Il memorandum italo-libico e la politica di Macron

di Barbara Spinelli

«Il Fatto Quotidiano», 3 febbraio 2020

Alla vigilia del rinnovo del memorandum italo-libico sul contrasto alla migrazione irregolare, stipulato nel febbraio 2017 dal governo Gentiloni, Dunja Mijatovic era stata molto chiara: “Chiedo al governo italiano di sospendere l’attività di cooperazione con la Guardia costiera libica per quanto riguarda il respingimento in Libia delle persone intercettate in mare”, aveva detto venerdì scorso il Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa. Ricordando che il memorandum era destinato a essere automaticamente riconfermato il 2 febbraio, il Commissario deplorava che le autorità italiane non avessero usato questi mesi per “cancellare l’accordo o, come minimo, modificarne i termini”. Modifiche che il ministro Lamorgese aveva garantito, il 6 novembre, ma di cui non risulta esserci traccia il giorno dopo l’automatico rinnovo.

“Il memorandum rimarrà in vigore nella sua formulazione originaria fino a quando non saranno concordati gli interventi migliorativi”: così la Farnesina ha messo nel cassetto i propositi del ministro dell’Interno come se mai fossero esistiti.

Dunja Mijatovic aveva anche fatto capire che le parole e le buone intenzioni sull’evacuazione dei centri di detenzione non sarebbero bastati. Il memorandum andava sospeso, assieme al sostegno offerto alle Guardie costiere, “fino a quando la Libia e le Guardie costiere non saranno in grado di dare concrete garanzie sul rispetto dei diritti umani”. Queste le condizioni minime: migranti e richiedenti asilo devono essere liberati dai campi in cui si trovano (un diplomatico tedesco li definì Lager di morte, anni fa); il ricorso ai corridoi umanitari deve divenire politica dell’Ue e non solo dell’Italia; e nel Mediterraneo va assicurata una presenza sufficiente di navi dedicate alla Ricerca e Soccorso: “Questa tragedia è già durata troppo tempo, e i Paesi europei ne sono responsabili”. Già nel settembre 2017, il predecessore di Mijatovic –Nils Muižnieks – aveva aspramente criticato il ministro Minniti su questi temi.

Sia pure con toni meno forti, il Capo della missione in Libia dell’Unhcr (Alto commissariato per i rifugiati), Jean-Paul Cavalieri, si era espresso in modo non dissimile, l’8 gennaio in un’audizione alla Commissione esteri della Camera. Aveva detto che alcuni progressi esistono, anche se le evacuazioni dei Lager e il reinsediamento in Paesi sicuri degli evacuati restano minimi, ma comunque aveva ribadito una cosa essenziale, che l’Onu va ripetendo dal dicembre 2016: “La Libia non è da considerarsi un porto sicuro di sbarco per i migranti” (“place of safety”, nel linguaggio del diritto internazionale).

Sia il commissario del Consiglio d’Europa sia il capo missione Unhcr hanno puntato il dito su un’evidenza: la violenza della guerra ha enormemente aggravato la situazione nei campi di detenzione, e minacciato la sicurezza di migranti e rifugiati che si aggirano, senza alcuna protezione, nelle città libiche (a tutt’oggi gli sfollati a causa della guerra sono oltre 300.000). È dunque pertinente quanto affermato sull’«Espresso» da Francesca Mannocchi: delle promesse fatte da Lamorgese (riconferma del memorandum, ma negoziando modifiche sostanziali) non sembra esser restato nulla, a parte dichiarazioni vuote. Dichiarazioni che si sono ripetute negli ultimi anni, a Roma come a Bruxelles, anche se da più di tre anni l’Onu ritiene la Libia porto non sicuro.

Che l’Italia non sia l’unica responsabile del disastro è messo in evidenza, come abbiamo visto, sia da Mijatovic che da Cavalieri. Un aspetto non minore della tragedia è infatti la volontà di impotenza mostrata dall’Unione europea a fronte di una guerra che si sta trasformando in un sanguinoso regolamento dei conti geo-politico, che vede al-Sarraj appoggiato da Turchia e Qatar, e Haftar sostenuto da Egitto, Emirati, Arabia Saudita, Russia e Francia. Il 19 gennaio, un vertice mondiale a Berlino ha tentato senza successo di fermare l’escalation bellica: i partecipanti si sono impegnati a non interferire nel conflitto e a “rispettare in pieno l’embargo sulle armi” stabilito nel 2011 dall’Onu. Erano vane parole anche quelle, e le interferenze continuano così come le forniture di armi o mercenari. La Libia è un paese ricco di petrolio e gas naturale: questo il vero oggetto di contesa nel Grande Gioco nel Mediterraneo orientale. In particolare, è l’oggetto di contesa nel conflitto politico-diplomatico che vede contrapporsi i governi di Francia e Italia.

Se il governo italiano ha dunque responsabilità di primo piano per quanto riguarda il flusso dei migranti e il memorandum, altrettanto può dirsi della Francia di Macron. Il divario tra parole e fatti, nel caso francese, è solo più subdolo. Basti ascoltare quanto detto da Macron in occasione della visita in Francia del Premier greco, il 29 gennaio: con parole pesanti ha accusato Erdogan per violazione dell’embargo sulle armi, ma non ha fatto il minimo accenno ai mercenari pro-Haftar del Ciad e del Sudan, ai missili francesi trovati in un quartier generale di Haftar presso Tripoli, e alla violazione dell’embargo da parte di chi – come lui – fiancheggia il generale: Emirati e Giordania, già indicati da un gruppo di esperti Onu, nello scorso dicembre, come fiancheggiatori principali di Tobruk. “La Francia sta dando prova di una grande miopia”, avevano concluso gli esperti.

In questo Grande Gioco non ci sono innocenti, e lo stesso si può dire per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori e la mancanza di politiche di Ricerca e Soccorso nelle acque del Mediterraneo. Divisa com’è, l’Unione fa finta di agire. E se si parla dell’Italia con più severità, è solo perché la Francia di Macron è una potenza, nell’Unione europea, più eguale di quasi tutte altre.

© 2020 Editoriale Il Fatto S.p.A.

Guerra in Libia: chiudere il Mediterraneo è un crimine contro l’umanità

Strasburgo, 16 aprile 2019. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. 

Punto in agenda:

Situazione in Libia

  • Dichiarazione del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

Presenti al dibattito:

  • Federica Mogherini – Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

 

Visto che la terza guerra in Libia non si risolverà pacificamente, chiedo all’Alto Rappresentante di parlar chiaro sui migranti, intrappolati nei Lager libici affinché non vengano da noi.

L’evacuazione dei Lager è limitatissima, conferma l’Onu, dunque Le chiedo quanto segue:

  • che l’operazione Sophia torni subito a dotarsi di navi europee, per impedire naufragi. Il Mediterraneo è l’unica via di fuga: continuare a bloccarla è un crimine contro l’umanità.
  • che la Commissione e il Servizio azione esterna raccomandino agli Stati membri l’immediata cessazione dei rimpatri in un Paese più che mai insicuro.
  • che l’evacuazione sia facilitata da corridoi umanitari, nelle zone di guerra, e che i migranti detenuti ricevano l’acqua e il cibo che manca da giorni.

Vincent Cochetel (inviato speciale dell’UNHCR) ha detto il 9 aprile scorso che nel Mediterraneo non si fa più Search and Rescue, ma Search and Return, e che l’Unione – fornendo alla Libia navi e tecnologie – si rende complice di torture, stupri e schiavitù. Come risponde a queste accuse, Signora Mogherini?

Sospendere la zona SAR della Libia

di martedì, Novembre 27, 2018 0 , , , Permalink

COMUNICATO STAMPA

Bruxelles, 27 novembre 2018. Barbara Spinelli (GUE/NGL) è intervenuta nella sessione della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) sul punto in agenda “La situazione in Libia e nel settore delle operazioni di ricerca e di salvataggio”.
Le audizioni avevano per argomento:

– scambio di opinioni con UNHCR, IMO, IOM, Frontex e l’Osservatorio per la ricerca e il salvataggio per il Mediterraneo (SAROBMED);

– presentazione a cura del servizio giuridico del Parlamento europeo sulla legittimità delle “piattaforme di sbarco regionali ” e dei “centri sorvegliati”, quali proposti nelle conclusioni del Consiglio europeo del 28 giugno 2018.

Di seguito l’intervento:

Pregherei tutte le istituzioni qui presenti di abbandonare il double speech che usano abitualmente quando parlano di profughi in Libia e di soccorso in mare, celebrando ritualmente i diritti dell’uomo nello stesso momento in cui li calpestano. Le pregherei di guardare alle tragedie che succedono veramente al di là del Mediterraneo, e di riconoscere che siamo davanti a un fallimento colossale dell’Unione europea e delle istituzioni internazionali. Fa accezione l’istituto di monitoraggio Sarobmed (Search and Rescue Observatory for the Mediterranean), qui rappresentato dalla professoressa Violeta Moreno-Lax che ringrazio per il suo intervento sulle attività di sorveglianza delle attività di Ricerca e Soccorso.

Anzitutto, la Commissione elogia la diminuzione degli arrivi, ma non dice una sola parola sul parallelo aumento di morti in mare.

Inoltre la zona di ricerca e soccorso (SAR) in Libia è nei database dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), ma è una zona SAR che non può funzionare: perché la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra; perché non ha una politica di asilo; perché non ha le strutture e le capacità per fare search and rescue, e perché, di fatto, non fa search and rescue.

Quello che domando all’IMO, quindi, è se non sia il caso di sospendere la zona SAR libica.

Il rappresentante della Commissione europea ha appena detto che in questo modo si viene in soccorso delle persone in stato di bisogno. Non è vero. All’interrogazione scritta che in 21 parlamentari europei abbiamo inviato all’UNHCR chiedendo chiarimenti sulla situazione dei profughi in Libia, l’Alto commissario Filippo Grandi ha risposto dicendo che l’UNHCR non è ancora in grado di aprire il proprio centro di evacuazione, e che un certo numero di rimpatri volontari è avvenuto verso il Niger, ma che questi rimpatri funzionano solo se l’Unione europea rispetta gli impegni di reinsediamento – e l’Unione europea non rispetta gli impegni di reinsediamento.

Quanto al parere fornito dal Servizio legale del Parlamento europeo sul progetto di istituire “centri sorvegliati” in Europa e “piattaforme di sbarco” al di là del Mediterraneo per i migranti salvati in mare, mi sembra che ormai le prigioni per rifugiati e richiedenti asilo siano presentate come una normalità: la carcerazione dovrebbe essere proporzionale e necessaria, ci assicurano, ma ormai è normalizzata.

Un’ultima cosa: ho rivolto una domanda alla Commissione in nome della deputata Marie-Christine Vergiat, che ha promosso l’interrogazione parlamentare sopra menzionata. Era diventata una domanda orale, in assenza di risposta scritta da parte della Commissione. Vorrei avere una risposta oggi, non una promessa in un secondo periodo. Da Filippo Grandi l’abbiamo già ricevuta, dalla Commissione nulla. Grazie.

Letter to UNHCR on Libya

di lunedì, Settembre 17, 2018 0 , , Permalink

L’eurodeputata Marie Christine Vergiat (GUE/NGL) ha indirizzato una lettera, cofirmata da Barbara Spinelli, a Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, e a Vincent Cochetel, Inviato speciale dell’UNHCR per la rotta del Mediterraneo Centrale:

Brussels, the 12th of September 2017

To Mr. Filippo Grandi, United Nations High Commissioner for Refugees

To Mr. Vincent Cochetel, UNHCR’s Special Envoy for the Central Mediterranean Situation

Over the past two weeks, the situation for refugees detained and stranded in Tripoli has deteriorated due to the escalating violent conflict. Several detention centers in Tripoli were on the frontlines of the conflict between militias. MSF reported that stray rockets have landed next to detention centres and the areas surrounding them have been under fire. Reports show an alarming situation whereby during some days people had no access to food nor water, having led some to die of starvation, while others have been kidnapped by traffickers. In a press release of 6th September, UNHCR said it has received reports “of unspeakable atrocities committed against refugees and asylum-seekers in the streets of Tripoli, including rape, kidnapping and torture”. A mother reported that her one-year old baby was also raped and tortured. UNHCR also reported that traffickers and smugglers have been impersonating UNHCR staff at different locations in Libya to be sold after to traffickers in Libya and subjected to abuse and torture.

Despite the announced ceasefire, the security situation is still of great concern as fighting continues. Transfer from one detention center to another one within the same conflict zone has proven to be of no solution. The supply of food and water has broken down and is only provided now on an ad-hoc basis. We heard reports that international organisations are reducing the size of their teams operating in Libya given the deteriorating security situation.

MSF who operates in Libya has called for an immediate release of all the migrants detained in Libya and an evacuation and expedite resettlement of refugees. UNHCR announced that a Gathering and Departure Facility has been set up and ready for use. We, the undersigned MEPs, also called on the European Commission and the Council last week to ensure an immediate evacuation to a safe place in the EU.

However, we have direct reports that many of the refugees being trapped in Tripoli who are from Eritrea, Somalia, Ethiopia and Darfur have asked to be registered by UNHCR for months now. This is notably the case of refugees held in Abu Salim detention center. Despite their request asked to UNHCR directly, UNHCR has not been registering them and restricted its activities in providing food, water, hygiene and blankets on an ad-hoc basis.

In light of this situation, we, the undersigned MEPs, are urgently calling UNHCR:

– To immediately register all refugees currently trapped in Libya of the seven nationalities that UNHCR is able to register in Libya ;

– To extend the list of nationalities UNHCR is able to register ;

– To proceed to an immediate evacuation to a safe place in the EU ;

– To expedite resettlement of refugees ;


Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL)
Stefan Eck (GUE/NGL)
Barbara Spinelli (GUE/NGL)
Elly Schlein (S&D)
Malin Björk (GUE/NGL)
Marina Albiol Guzmán (GUE/NGL)
Cornelia Ernst (GUE/NGL)
Ana Gomes (S&D)
Sylvie Guillaume (S&D)
Christine Revault d’Allonnes Bonnefoy (S&D)
Barbara Lochbihler (Greens/EFA)
Miguel Urbán Crespo (GUE/NGL)
Ernest Urtasun (Greens/EFA)

Situation of refugees detained and stranded in Tripoli, Libya

di giovedì, Settembre 6, 2018 0 , , Permalink

Di seguito, un’interrogazione scritta, indirizzata alla Commissione e al Consiglio, promossa dall’eurodeputata Marie Christine Vergiat (GUE/NGL) e  cofirmata da Barbara Spinelli.

Over the past week, the situation for refugees detained and stranded in Tripoli has deteriorated due to the escalating violent conflict. Some 8,000 refugees and migrants say they have been abandoned by the international community and are in urgent need of protection, food and medical care. Reports show an alarming situation whereby people have no access to food nor water, having led some to die of starvation, while others have been kidnapped by traffickers.

UNHCR High commissioner has suggested on twitter that UNHCR might pull out of Libya. UNHCR issued yesterday an updated position stating that migrants rescued or intercepted at sea should not be returned to Libya.

  1. What actions is the Commission taking to ensure an evacuation of the refugees trapped in Tripoli to a safe place in the EU ?
  2. Will the Commission suspend its support to the so-called “Libyan coast guards” to ensure people intercepted at sea are not being returned to a place where their lives are in danger?

I falsi progressi dell’Agenda europea per la migrazione

Bruxelles, 26 marzo 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della discussione congiunta della Commissione Libertà pubbliche (LIBE) con la Commissione per gli Affari esteri (AFET) sull’Agenda per la migrazione:

Relazione sui progressi compiuti in merito all’attuazione dell’agenda europea sulla migrazione. Scambio di opinioni con rappresentanti del SEAE (Servizio europeo per l’azione esterna), della Commissione e del Centro per le politiche migratorie di Firenze

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Seconda relazione annuale sullo strumento per i rifugiati in Turchia

Stato di avanzamento del progetto pilota della Commissione con paesi terzi per la migrazione legale

Ho qualche dubbio sui sondaggi che sono stati presentati dal rappresentante del Centro per le politiche migratorie di Firenze James Dennison (molto ottimisti sull’atteggiamento dei cittadini europei verso gli immigrati) ma non mi concentrerò su questo perché la discussione diverrebbe troppo complessa. Vorrei invece porre alcune domande alla Commissione e al Servizio per l’azione esterna su punti specifici.

Il primo punto riguarda la Turchia: le mie domande vertono sulla questione dei fondi europei messi a disposizione di questo Stato e sulle loro implicazioni strategiche.

Sulla questione dei fondi, diversi giornali europei – tra cui Mediapart, in collaborazione con la European Investigative Collaboration (EIC) – hanno pubblicato in questi giorni un’inchiesta secondo cui ingenti somme di denaro, pari a 83 milioni di euro, sarebbero state versate dall’Unione europea per finanziare l’acquisto da parte delle autorità turche di veicoli militari ed equipaggiamenti di sorveglianza, soprattutto lungo la linea di confine tra Turchia e Siria. È una notizia preoccupante e vorrei avere un chiarimento in merito.

La seconda domanda sulla Turchia concerne l’ultimo rapporto di Human Rights Watch, secondo il quale il refoulement di rifugiati siriani verso la Siria sta raggiungendo cifre molto alte: si parla di centinaia di persone e di numerosi attacchi armati contro i rifugiati.

Il secondo punto riguarda le cosiddette “procedure accelerate” per le richieste di asilo in Grecia. Nel documento della Commissione è scritto che quest’ultima ha chiesto alla Grecia di cambiare le leggi nazionali concernenti le procedure d’asilo in modo da accelerarle al massimo, tramite l’eliminazione della possibilità di ricorso in appello. Vorrei sapere come questa richiesta dell’Unione si concili con il diritto al secondo grado di giudizio: un diritto che esiste nelle leggi nazionali come nelle leggi europee.

Il terzo punto è relativo alle prese di posizione del rappresentante dell’UNHCR in Germania, sia sul rimpatrio dei cittadini afghani sia sulla politica delle quote che i governanti della Grande coalizione vorrebbero adottare.

Secondo l’UNHCR, il rimpatrio degli afghani viola la legge internazionale, perché non esistono zone sicure protette all’interno dell’Afghanistan.

Per quanto riguarda le quote – cito ancora l’UNHCR – nella legge internazionale non esiste un limite massimo per le richieste di asilo.

Un’ultima domanda sul reinsediamento dei rifugiati, previsto dall’accordo con la Turchia e concernente anche i richiedenti asilo trasferiti dalla Libia in Niger. Le quote di resettlement sono ancora molto basse e vorrei sapere come si possano aumentare. Dal Niger sono state reinsediate solo 24 persone, da quel che mi risulta. Ma la cosa che più mi interessa è sapere se il paradigma della politica europea stia cambiando: se cioè il resettlement stia diventando un’alternativa alla richiesta di asilo fatta sul suolo europeo. Tutto questo, sempre per l’UNHCR, è legalmente molto dubbio, perché il resettlement non sostituisce l’accesso individuale alla protezione internazionale. Una cosa non compensa l’altra. Avrei altre domande ma mi fermo qui. Grazie presidente.

Tre domande alla Commissione sugli accordi con la Libia

Strasburgo, 12 dicembre 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo.

Punto in agenda:

Situazione dei migranti in Libia. Dichiarazione del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

Presenti al dibattito:

Federica Mogherini – Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

Dimitris Avramopoulos – Commissario responsabile per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza, Commissione europea

Vorrei fare tre domande al Commissario Avramopoulos.

Primo: la sentenza della Corte europea del 2012 sul caso Hirsi. Ho riletto attentamente il verdetto che condannò l’Italia per respingimenti collettivi in Libia e il contesto è identico: la convenzione europea è di nuovo violata, e la Libia resta inaffidabile non avendo ratificato la convenzione di Ginevra. Dove sta la differenza fra il 2009 e oggi?

Secondo: la decisione presa ad Abidjan di evacuare i campi dove avvengono violenze, di attivare un gran numero di rimpatri volontari di migranti, di reinsediarne alcuni. Vorrei conoscere le procedure che saranno adottate, perché il rimpatriato chiamato a esprimere la sua volontà non si trovi a dover scegliere tra la peste e il colera. E vorrei sapere il numero delle evacuazioni: Cochetel, inviato speciale dell’UNHCR, ha dichiarato che la maggior parte dei luoghi di tortura è sconosciuta. Che Serraj controlla un territorio minimo. Ha detto ancora: “Le decisioni di Abidjan sono illusorie (they fool themselves). Ogni volta che abbiamo liberato qualcuno dai campi di detenzione, qualcun altro ha subito preso il suo posto”.

Ultima domanda: a che punto è la ridefinizione del concetto di non-refoulement, che l’Unione si propose in febbraio a La Valletta? Il proposito fu prudentemente cancellato dal comunicato; chiedo se sia tuttora all’ordine del giorno.

Invio di navi da guerra italiane in Libia e accordo Ue-Turchia

COMUNICATO STAMPA

Barbara Spinelli all’UNHCR e alla presidenza maltese del Consiglio dell’Ue: navi da guerra italiane in Libia e violazioni dei diritti fondamentali a causa dell’accordo Ue-Turchia

Bruxelles, 12 gennaio 2017

Barbara Spinelli è intervenuta nel corso della riunione ordinaria della Commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni riguardo a due specifici punti in agenda: la presentazione delle priorità della presidenza maltese del Consiglio dell’Unione europea nel settore della giustizia e degli affari interni e la presentazione delle proposte dell’Unhcr per una migliore protezione dei rifugiati in Europa e a livello globale.

In entrambi i casi ha puntato l’attenzione sull’accordo UE-Turchia e sull’invio di navi da guerra italiane in Libia.

«Vorrei sapere cosa pensa dell’accordo UE-Turchia e di quello che sta succedendo a Lesbo, dove mancano elettricità, acqua, cibo, e dove si intendono spedire indietro sulla base di Dublino i rifugiati da parte degli altri paesi europei» ha chiesto a Carmelo Abela, ministro maltese dell’Interno e della Sicurezza nazionale. «Questo accordo rischia di essere non solo un errore, ma da un certo punto di vista un crimine, perché viola gravemente il diritto internazionale».

«Vorrei chiedere una presa di posizione chiara dell’UNHCR sull’accordo UE-Turchia, che fa acqua da tutte le parti» ha poi detto rivolgendosi a Vincent Cochetel, direttore dell’UNHCR per l’Europa, «e che tuttavia continua a essere proposto nell’Unione europea come un modello da imitare. Lo si sta replicando ora con la Libia, paese del tutto instabile politicamente. Ci sono al momento navi da guerra italiane nelle acque territoriali libiche. Quello che non capisco è come l’accordo con la Turchia possa diventare un modello, quando nelle isole greche abbiamo una crisi umanitaria molto grave».

Sull’argomento l’eurodeputata del GUE/NGL ha voluto interpellare la presidenza maltese. «Vorrei sapere cosa pensa», ha chiesto a Carmelo Abela, «dell’invio di fregate da guerra italiane nelle acque territoriali libiche, disapprovato dal Parlamento di Tobruk, e se non ritiene che esista un rischio che la lotta agli smugglers sia percepita in Libia come un intervento coloniale, soprattutto da parte degli italiani».

Hotspot in Italia – galleggianti e non

di sabato, Giugno 18, 2016 0 , , , , Permalink

Bruxelles, 16 giugno 2016. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE).

Punto in agenda: Attuazione dell’approccio basato sui “punti di crisi” in Italia

  • Presentazione a cura di Olivier Onidi, vicedirettore generale per la migrazione e l’Asilo, DG HOME, Commissione europea

Nel corso della discussione è intervenuta anche Sophie Magennis, capo dell’unità di supporto politico e giuridico dell’ufficio UNHCR per l’Europea, Bruxelles

Ringrazio il dottor Onidi per la sua presentazione. Le domande che vorrei fare sono due:

Per prima cosa vorrei chiedere, sia a lui sia al rappresentante dell’UNHCR, se non esista il rischio che gli hotspot diventino in qualche modo centri di detenzione. Una denuncia molto chiara in questo senso è venuta dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR), concernente la Grecia e gli accordi tra Unione europea e Turchia. Un rischio simile esiste anche Italia.

Il secondo punto su cui mi piacerebbe avere una risposta riguarda gli hotspot galleggianti in mare. Sono contenta delle indicazioni che vengono dalla Commissione, circa la forte limitazione dei compiti che avranno gli eventuali hotspot galleggianti, ma mi domando se anche i compiti che lei ha indicato, per esempio la pre-identificazione di migranti e rifugiati, non siano eccessivi e non vadano nella direzione, esclusiva, di accelerare i rimpatri.

Vorrei ricordare che esistono due sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro l’Italia, per l’uso che può essere fatto delle navi su cui vengono trattenuti i migranti (sentenza Hirsi Jamaa, 23 febbraio 2012, sentenza Khlaifia, 1 settembre 2015), e ricordare che solo sulla terraferma i migranti possono essere assistiti nelle loro lingue e fruire del diritto alla difesa. Tutte queste mansioni, anche se si tratta solo di pre-identificazione, sono difficili se non impossibili negli hotspot galleggianti.

Si veda anche:

Comunicato ASGI (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) del 19 maggio 2016: È illegittimo qualsiasi hotspot per identificare i migranti in mare

Versione inglese su Statewatch del 9 giugno 2016: Any hotspot to identify migrants at sea is illegal