Gli anni bellissimi del Presidente Conte

COMUNICATO STAMPA

Strasburgo, 12 febbraio 2019. Barbara Spinelli (GUE/NGL) è intervenuta nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo nella “Discussione con il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana Giuseppe Conte sul futuro dell’Europa”, alla presenza del Commissario europeo Jyrki Katainen.

Di seguito l’intervento:

Ho una domanda, caro Presidente Conte.

Siccome non vedo l’Unione capace allo stato attuale di divenire una Comunità solidale e non discriminatoria, né sulla migrazione né sulle regole di bilancio. Siccome non credo che il reddito di cittadinanza, pure indispensabile in Italia, sia in grado di superare i difetti del sussidio Harz IV, ormai riconosciuti nella stessa Germania. Siccome vedo che la destra estrema sta prendendo il sopravvento sui Cinque Stelle, imponendo la propria agenda su punti cruciali, vorrei chiederle – e la domanda è seria perché temo il momento in cui la Lega abbraccerà forze di destra che vogliono la caduta del suo governo, porti ancora più chiusi e strategie di regime change in Venezuela: sulla base di quali previsioni, di quale studio della realtà, di quali dati di fatto ritiene, come ha detto il primo febbraio in un’intervista, che quest’anno e gli anni successivi saranno “bellissimi”?

Pacchetto asilo: il Consiglio è colpevole di omissione di atti dovuti

COMUNICATO STAMPA

Strasburgo, 15 gennaio 2019

Barbara Spinelli (GUE/NGL) è intervenuta nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo dedicata alla discussione sulla “Riforma della politica dell’UE in materia di asilo e migrazione alla luce della perdurante crisi umanitaria nel Mediterraneo e in Africa”.

 L’intervento è stato pronunciato a seguito delle dichiarazioni del Consiglio, rappresentato dal Segretario di Stato per gli Affari europei (Presidenza rumena del Consiglio dell’UE) Melania-Gabriela Ciot, e della Commissione, rappresentata dal Commissario europeo per la Migrazione, gli affari interni e la cittadinanza Dimitris Avramopoulos.

«Sempre diciamo che la nostra è un’Unione fondata su diritto. È falso: sulle politiche migratorie non siamo un’unione e violiamo il diritto europeo e internazionale. I soli regolamenti su cui insiste il Consiglio sono quelli securitari – guardia frontiera, rimpatri – che esternalizzano gli obblighi d’asilo.

I dossier basati sulla solidarietà: tutti in blocco seppelliti. È passato un anno e mezzo e il Consiglio ancora non è in grado di presentarci controproposte su Dublino Quattro. Gli altri dossier – qualifiche per protezione internazionale, reinsediamenti – sono fermi da un anno, sempre per colpa del Consiglio.

Il risultato è davanti ai nostri occhi: litigi tra Stati membri; criminalizzazione della Ricerca e Salvataggio; accordi ad hoc fra Stati UE per aggirare le norme, comprese quelle di Dublino Tre; infine consegna di migranti ai Lager libici –  sono campi di morte, Signora Presidente del Consiglio, è insensato difendere le intese con Tripoli. Il Consiglio è colpevole di omissione di atti dovuti e la Corte dovrebbe occuparsene. Ha ragione il commissario Avramopoulos: The time is now!».

Le parole sul deficit e quelle sul sindaco di Riace

Strasburgo, 3 ottobre 2018 

Barbara Spinelli è intervenuta nella sessione plenaria del Parlamento europeo in seguito alle dichiarazioni di Consiglio e Commissione europea su “Emergenza umanitaria nel Mediterraneo: sostenere le autorità locali e regionali”.

Presenti al dibattito:

–      per il Consiglio europeo, Juliane Bogner-Strauß, ministro federale delle donne, della famiglia e della gioventù 

–      per la Commissione europea, Günther Oettinger, commissario per la Programmazione finanziaria ed il bilancio

 Di seguito l’intervento:

“La Commissione si allarma per il possibile deficit spending in Italia – ricordo che i poveri assoluti sono nel mio paese cinque milioni – ma approva una legge sulla sicurezza che decurta i permessi umanitari, toglie certezza legale ai richiedenti asilo, elimina fondi per le strutture municipali di accoglienza migranti. Dice Draghi che ci sono parole che creano danni alle imprese, ma le parole di Salvini sul sindaco di Riace, arrestato ieri per favoreggiamento dell’immigrazione e irregolarità minori, sono benevolmente ignorate. “Sei uno zero”, ha detto il ministro di chi, con fondi in diminuzione, ha salvato un intero villaggio dallo spopolamento integrando i profughi.

Non parlo solo dell’Italia: arresti e violenze contro chi facilita accoglienza e integrazione si moltiplicano. Cédric Herrou, Diego Dumont, il sindaco Mimmo Lucano: la lista si sta allungando, Commissario Oettinger, e vorrei sapere se questo allarma anche lei”.

Libia, le responsabilità dell’Unione

di mercoledì, Settembre 12, 2018 0 Permalink

Strasburgo, 11 settembre 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. 

Punto in agenda:

La situazione di emergenza in Libia e nel Mediterraneo

  • Dichiarazione del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

Presenti al dibattito:

  • Federica Mogherini – Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

Domani il Presidente Juncker proporrà di federalizzare la difesa delle frontiere UE: non per metter fine ai morti in mare con una politica comune di salvataggi e reinsediamenti, ma per facilitare i rimpatri. Mi rivolgo dunque alla Commissione. Vorrei sapere quanti morti sono necessari perché vi accorgiate che ne siete corresponsabili, avendo estromesso le ONG senza diminuire le fughe. Il push-factor è ben più forte dei pull-factor che volete neutralizzare. Vorrei che ricordiate i rapporti ONU: da due anni dicono che la Libia non è paese sicuro, che esistono Lager. Lo dite a volte anche voi, ma allora perché finanziare carcerieri travestiti da guardie di frontiera, perché appoggiare una politica italiana di respingimenti iniziata ben prima di Salvini, e già condannata sei anni fa dalla Corte di Strasburgo. L’unica cosa che non potrete dire è: non sapevamo il prezzo mortifero degli arrivi diminuiti che continueremo a presentare come un successo.

Il sonno della solidarietà genera mostri

di mercoledì, Giugno 13, 2018 0 , , , , Permalink

Comunicato stampa

Strasburgo, 13 giugno 2018. Barbara Spinelli (GUE/NGL) è intervenuta nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo dedicata a “Emergenze umanitarie nel Mediterraneo e solidarietà all’interno dell’Unione europea, Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione”.

Presenti al dibattito:

  • Monika Panayotova – Vice Ministro incaricato della presidenza bulgara del Consiglio dell’UE nel 2018
  • Dimitris Avramopoulos – Commissario europeo per la Migrazione, gli affari interni e la cittadinanza

Di seguito l’intervento:

«Dal 2012 l’Italia è stata condannata tre volte dalla Corte di Strasburgo, per respingimenti collettivi attuati da governi pro-establishment. Ricordiamocelo, evocando l’iniqua chiusura dei suoi porti alla nave Aquarius.

In Italia si discute sulle colpe di Malta. È comprensibile, ma Malta non aderisce purtroppo alle riforme delle convenzioni SAR e Solas relative ai salvataggi in mare, e considera di non avere gli obblighi di firmatari come l’Italia. Ancora: Macron accusa Roma di cinismo, ma cinicamente chiude i confini con l’Italia.

Teniamo conto di queste cose, nel criticare il governo Conte. Soprattutto, teniamo conto della paralisi negoziale su Dublino IV: il sonno della solidarietà genera mostri quasi ovunque nell’Unione.

Per questo appoggio la proposta di Verhofstadt: un ricorso del Parlamento ai sensi dell’articolo 265, per inazione del Consiglio (failure to act). Per questo approvo il no del governo italiano alle ultime proposte della presidenza bulgara sulla riforma di Dublino».

La Polonia e l’articolo 7

di mercoledì, Giugno 13, 2018 0 , , Permalink

Comunicato stampa

Strasburgo, 13 giugno 2018. Barbara Spinelli (GUE/NGL) è intervenuta nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo dedicata a “Indipendenza del potere giudiziario in Polonia. Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione”

Di seguito l’intervento:

«Nel marzo scorso il Parlamento ha approvato la decisione della Commissione di attivare l’articolo sette-uno. Circolano ora voci insistenti secondo cui una parte della Commissione, attenta a inquietudini che si manifestano nel Consiglio, sarebbe pronta a sospendere ogni decisione a riguardo. Le stesse voci adombrano l’ipotesi di un passaggio del Pis al PPE: un mossa che garantirebbe a Varsavia l’ombrello di cui gode l’Ungheria.

Al vicepresidente Timmermans, che ringrazio per la sua costanza, domanderei un chiarimento in merito alle reali intenzioni della Commissione e alle scadenze che ha in mente di qui alla fine della legislatura.

Il rischio, in caso di congelamento, è che l’Unione appaia disarmata di fronte a possibili degenerazioni della rule of law al suo interno. In tal caso, meglio non attivare affatto l’articolo sette, piuttosto che ammettere così apertamente la nostra incapacità di agire».

Il blocco delle navi è frutto velenoso del blocco negoziale sulla riforma di Dublino

di martedì, Giugno 12, 2018 0 , , , , Permalink

Comunicato stampa

Strasburgo, 12 giugno 2018

Barbara Spinelli (GUE/NGL) è intervenuta nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo dedicata a “Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione – Preparazione del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018”.

Di seguito l’intervento:

“Premetto che concordo con Vincent Cochetel, Inviato dell’Onu: la solidarietà europea non va discussa mentre arriva una nave di migranti sofferenti. La priorità è dar loro subito il porto più sicuro. Non farlo è illegale.

Al tempo stesso, dobbiamo riconoscere che l’Italia resta il Paese che per primo registra gli arrivi e ne è responsabile, e che nessuna riforma di questa regola iniqua è in vista.

Il blocco delle navi è frutto velenoso del blocco negoziale su Dublino IV, e usa i migranti come ostaggi. Se il Consiglio europeo cercherà l’unanimità su Dublino, come chiede Angela Merkel, sbatterà contro un muro e confermerà che c’è del marcio nell’Unione.

Al mio governo vorrei dire: fate vostra la riforma del Parlamento, ha difetti, vero, ma è la più avanzata possibile. Gran parte del Consiglio vuole ucciderla. Guardatevi da alleati come Orbán: non accetterà redistribuzioni automatiche di quote. Non è amico del governo italiano”.

Democrazia in bilico nell’Unione europea

Intervento di Barbara Spinelli alla tavola rotonda “Democracy in the EU: between Theory and Practice”, Istituto Universitario Europeo, Firenze 27 aprile 2018

Partecipanti alla tavola rotonda: Armin von Bogdandy, direttore dell’Istituto MaxPlanck di Diritto Pubblico Comparato e Diritto Internazionale, e Mercedes Bresso, deputata del Parlamento Europeo (S&D)

Some preliminary remarks are necessary.

When we speak about democracy and rule of law – i.e. constitutional democracy, a system which is much more than a simple reflection of the will of a majority, and which ensures the separation of powers and strong institutional guarantees for the minorities – we should distinguish between democracy within the Union and democracy of the Union: because we have two levels of decision making, two levels of parliamentary control and as a consequence two levels of sovereignties. Constitutional democracy is today threatened at both national and supranational level. Moreover, we should bear in mind that there are other sovereignties, which have a substantial weight but are not codified nor democratically controlled: I’m referring in a specific way to the market forces, and to the famous formula coined in 1998 by Hans Tietmeyer, at the time President of the Bundesbank, according to whom there is, in parallel to national elections, the “permanent plebiscite of the international markets”. Tietmeyer defended the legitimacy of such plebiscite, equating the latter to the legitimacy of democratic elections: a very questionable short circuit to say the least. Finally there are regional sovereignties, which are becoming more and more important and challenging from the point of view of democracy and rule of law – I’m referring to the Northern Irish or Scottish or Catalan cases – and which are the result of the progressive erosion of national sovereignties, combined with ill-defined democratic rules at supranational level. In the case of Northern Ireland, the citizens’ right to determine their future and their borders is codified in international treaties like the Good Friday Agreement. Future developments of a more decentralized, regional Union could learn much from this treaty.

Let’s begin with democracy in the Union, even if I’m perfectly aware of the intertwining of the different levels I mentioned:

What we are facing today is a double erosion: erosion of the constitutions in the Member States (strong tendency, except in Germany, to emulate the French model of centralisation and pre-eminence of the executives) and erosion of the popular sovereignties (increasingly calling into question of the universal suffrage, as expressed in national elections). This evolution is enhanced by the direct involvement of the EU Commission and of the ECB in electoral competitions, as we have seen in Greece, and by the aversion often demonstrated by these institutions to the constraints set by national elections or referenda. I remember what Mario Draghi said after a delicate Italian election, in 2013: elections come and go, since the EU is composed by democratic States, but one thing remains sure: “Structural budget reforms and fiscal adjustments will continue on automatic pilot“.

The EU Commission and the European Parliament are very active on democracy and rule of law: in relation to Poland, Hungary and other Countries of Eastern Europe like Slovakia. I’m very in favour of such EU struggles, but there is a danger that Eastern Europe, because of ill-defined enlargements in 2004, becomes a sort of convenient punching-bag for the EU, hiding the fact that there is a problem of democracy in the Union as a whole, not only in the East. The strict criteria established since 1993 for the accession countries – the so called Copenhagen criteria – cease to operate once a country has joined the Union as a full member. It’s called the Copenhagen dilemma and it’s still not solved.

And now democracy of the Union:

We are experiencing a progressive shirking of responsibilities towards citizens by EU institutions – Commission, Council, EU agencies – and the European Parliament is not always the exception as we shall see. The increasing power of such institutions goes hand in hand with a deliberate avoidance of responsibility towards citizens not only from a political point of view but also from a judicial one. Such power without responsibility is exerted in different ways, through semantic and political escamotages, and explains the growing disrespect – in EU policies – of the Charter of fundamental rights, the European Convention of human rights, the Court of justice, the European Court of human rights.

As regards the austerity memoranda, the democratic retrogression is evidenced by the way in which the Commission denies its involvement and accountability in policy decisions which are taken by the European Stability Mechanism (ESM, that is an intergovernmental organization), but are nevertheless negotiated, supported and implemented by the Commission and the ECB (the ex-troika). Some ideas are circulating about the reform of the Eurozone and its governance, proposing the transformation of the ESM in an EU Monetary Fund (EMF) with full veto power over Member States’ budget decisions: an even more disturbing evolution, if adopted.

As regards the EU-Turkey agreement on migration, the deal was negotiated by the States but implemented and financed by the Commission: it received a particular name (it was called statement), in order to avoid the control on international treaties normally exercised by the European Parliament.

As regards finally the trade negotiations, the Commission has an exclusive competence, hence an effective power (albeit limited on certain areas where the competence is shared) but the specific responsibility towards citizens is denied or avoided.

I would like to briefly dwell on the last point: the TTIP negotiations, and the discretionary, opaque power exerted by the Commission in this field. In this case the responsibility is not denied – it is on the contrary strongly defended against interferences by the Member States – but at the same time it is restricted and re-interpreted in its relations with the EU citizens. What I call into question, in this case, is not the communitarisation of national trade policies. The federal evolution of the EU is a good thing, but federalism is not an end in itself. It has been originally thought as an instrument intended to facilitate and consolidate policies aimed at enhancing democracy, rule of law, social cohesion and – last but not least – peaceful external policies, in the States belonging to the Union. The federal instrument makes sense if conceived as a bulwark against the return of aggressive nationalisms and centralistic dictatorships in Europe, as well as against social injustice, inequality and poverty. Too many elements of such project are missing in today’s Union. Re-nationalisation of EU policies won’t certainly do the trick, but “more of this Europe” – even if you call it federalist – won’t help.

A vivid example of the wrong use of federalisation and of the transfer of powers to the Commission in trade deals comes from an episode occurred during the TTIP negotiation. When John Hilary, executive Director at War on Want, asked the trade commissioner Cecilia Malmström how she could continue her persistent promotion of the deal – including the most controversial clauses concerning the Investor-state dispute settlement – in the face of massive public opposition, her response – I quote an article written by Hilary in The Independent, on 15 October 2015 – came back icy cold: “I do not take my mandate from the European people”.

So, from whom does Cecilia Malmström take her mandate? Officially, EU commissioners are supposed to take into account the popular will of the Member states, as well as their respective constitutional traditions, and make a synthesis of their diverging aims. Yet the European Commission has carried on the trade negotiations behind closed doors, ignoring the objections coming from the citizens – included a successful Citizens’ Initiative against TTIP – and denying any dependence on them. In reality, as a report from War on Want revealed in autumn 2015, the Commission has been deeply involved in negotiations with lobbies, being dependent (i.e. responsible) on them. Hence the conclusion of John Hilary: “The European Commission makes no secret of the fact that it takes its steer from industry lobbies such as BusinessEurope and the European Services Forum.  It’s no wonder that the TTIP negotiations are serving corporate interests rather than public needs”.

Lack of transparency is an essential ingredient of this misguided conception of the “mandate” granted to the supranational institutions: bodies like the Eurogroup, or the Council’s obscure behaviour in the “trilogues” (decisions negotiated between the Commission, the Council and the Parliament) generate opaque decision making and procedures, out of any democratic control. This is the opinion expressed by the EU Ombudsman, especially on the Council and on the relation between the Commission and the lobbies. I quote a passage of the Mrs O’Reilly’s recommendations of last February: “It is important to note that Member State representatives involved in legislative work are EU legislators and should be accountable as such. Democratic accountability demands that the public should know which national government took which position in the process of adopting EU legislation. Without this “minimum and essential item of evidence”, citizens will never be able to scrutinise how their national representatives have acted. It is also important for national parliaments, in their task of overseeing their own governments’ actions, to be able to know the positions taken by their own government”.

I mentioned the European Parliament, the only really elected body of the EU. On 22 March, the European Court of justice has annulled a decision by the Parliament on transparency of the “trilogues” with a sentence of utmost importance. The Parliament had decided that certain provisional compromises between the three institutions had to remain secret, in order not to hamper negotiations and avoid interferences by lobbies. The Court has denied such dangers, prioritising the citizens’ right to have full knowledge of the decision making in the trilogues.

But let’s be clear on this point: lack of transparency is a symptom, not the disease itself. It makes no sense to have full transparency – as it makes no sense to have a full European sovereignty – if EU policies erode democracies in Member States and are in contradiction with article 2 and 6 of the Treaty. If they are in conflict with the “general principles” of the EU, including the respect of the Charter of fundamental rights, of the European Convention on human rights and of the Constitutional norms of the Member States.

In sostegno delle Ong che difendono i principi dell’articolo 2 del Trattato

Strasburgo, 17 aprile 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo.

Punto in agenda:

Uno strumento per i valori europei a sostegno delle organizzazioni della società civile che promuovono la democrazia, lo Stato di diritto e i valori fondamentali nell’Unione europea

Dichiarazione della Commissione

Presenti al dibattito:

  • Věra Jourová – Commissario europeo per la giustizia, la tutela dei consumatori e l’uguaglianza di genere

Per vari motivi vale la pena creare uno strumento europeo a sostegno delle Organizzazioni della società civile che difendono e promuovono i principi dell’articolo 2 del Trattato [1].

Innanzitutto, vorrei ricordare che il progetto europeo nacque nel dopoguerra non per creare un vasto mercato, ma per proteggere i cittadini dalle malattie della democrazia e dalla povertà che l’aveva devastata. Nacque dalla volontà di Paesi che uscivano dal fascismo, dal nazismo, e via via accolse altri Paesi usciti dalle dittature: Grecia, Portogallo, Spagna, Paesi dell’Est. È ora di tornare alle radici di quel progetto.

Secondo: i meccanismi che proteggono lo stato di diritto nei Paesi membri sono spesso percepiti come congegni top down. Cadono dall’alto, invece di partire dal basso (bottom-up). Per questo è importante sostenere le Ong che si occupano di monitoraggio della rule of law, di patrocinio legale, di contenziosi giudiziari (advocacy e litigation). La crisi dei partiti e la povertà che ritorna danno alle ONG una nuova centralità. Sono loro, spesso, a mediare tra potere e società. La loro forza e indipendenza sono importanti come la forza e l’indipendenza del potere giudiziario e della stampa.

Terzo: l’Unione dedica fondi, e giustamente, per difendere la democrazia in Paesi terzi (inclusi i Paesi candidati). Non spende nulla per le Ong nazionali e locali dell’Unione. È una disparità che va a mio parere superata.

Quarto: il sostegno alle Ong nei Paesi membri è praticamente assicurato, oggi, solo dal Fondo EEA-Norvegia e da associazioni filantropiche. Spesso è percepito come sostegno che viene da fuori, e questo crea malintesi. Anche per superare tali malintesi conviene avere, in parallelo, un comune strumento che faccia capo alle istituzioni europee.

 

[1] Articolo 2 – L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.

I falsi progressi dell’Agenda europea per la migrazione

Bruxelles, 26 marzo 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della discussione congiunta della Commissione Libertà pubbliche (LIBE) con la Commissione per gli Affari esteri (AFET) sull’Agenda per la migrazione:

Relazione sui progressi compiuti in merito all’attuazione dell’agenda europea sulla migrazione. Scambio di opinioni con rappresentanti del SEAE (Servizio europeo per l’azione esterna), della Commissione e del Centro per le politiche migratorie di Firenze

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Seconda relazione annuale sullo strumento per i rifugiati in Turchia

Stato di avanzamento del progetto pilota della Commissione con paesi terzi per la migrazione legale

Ho qualche dubbio sui sondaggi che sono stati presentati dal rappresentante del Centro per le politiche migratorie di Firenze James Dennison (molto ottimisti sull’atteggiamento dei cittadini europei verso gli immigrati) ma non mi concentrerò su questo perché la discussione diverrebbe troppo complessa. Vorrei invece porre alcune domande alla Commissione e al Servizio per l’azione esterna su punti specifici.

Il primo punto riguarda la Turchia: le mie domande vertono sulla questione dei fondi europei messi a disposizione di questo Stato e sulle loro implicazioni strategiche.

Sulla questione dei fondi, diversi giornali europei – tra cui Mediapart, in collaborazione con la European Investigative Collaboration (EIC) – hanno pubblicato in questi giorni un’inchiesta secondo cui ingenti somme di denaro, pari a 83 milioni di euro, sarebbero state versate dall’Unione europea per finanziare l’acquisto da parte delle autorità turche di veicoli militari ed equipaggiamenti di sorveglianza, soprattutto lungo la linea di confine tra Turchia e Siria. È una notizia preoccupante e vorrei avere un chiarimento in merito.

La seconda domanda sulla Turchia concerne l’ultimo rapporto di Human Rights Watch, secondo il quale il refoulement di rifugiati siriani verso la Siria sta raggiungendo cifre molto alte: si parla di centinaia di persone e di numerosi attacchi armati contro i rifugiati.

Il secondo punto riguarda le cosiddette “procedure accelerate” per le richieste di asilo in Grecia. Nel documento della Commissione è scritto che quest’ultima ha chiesto alla Grecia di cambiare le leggi nazionali concernenti le procedure d’asilo in modo da accelerarle al massimo, tramite l’eliminazione della possibilità di ricorso in appello. Vorrei sapere come questa richiesta dell’Unione si concili con il diritto al secondo grado di giudizio: un diritto che esiste nelle leggi nazionali come nelle leggi europee.

Il terzo punto è relativo alle prese di posizione del rappresentante dell’UNHCR in Germania, sia sul rimpatrio dei cittadini afghani sia sulla politica delle quote che i governanti della Grande coalizione vorrebbero adottare.

Secondo l’UNHCR, il rimpatrio degli afghani viola la legge internazionale, perché non esistono zone sicure protette all’interno dell’Afghanistan.

Per quanto riguarda le quote – cito ancora l’UNHCR – nella legge internazionale non esiste un limite massimo per le richieste di asilo.

Un’ultima domanda sul reinsediamento dei rifugiati, previsto dall’accordo con la Turchia e concernente anche i richiedenti asilo trasferiti dalla Libia in Niger. Le quote di resettlement sono ancora molto basse e vorrei sapere come si possano aumentare. Dal Niger sono state reinsediate solo 24 persone, da quel che mi risulta. Ma la cosa che più mi interessa è sapere se il paradigma della politica europea stia cambiando: se cioè il resettlement stia diventando un’alternativa alla richiesta di asilo fatta sul suolo europeo. Tutto questo, sempre per l’UNHCR, è legalmente molto dubbio, perché il resettlement non sostituisce l’accesso individuale alla protezione internazionale. Una cosa non compensa l’altra. Avrei altre domande ma mi fermo qui. Grazie presidente.