la pubblicazione integrale della relazione, senza eccessive e inutili revisioni;

2. esprime il suo orrore e la sua ferma condanna per le raccapriccianti pratiche di interrogatorio che hanno caratterizzato tali operazioni antiterroristiche illegali; sottolinea la conclusione fondamentale del Senato degli Stati Uniti, secondo cui i metodi violenti applicati dalla CIA non hanno permesso di ottenere le informazioni necessarie a prevenire nuovi attacchi terroristici; ribadisce la sua condanna assoluta della tortura;

3. ritiene che il clima di impunità concernente il programma della CIA abbia favorito il protrarsi delle violazioni dei diritti fondamentali, come evidenziato anche dai programmi di sorveglianza di massa dell’Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dai servizi segreti di vari Stati membri dell’UE;

4. invita gli Stati Uniti a indagare sulle molteplici violazioni dei diritti umani causate dai programmi di consegne straordinarie e detenzioni segrete della CIA e a perseguirne gli autori, nonché a cooperare con tutte le richieste degli Stati membri dell’UE in materia di informazione, estradizione o mezzi di ricorso efficaci per le vittime in relazione al programma della CIA;

5. ribadisce il suo invito agli Stati membri affinché indaghino sulla presunta esistenza, sul loro territorio, di prigioni segrete che avrebbero ospitato detenuti nell’ambito del programma della CIA e affinché perseguano le persone coinvolte in tali operazioni, tenendo conto di tutti i nuovi elementi di prova emersi;

6. esprime preoccupazione in merito agli ostacoli posti alle indagini parlamentari e giudiziarie a livello nazionale relative al coinvolgimento di alcuni Stati membri nel programma della CIA, all’abuso del segreto di Stato e all’indebita classificazione di documenti, con la conseguente cessazione dei procedimenti penali e l’impunità di fatto dei responsabili delle violazioni dei diritti umani;

7. chiede l’adozione di una strategia interna dell’UE sui diritti fondamentali e invita la Commissione a proporre l’adozione di tale strategia e di un relativo piano d’azione;

8. incarica la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, in associazione con la commissione per gli affari esteri e, in particolare, la sottocommissione per i diritti dell’uomo, di riprendere l’indagine sui “presunti casi di trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della CIA” e di riferire in merito all’Aula entro un anno:

– dando seguito alle raccomandazioni formulate nella sua risoluzione dell’11 settembre 2012 sui presunti casi di trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della CIA: seguito della relazione della commissione TDIP del Parlamento europeo(9),

– facilitando e sostenendo l’assistenza giuridica e la cooperazione giudiziaria reciproche nel rispetto dei diritti umani tra le autorità responsabili delle indagini nonché la cooperazione tra gli avvocati coinvolti nella determinazione delle responsabilità negli Stati membri;

– organizzando un’audizione alla quale partecipino i parlamenti nazionali e i professionisti per fare un bilancio di tutte le inchieste parlamentari e giudiziarie passate e in corso;

– organizzando una missione d’inchiesta parlamentare che coinvolga tutti i gruppi politici interessati degli Stati membri dell’UE che presumibilmente ospitavano siti di detenzione segreta;

– raccogliendo tutte le informazioni e gli elementi di prova pertinenti su possibili tangenti o altri atti di corruzione in relazione al programma della CIA;

9. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

 

Antonio Cantaro: se il Ttip espelle i popoli

Articolo di Antonio Cantaro pubblicato su «Il Manifesto», 4 dicembre 2014

Se l’Accordo di Par­te­na­riato Tran­san­tla­tico (Ttip) dovesse andare in porto, quel giorno i popoli euro­pei avranno avuto il loro car­tel­lino rosso. Espulsi dall’amico ame­ri­cano da un campo di gioco che un tempo era ter­ri­to­rio e spa­zio pre­si­diato dagli Stati sovrani euro­pei. Con il Ttip viene, infatti, messa in mora quella forma di Stato della quale ancora, sem­pre più stan­ca­mente, van­tiamo nelle nostre aule di Giu­ri­spru­denza le magni­fi­che e pro­gres­sive sorti. Per gli apo­stoli del libero scam­bio lo Stato sicu­rezza, lo Stato di diritto, lo Stato sociale costi­tui­scono resi­dui di un ancien régime che ille­git­ti­ma­mente osta­co­lano la bene­fica con­cor­renza tra le nazioni, la cre­scita mon­diale, la dif­fu­sione del benessere.

I fau­tori del Ttip vogliono libe­rarci. Abbat­tere le bar­riere nor­ma­tive al com­mer­cio tra Stati Uniti ed Unione Euro­pea (le dif­fe­renze nei regolamenti tec­nici, nelle norme e nelle pro­ce­dure di omo­lo­ga­zione), aprire entrambi i mer­cati dei ser­vizi, degli inve­sti­menti, degli appalti pubblici.

Sostan­zial­mente una totale libe­ra­liz­za­zione del com­mer­cio tran­sa­tlan­tico. Un mer­cato comune che pro­cu­rerà van­taggi all’industria auto­mo­bi­listica delle due sponde dell’Atlantico, a quella chi­mica e far­ma­ceu­tica del Regno Unito; e che, di con­verso, pena­liz­zerà l’agro-alimentare dei paesi medi­ter­ra­nei. Ma che – ci assi­cu­rano — pro­cu­rerà van­taggi dif­fusi e mira­bo­lanti bene­fici siste­mici.
Sulla base di con­tro­verse ed incerte pro­ie­zioni, di una mes­sia­nica fidu­cia glo­ba­li­sta, si trat­tano gli ordi­na­menti di Stati ancora for­mal­mente sovrani come pro­dotti da met­tere in con­cor­renza per espun­gere i meno ido­nei a sod­di­sfare le attese degli inve­sti­tori. Capo­vol­gendo l’idea tra i comuni mor­tali, che gli ordi­na­menti giu­ri­dici rap­pre­sen­tano il qua­dro entro il quale si svolge la com­pe­ti­zione eco­no­mica e non uno degli oggetti di essa.

Dar­wi­ni­smo nor­ma­tivo che pri­vi­le­gia i rap­porti mate­riali di forza sui rap­porti giu­ri­dici. Capi­ta­li­smo anar­chico che distrugge gli stessi fon­da­menti isti­tu­zio­nali dell’economia di mer­cato.
L’ennesimo licen­zia­mento senza giu­sta causa. Que­sta volta il ber­sa­glio è lo Stato euro­peo. Lo Stato sicu­rezza, in primo luogo.

La rimo­zione delle bar­riere nor­ma­tive com­pro­mette, infatti, con­so­li­date garan­zie a tutela dei lavo­ra­tori, dei con­su­ma­tori, della salute, dell’ambiente. Con­trolli, eti­chet­ta­ture, cer­ti­fi­ca­zioni potreb­bero essere con­si­de­rate bar­riere indi­rette al libero scam­bio in set­tori cru­ciali quali la chimica-farmaceutica, la sanità, l’auto, l’istruzione, l’agricoltura, i beni comuni, gli stru­menti finan­ziari: è tipi­ca­mente il caso degli orga­ni­smi gene­ti­ca­mente modi­fi­cati, la cui intro­du­zione mas­siva nell’agricoltura euro­pea è stata finora ral­len­tata da una serie di regole ispi­rate all’europeo prin­ci­pio di precauzione.

Ma il car­tel­lino rosso degli apo­stoli del libero scam­bio non rispar­mia nem­meno i prin­cipi dello Stato di diritto. Il Ttip rende, infatti, pos­si­bile citare in giu­di­zio l’Unione e gli Stati nazio­nali, vani­fi­cando la pre­ro­ga­tiva pub­blica di eser­ci­tare il potere giu­di­zia­rio sul pro­prio ter­ri­to­rio. Le con­tro­ver­sie com­mer­ciali ver­reb­bero affi­date a spe­ciali corti extra­ter­ri­to­riali. Le mul­ti­na­zio­nali sareb­bero auto­riz­zate a tra­sci­nare in giu­di­zio governi, aziende, ser­vizi pub­blici rite­nuti non com­pe­ti­tivi, a esi­gere com­pen­sa­zioni per i man­cati gua­da­gni dovuti a regimi del lavoro con­si­de­rati troppo vin­co­lanti, a leggi ambien­tali giu­di­cate troppo severe.

Car­tel­lino rosso, infine, anche per lo Stato sociale. Il mer­cato comune Europa-Usa dan­neg­gerà interi set­tori del sistema pro­dut­tivo euro­peo. Que­sti per soprav­vi­vere si appel­le­ranno, in nome del supe­riore inte­resse a non dein­du­stria­liz­zare il Vec­chio Con­ti­nente, all’inderogabile esi­genza di ulte­riori tagli alla tas­sa­zione. E, quindi, alla spesa pub­blica, alle poli­ti­che di wel­fare. Un accordo, insomma, colmo di agguati che rischia di spaz­zare il buono che c’è nell’acquis com­mu­ni­taire. Sono, insomma, in discus­sione disci­plina e diritti che costi­tui­scono un ele­mento iden­ti­fi­ca­tivo dell’european way of life.

Sor­prende il silen­zio com­plice delle classi diri­genti dei paesi medi­ter­ra­nei rispetto all’Accordo di Par­te­na­riato Tran­sa­tlan­tico, ade­rendo al quale il pro­gramma di libe­ra­liz­za­zioni subi­rebbe un’escalation desti­nata a can­cel­lare ogni trac­cia di auto­no­mia poli­tica, eco­no­mica, cul­tu­rale dell’Europa.

Bar­bara Spi­nelli ha pro­po­sto una rap­pre­sen­ta­zione spie­tata di que­sto silen­zio. «Re dor­mienti» che hanno dimen­ti­cato cosa siano una corona e uno scet­tro, ignari dei costi che il mer­cato comune Europa-Usa com­porta per i paesi dell’Unione, in par­ti­co­lare per quelli mediterranei.

Serve qual­cosa che asso­mi­gli a quei con­tro­mo­vi­menti sui quali, a suo tempo, si arro­vel­la­rono Marx, Polany, Gram­sci. Pode­mos? Io penso di sì.