La Merkel affronta i guasti prodotti da Usa ed Europa

Intervista a Barbara Spinelli di Stefano Citati, «Il Fatto Quotidiano», 11 settembre 2015

Dopo la svolta impressa dalla Merkel la proposta di corridoi umanitari che lei Barbara Spinelli ha formulato nel luglio 2014 può essere effettivamente realizzata?
Certo di svolta si tratta, e la presa di coscienza di tanti cittadini l’ha di sicuro accelerata; la Merkel e Junker hanno per la prima volta parlato di vie legali per chi fugge e muore in mare o in terra. È la legalizzazione dell’immigrazione: l’unica misura che debilita i trafficanti. L’aumento delle quote dalle 40.000 previste in estate alle 160.000 proposte dal presidente della Commissione è un segnale importante, che aiuta i paesi più esposti: Italia, Grecia, Ungheria. Ma bisogna vedere se il Consiglio Ue lo ratificherà. È lì che gli Stati litigano: il Consiglio è il vero distruttore delle buone iniziative. Va ricordato che mentre l’Unione si agita, i migranti finora arrivati rappresentano lo 0,1% della sua popolazione. L’85% dei profughi è nei paesi poveri del mondo. E ricordiamo che i profughi fuggono da guerre e caos prodotti il più delle volte da Usa ed Europa. Nel caso siriano, c’è chi parla di “regime-change refugees”: di un esodo causato da strategie che pur di abbattere Assad hanno finanziato, in origine, formazioni jihadiste come l’Isis o Al Nusra. Risultato: alle nostre porte s’erge un altro Afghanistan. I profughi e le guerre che li provocano sono effetti collaterali di politiche sbagliate, come ben spiegato da Alberto Negri sul Sole 24 Ore.

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Sui recenti sviluppi in Grecia

Strasburgo, 8 settembre 2015. Intervento di Barbara Spinelli in occasione dell’incontro del Gruppo Parlamentare GUE/NGL nel corso della Sessione Plenaria di Strasburgo.

Relatori per il gruppo GUE-NGL: Dimitris Papadimoulis (Syriza, Grecia), Nikos Chountis (Unità Popolare, Grecia)

Su una cosa sono d’accordo con quanto emerso nel corso del dibattito: sarebbe un messaggio molto negativo per noi se le due sinistre greche rappresentate in questo gruppo venissero battute alle elezioni del 20 settembre. Detto questo, penso che il messaggio negativo non sia un “rischio” che stiamo correndo. Il messaggio è già stato dato, è il punto da cui partire, e su di esso dobbiamo meditare. Perché se da un lato il risultato elettorale di gennaio è stato una vittoria per l’intero Gue-Ngl, dall’altro l’accordo del 12 luglio, e il mancato seguito dato alla volontà popolare espressa una settimana prima nel referendum sul piano di austerità, costituiscono un sconfitta grave per tutti noi.

Questo cosa significa? Le battaglie si possono perdere, Pablo Iglesias ha ragione, ma bisogna riconoscerle sino in fondo se si vuol imparare da esse qualcosa di nuovo. La sconfitta subìta deve avere effetti su quello che pensiamo e che facciamo. Nella sostanza, sono due i piani che risentono di una così grave disfatta e che ci toccherà pensare più profondamente:

  • Governance dell’Eurozona.

È necessario esprimere con chiarezza il pensiero del nostro gruppo a riguardo. È già emerso che si tratta di una governance sostanzialmente illegittima – e non citerò quanto riportato dall’ex Ministro Varoufakis a proposito dell’ illegalità dell’Eurogruppo, che io condivido pienamente. In questo quadro diventa doveroso analizzare, tra di noi, il significato della proposta del governo Syriza di coinvolgere il Parlamento europeo nella gestione dei programmi di austerità. Si tratta di una richiesta più che legittima, ma non si può non tener conto che questo Parlamento verrebbe coinvolto in una governance europea che allo stato attuale delle cose ha ben pochi tratti democratici, e tende a svuotare i parlamenti e le elezioni nazionali.

  • Effetti sulla sinistra.

La sinistra deve diventare “governante”. Deve cioè imparare a “pensare il prima e il dopo”, i programmi e la loro effettiva realizzazione. Questo, a mio parere, non è avvenuto in Grecia. Le promesse elettorali non sono state mantenute, il referendum è stato indetto lo stesso giorno in cui ci si preparava all’accordo sul terzo memorandum che l’elettorato greco era chiamato a giudicare, e che a grande maggioranza ha respinto il 5 luglio.

Questo è un tema che merita una discussione approfondita, e anche qui mi rivolgo ai colleghi di Podemos. È vero quello che Iglesias ha detto nella nostra riunione: l’”esame permanente” delle sinistre che guidano questo o quel paese è pericoloso e può divenire sleale; ma un giudizio severo deve pur sempre essere possibile e lecito, su una sinistra che non è stata abbastanza governante, dunque in grado di collegare il prima e il dopo.

Misure temporanee nel settore della protezione internazionale: intervento in Plenaria

Progetto di risoluzione del Parlamento Europeo sulla proposta di decisione del Consiglio che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia (dibattito prima del voto)

Intervento di Barbara Spinelli

I trattati mentono, su quel che siamo: non siamo un faro di civiltà, non abbiamo una comune politica d’asilo e migrazione. Non siamo stati solidali con la Grecia. Non lo siamo con i migranti. Ricordo qui una sola cifra: l’85 per cento dei rifugiati si trovano nei paesi poveri del mondo. Non da noi. Domani voteremo il rapporto della collega Ska Keller, che propone una modesta, giusta ripartizione dei profughi. Il Consiglio sta già cominciando a corroderlo. Ieri il sito Statewatch ha scritto: se il Parlamento non impone a Commissione e Consiglio misure vincolanti e permanenti, è insensato indire future elezioni europee. Sono d’accordo. Penso che il Parlamento dovrà licenziare la Commissione, se entro l’anno non organizza vie legali d’accesso in Europa e non dichiara morto il sistema di Dublino. E deve minacciare il taglio dei fondi di funzionamento al Consiglio: il più colpevole di incompetenza, il più incapace di azione collettiva.

I disastri dello status quo

La versione inglese di questo testo è stata pubblicata da openDemocracy

È opinione molto diffusa che Alexis Tsipras abbia smentito chi lo considerava sconfitto, annunciando il ritorno alle urne il 20 settembre e chiedendo un nuovo mandato popolare. È un’opinione non solo affrettata ma soprattutto irrealistica, perché nella sostanza nulla cambierà in Grecia, tutto è già scritto nel Memorandum d’intesa che il Premier ha sottoscritto con le istituzioni europee il 12 luglio scorso: l’austerità che continua e si inasprisce, la svendita di gran parte del patrimonio ellenico a imprese in gran parte tedesche, il fallimento di una sinistra che si illudeva di scardinare l’europeismo realmente esistente per fondarne un altro, non più germanocentrico e non più prigioniero del dogma neoliberista. Anche se il debito greco venisse ristrutturato – prima o poi lo sarà, dal momento che resta insostenibile – la strada è tracciata e non sono i greci ad averla decisa né a poterla cambiare. La constatazione di Stefano Fassina, ex vice ministro dell’economia uscito dal Pd italiano, è impietosa e appropriata: «Promettere un’interpretazione ‘sociale’ del Memorandum è propaganda. Quando ti sei impegnato a fare un avanzo primario di 3,5 punti percentuali e tagli pesanti già da quest’anno puoi dire addio al sostegno del reddito».[1]

Una via d’uscita differente era ed è possibile? Fuori dalle istituzioni europee era forse possibile, ma impraticabile: un Grexit gestito in maniera ordinata non è al momento consentito né dagli Stati forti dell’Unione né dalla Bce. Quanto alla proposta fatta a suo tempo da Yanis Varoufakis (rifiutare il memorandum, creando la liquidità necessaria a fronteggiare la chiusura delle banche tramite una provvisoria moneta parallela), sarebbe stata rigettata durante una riunione ristretta di gabinetto. Restano le riforme interne, che Tsipras vuol ottenere all’ombra del Memorandum: associando ad esempio il Parlamento europeo, “unico organo dell’Unione eletto dai cittadini” al Quartetto dei Creditori che ha preso il posto della Trojka (Commissione europea, Banca centrale europea, Fondo Monetario, Meccanismo europeo di stabilità). Difficile pensare che gli elettori greci si entusiasmino all’idea che il loro potere venga prima svuotato, poi trasferito a un Parlamento europeo dominato stabilmente da ben diverse coalizioni di forze. Il Premier dimissionario è certamente consapevole che il suo odierno orizzonte è quello di un fallimento: altrimenti non avrebbe ammesso di aver firmato “sotto ricatto” il Memorandum.

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Aiutare la Grecia al più presto

di mercoledì, Agosto 26, 2015 0 , , Permalink

Lettera di Barbara Spinelli a Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea, Dimitris Avramopoulos, Commissario per Migrazione, affari interni e cittadinanza e Christos Stylianides, Commissario per Aiuti umanitari e gestione delle crisi.

26 agosto 2015

Caro Presidente,
Cari Commissari,

Sono numerosi i paesi bisognosi di solidarietà nell’Unione, davanti al forte afflusso di migranti e richiedenti asilo, ma la Grecia – da anni in profonda crisi recessiva –  fatica più di ogni altro e in misura intollerabile nella gestione dell’accoglienza dei profughi: 160.000 tra gennaio e metà agosto 2015. L’incremento rispetto al 2014 è del 750%. Migliaia di migranti sono bloccati sul confine tra Grecia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia, violentemente respinti dalle autorità di Skopje.

Il direttore europeo dell’Unhcr descrive la situazione dei migranti in Europa come “la peggiore” che abbia visto in trent’anni di esperienza umanitaria. Papa Francesco ha equiparato i respingimenti dei migranti ad atti di guerra.

La Commissione europea ha deciso nell’agosto 2015 uno stanziamento di fondi speciali per assistere i Paesi in maggiore difficoltà, sulla base dell’articolo 79 dei trattati. Per il 2014-2020, la Grecia dovrebbe ricevere 260 milioni di euro dal Fondo per la migrazione, integrazione e asilo, e 195 milioni di euro dal Fondo di sicurezza interna [1].

Sembra tuttavia che i primi versamenti tardino a venire, come ammesso il 17 agosto dal Commissario Avramopoulos [2] in un’intervista a “Repubblica”.

Chiediamo:

  • La Commissione è cosciente della gravità di ogni ritardo nei versamenti, vista la drammatica situazione di abbandono in cui versano i rifugiati nelle isole greche?
  • La Commissione ritiene sufficienti le cifre stanziate, di fronte ad aumenti così ingenti dei flussi migratori?
  • Come sarà organizzata la ricollocazione di 16.000 richiedenti asilo dalla Grecia in altri Paesi dell’Unione, decisa dal Consiglio europeo il 25-26 giugno?

[1] http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5483_en.htm.

[2] Dimitris Avramopoulos: “Arrivano i soldi Ue per i profughi ma dopo averli salvati fate di più”


 

Barbara Spinelli
Molly Scott Cato
Fabio De Masi
Marie Christine Vergiat
Martina Michels
Tania Gonzalez Penas
Kuneva Kostadinka
Kostas Chrysogonos
Julie Ward
Raymond Finch
Liliana Rodrigues
Ernest Maragall
Bronis Ropė
Tanja Fajon
Alfred Sant
Nessa Childers
Soraya
 Post
Ana Maria Gomes
Beatriz 
Becerra Basterrechea
Nicola Caputo
Miguel Urban Crespo
Aldo Patriciello
Tatjana Ždanoka
Eleonora Forenza
Edouard Martin
Elena Valenciano
Knut Fleckenstein
Eleftherios Synadinos
Bilbao Barandica Izaskun
Sylikiotis Neoklis
Lola Sánchez Caldentey
Monika Vana
Jude Kirton-Darling
Maite Pagazaurtundúa Ruiz
Josep-Maria Terricabras
Lynn Boylan
Matt Carthy
Liadh Ní Riada
Martina Anderson
Fredrick Federley
Igor Šoltes
Elly Schlein
Karima Delli
Michèle Rivasi
Marita Ulvskog
Jens
 Nilsson
Anna Hedh
Dario Tamburrano
Ignazio Corrao
Caterina Chinnici
Manolis Kefalogiannis
Margrete Auken
Claude Rolin
Maria Heubuch
Helmut Scholz
Dietmar Köster

L’alternativa era tra la morte e la morte

Intervista a Barbara Spinelli di Carlo Di Foggia, «Il Fatto Quotidiano», 21 agosto 2015

La riflessione più amara, Barbara Spinelli la riserva al mantra più forte degli europeisti: “Pensare che la soluzione al disastro antidemocratico che è stata la vicenda greca, sia una integrazione più forte dell’Unione così com’è, con i presenti Trattati, non significa rendere l’Europa più forte. Significa il contrario”.

Tsipras ha annunciato le dimissioni e chiesto le elezioni anticipate per il prossimo 20 settembre.

Era prevedibile che Syriza si sfaldasse dopo l’umiliazione che il governo ha dovuto subire. Resta il profondo atto democratico: dimettersi e dare voce agli elettori.

Non è solo una mossa furba per evitare che l’ala sinistra di Syriza abbia il tempo di organizzarsi?

La sinistra ha un forte peso nell’elettorato e il referendum del 5 luglio lo ha dimostrato. Quel voto rafforzerà i dissidenti ma non darà loro una maggioranza. L’elezione è rischiosa: può costringere il premier ad allearsi con socialisti e liberali. Ma anche questi ultimi sono stati indeboliti dal referendum, avendo lottato per il Sì. Più che furba, la mossa nasce da uno scacco e propone l’uscita democratica da un golpe post moderno. Ad Alexis Tsipras è stata lasciata la scelta tra la morte e la morte, tra Grexit e sottomissione.

Chi sono i responsabili dello “scacco”?

I dirigenti dell’Unione. Ormai tutti lo sanno: senza un’Unione politica solidale, l’euro divide l’Europa, la riporta a rapporti di forza tra nazioni potenti e non. Il contrario di quello che si pensò nel dopoguerra.

La soluzione, illustrata da molti commentatori, è l’omeopatica “ci vuole più Europa ”…

Lo spirito europeista non sta né con i sovranisti che propongono il Grexit – e non tutti gli elettori del No la vogliono – né con i dirigenti che vogliono rafforzare l’Europa presente, dominata dalla Germania, fondata su un’austerità rigettata da gran parte dei cittadini europei. Rafforzare tutto questo significa avere un equilibrio tra potenze nazionali, non un’Europa più federale.

La parabola di Tsipras ha mostrato che il sistema non si cambia dall’interno?

Le prime battute sono state disastrose. Ma la battaglia è appena cominciata. Tsipras vuol tuttora portare la Ue verso forme più solidali e regole diverse. Proprio in questi giorni ha chiesto che il Parlamento europeo partecipi al “quartet – to dei creditori”. Persa la battaglia, la guerra continua, anche se il prezzo è già stato altissimo.

Quale?

Il premier ha perso gran parte delle truppe. È però convinto che un Paese come la Grecia, nella globalizzazione, non ce la faccia  da solo. Rifiuta per ora la soluzione sovranista e scommette sul fatto che anche Berlino riconosca che da sola non ce la farebbe.

Oltre alle truppe non ha perso anche l’anima politica originaria del progetto Syriza?

Non sono sicura che tutta la sinistra di Syriza sia sovranista. Molto dipenderà anche da quello che succederà in Spagna e Irlanda. Podemos ha fatto alleanze municipali con i socialisti. Pur chiedendo un cambiamento radicale dell’Ue, governerà con i socialisti, senza uscire dall’euro. Ma spero che dissidenti come Varoufakis siano ascoltati.

Che succede se vince la destra?

Le forze alternative europee si indebolirebbero, ma non credo che vincerà.

Se vincesse la Piattaforma di sinistra, la definirebbe una sconfitta?

Se vincesse avrebbe due scelte: o il Grexit, ed è talmente costoso che ci dovrà pensare otto volte. O negoziare come Varoufakis, e si troverà davanti alla scelta di Tsipras: o la morte o la morte. I tedeschi non cambiano idea.

Concordare un’uscita ordinata, con aiuti europei, anche per ristrutturare il debito, come aveva proposto Schaeuble, è la morte?

Non so quali aiuti verrebbero dall’Ue: nelle condizioni economiche attuali il Grexit sarebbe un quarto memorandum. Un disastro, nel breve periodo.

Nel medio?

Nel medio termine saremo tutti morti, diceva Keynes.

Ue-Grecia: un Eurogruppo fuori legge

Bruxelles, 15 luglio 20115. Interventi di Barbara Spinelli, nel ruolo di Presidente di Commissione, in occasione della riunione ordinaria della Commissione Affari Costituzionali.

Punto in Agenda: Migliorare il funzionamento dell’Unione Europea sfruttando le potenzialità del Trattato di Lisbona
• Scambio di opinioni
• Presentazione a cura di Markku Markkula, presidente del Comitato delle regioni, relativa alla risoluzione sul tema “Migliorare il funzionamento dell’Unione europea: il trattato di Lisbona e oltre”
Co-relatori: Elmar Brok (PPE – Germania), Mercedes Bresso (S&D – Italia)
Relatore ombra per il Gruppo GUE/NGL: Barbara Spinelli

Intervento fatto prima dell’apertura della discussione

Prima di ascoltare il Dott. Markkula, che ci presenterà le opinioni del Comitato delle Regioni, vorrei dirvi una mia opinione sul tema in discussione: ossia come migliorare il funzionamento dell’Unione a trattato costante. In realtà la mia è una domanda che rivolgo a tutti voi e anche a me stessa. Tra il giorno in cui sono stati presentati i due Rapporti di iniziativa – sulle potenzialità del presente Trattato, e sulla sua modifica – e la giornata di oggi, c’è stata una notte che ritengo cruciale nella storia dell’Unione: la notte di domenica scorsa, con le decisioni prese sulle condizioni della permanenza della Grecia nell’eurozona. È stata una notte disastrosa da molti punti di vista: per la Grecia, spinta ad accentuare un’austerità che il suo popolo, già immensamente impoverito, aveva a grande maggioranza respinto, ma anche per l’Unione europea e il suo futuro.
Quello che vi domando, è di dire con tutta sincerità se ritenete possibile mantenere quest’agenda e i due rapporti come se nulla fosse accaduto. Se sia possibile parlare di “potenzialità” dei Trattati, o di cooperazioni rafforzate, dopo un Consiglio europeo che da molti è stato interpretato non solo come umiliazione di una sovranità popolare che si era appena espressa, ma del progetto di un’Europa unita e solidale cui molti di noi aspirano.
Il pericolo consiste nel parlare dell’Europa di altri tempi, non dell’Europa vera e attuale che sotto i nostri occhi rischia di disgregarsi. Che si dia l’immagine di una Commissione parlamentare sostanzialmente indifferente alla natura dirompente di quello che è successo. Che il nostro sia una sorta di parlatoio, più che una Commissione che ha l’ambizione di pensare la democrazia costituzionale dell’Unione e la stessa rule of law su cui essa dovrebbe fondarsi.
Quello che chiedo alla nostra Commissione – e in particolare ai co-relatori del rapporto sui Trattati – è di fermarsi e riflettere. Io non ho una soluzione in tasca, ma domando a tutti noi di mettere in campo un’ambizione forte, sull’Unione che vogliamo. Un’Unione che sia diversa da quella esistente, se non vogliamo che la sua immagine presso i cittadini si degradi ancora di più.
Grazie.

Punto in Agenda: Presidenza del Consiglio
• Scambio di opinioni con Nicolas Schmit, Presidente del Consiglio dell’Unione europea
• Presentazione del programma della Presidenza lussemburghese

La domanda che vorrei porre al Ministro Schmit riguarda, in particolare, la crisi che stiamo attraversando a seguito dell’accordo con la Grecia. Vorrei sottolineare l’assenza, sempre più evidente, del metodo comunitario nelle decisioni dell’Unione e la necessità che si torni a far ricorso a esso, come sottolineato dai deputati Goulard, Castaldo, e – per il mio gruppo – Scholz.
Mi vorrei concentrare su una domanda specifica, che le rivolgo. Se non sia necessario riflettere sulla natura sorprendentemente anomala dell’Eurogruppo, che ho osservato con attenzione nel corso di tutto il negoziato che c’è stato negli ultimi mesi con Atene.
Più volte è successo che per ragioni mai chiarite il Ministro greco venisse escluso dalle riunioni – mi sto riferendo ovviamente all’ex Ministro Varoufakis. Quest’ultimo, interpellando a tale proposito funzionari dell’Eurogruppo, si è sentito rispondere da un avvocato dei servizi giuridici le seguenti parole, che vorrei citare testualmente: “l’Eurogruppo non esiste per la legge, non esiste alcun trattato che l’abbia istituito”.
In altre parole: siamo di fronte a un’istituzione – l’Eurogruppo per l’appunto – che non risponde a nessuno, che agisce in totale segretezza – non tenendo neppure i minutes delle proprie riunioni – e senza, ovviamente, informare di alcunché i cittadini.
Posso solo constatare che ormai ci troviamo al di fuori non soltanto del metodo comunitario, ma della stessa rule of law per quanto attiene alla gestione dell’Eurozona.
Grazie Ministro.

Martin Schulz dovrebbe dimettersi

Barbara Spinelli e altri eurodeputati appartenenti ai gruppi Gue/Ngl e Greens/EFA hanno firmato un appello sull’opportunità delle dimissioni del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Qui la versione inglese dell’appello.

Strasburgo, 6 luglio 2015

Il Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz dovrebbe rassegnare le dimissioni, dopo il risultato del referendum greco del 5 luglio.

Ha trascorso l’ultima settimana facendo campagna per il Sì, per la caduta del legittimo governo greco, per la sua “sostituzione con un governo tecnico” pronto ad accettare le insostenibili proposte di austerità della troika: proposte che non contemplano la ristrutturazione del debito chiesta negli ultimi giorni dallo stesso Fondo Monetario Internazionale. Ha sfacciatamente tacciato il Primo ministro Alexis Tsipras di essere un “manipolatore” del proprio popolo.

Il suo comportamento è stato parziale, brutale, ottuso, e senza precedenti nella storia dell’Unione Europea e del suo Parlamento.

Dovrebbe dimettersi anche se l’esito del referendum fosse stato diverso.

A essere in questione, è la capacità di Martin Schulz di rappresentare nella sua interezza il Parlamento europeo che presiede. Ha già mostrato la stessa parzialità e la stessa mancanza di rispetto su altri temi cruciali – tra questi il TTIP – prima ancora che i parlamentari li avessero discussi.

In realtà, egli sta gettando profondo discredito sulle istituzioni europee e sulla carica che ricopre.

 

Barbara Spinelli (eurodeputata GUE/NGL, Italia)
Eleonora Forenza (eurodeputata GUE/NGL, Italia)
Malin Björk (eurodeputata GUE/NGL, Svezia)
Luke Ming Flanagan (eurodeputato GUE/NGL, Irlanda)
Ernest Urtasun (eurodeputato Greens/EFA, Spagna)
Molly Scott Cato (eurodeputata Greens/EFA, Regno Unito)
Karima Delli (eurodeputata Greens/EFA, Francia)
Pascal Durand (eurodeputata Greens/EFA, Francia)
Michèle Rivasi (eurodeputata Greens/EFA, Francia)

Golpe di tipo nuovo voluto da Merkel, Lagarde e Renzi

Intervista a Barbara Spinelli di Giampiero Calapà, «Il Fatto Quotidiano», 1° luglio 2015

«Inammissibile e quanto meno irrituale l’ennesimo tentativo tedesco di interferire nella politica greca». Una volta c’erano i colonnelli, oggi l’austerità della Germania, la Grecia è sempre la vittima e Barbara Spinelli, eurodeputata della Sinistra europea, figlia di Altiero, padre dell’Europa, accusa: «È in atto un tentativo di colpo di Stato post-moderno». Le ultime ore sono concitate. Juncker riapre, Tsipras avanza nuove richieste. Si riavviano le trattative, ma interviene la Merkel: «No al terzo salvataggio prima del referendum».

Cos’altro vuole la Germania? Il sangue greco? È un intervento gravissimo. Non può e non deve essere il cancelliere, l’interlocutore di Atene. Le trattative le porta avanti la Troika, anche se i greci rifiutano di chiamarla così: Commissione europea, Bce e Fmi. Anzi sarebbe bene che Atene negoziasse prescindendo dal Fmi. Il resto è ingerenza. Qual è il motivo dell’ingerenza?
Si configura come un colpo di Stato di tipo nuovo: una forma di regime change. È un gioco ormai politico, più che economico: creare paura e panico per far cadere Tsipras.
Perché?
Per avere di nuovo, in Grecia, un gruppo dirigente in linea con l’austerità voluta da Berlino. Ma è proprio così che si è generato il disastro europeo che stiamo vivendo. Non è responsabile solo la Merkel, ma anche la Lagarde, Renzi e molti altri.
Non era questa l’Europa sognata da suo padre a Ventotene…
Era l’opposto. È stata azzerata la solidarietà, l’Unione oggi viola il proprio stesso Trattato, che prescrive la “cooperazione leale” in caso di crisi. Dovrebbe essere citata davanti alla Corte di Lussemburgo. E la Bce non è in grado di svolgere il ruolo di prestatore di ultima istanza. L’interruzione degli aiuti d’emergenza viola le regole stesse della Bce, che dovrebbe garantire stabilità finanziaria nell’eurozona.
Boccia anche l’operato di Mario Draghi, quindi?
Difendo l’indipendenza della Bce e il ruolo positivo spesso svolto durante la crisi dell’euro. Negli ultimi frangenti, però, la stessa Bce ha svolto un ruolo molto dubbio, di parte. Non indipendente.
 
Crede che il suo gruppo, la Sinistra europea, abbia responsabilità?
La Sinistra europea è minoritaria, non mi pare responsabile di questo dramma.
 
Almeno la responsabilità della sconfitta?
Il governo Tsipras ha indetto un referendum: non è una sconfitta, ma un ritorno alla natura democratica della costruzione europea contro le decisioni prese da poteri oligarchici. L’azione di Tsipras è una scommessa sulla democrazia, l’elemento che più è mancato nella crisi dell’euro.
La cura potrebbe essere l’unità tra sinistra radicale e socialdemocrazia?
È la cosa in cui spero moltissimo. Così come punto su alleanze con i Verdi. Ma non sembrano esserci ancora le condizioni. Dopotutto i partiti socialisti (la Spd tedesca e anche il Pd) hanno sulla Grecia una posizione perniciosa, ambigua: interpretano il referendum come una scelta tra dracma ed euro. Ma Tsipras non ha alcuna intenzione di uscire dall’euro. I socialdemocratici sono dentro una deliberata strategia della paura e della menzogna, molto pericolosa.
Paradossalmente anche il Movimento cinque stelle racconta così questo referendum…
Fa molto male. Beppe Grillo ha tutto il diritto di pensare che la soluzione sia l’uscita dall’euro, ma non la penso così io e non la pensa così il governo Tsipras.
Che cosa succede se vince il sì?
Il panico è tale che non si può escludere una vittoria del sì alle proposte della Troika, ancora nel segno dell’austerità. Credo che in quel caso il governo Tsipras accetterà comunque il nuovo mandato popolare, se ne farà interprete fino ad accettare le proposte della Troika e “riconfigurando il governo”, come ha detto il ministro Varoufakis.
L’Europa del dopoguerra era una speranza. Oggi non riesce a fornire alcuna risposta. Né economica né di civiltà. E il Mediterraneo sembra diventato un mare di migranti in costante pericolo di vita e di terroristi pronti a uccidere.
Non sono d’accordo con quest’ultima visione. È anch’essa il risultato della strategia della paura. È sbagliato mischiare migranti, richiedenti asilo, terroristi, scafisti: alimentando un immaginario di terrore nelle nazioni. Ingiusto e non corrispondente al vero.