Lista L’Altra Europa, motivi del voto di astensione sulla mozione di censura a Jean-Claude Juncker il 27 novembre 2014

«Juncker e la sua Commissione meritano di essere censurati. Il gruppo GUE/NGL ha fatto il possibile per avere una propria mozione di censura in plenaria. Purtroppo non ci siamo riusciti, perché Verdi e S&D si sono rifiutati di sostenerla. Tuttavia non possiamo votare a favore della mozione EFDD, che accusa giustamente il paradiso fiscale lussemburghese ma tace su altri paradisi fiscali nell’Unione Europea, a cominciare da quelli del Regno Unito, e che non mette in questione un sistema di cui gli offshore e la deregolamentazione del sistema finanziario sono parti costitutive. Manca inoltre qualsiasi accenno a una maggiore armonizzazione fiscale europea, che la nostra delegazione auspica con forza. Abbiamo firmato la domanda fatta dal gruppo dei Verdi di costituire una commissione di inchiesta sui paradisi fiscali in Lussemburgo e in Europa.»

Barbara Spinelli, Eleonora Forenza, Curzio Maltese

eurodeputati dell’Altra Europa con Tsipras/gruppo GUE-NGL


Il testo della mozione di censura presentata da 76 deputati del gruppo EFDD e dei Non iscritti

Le vere emergenze della Lista

Bruxelles, 9 settembre 2014. Intervento alla conferenza «La sinistra in Europa dopo le elezioni europee» organizzata dal Centro Garcia Lorca & Alternatives.

L’Altra Europa con Tsipras è nata per colmare un vuoto che si è creato nella sinistra fin dagli anni Novanta, con la nascita della famosa Terza via, basata sulle politiche di Tony Blair e di Gerhard Schröder.

Più precisamente, la nostra lista è nata da una doppia presa di coscienza: che questo vuoto non fosse in realtà un vuoto, dal momento che in molti paesi, tra cui l’Italia, una parte di cittadini non aveva accettato le politiche liberiste per l’Europa indicate dall’allora premier britannico e dall’allora cancelliere tedesco. C’era un gruppo di cittadini particolarmente impegnato a salvare i servizi pubblici, che aveva combattuto contro la privatizzazione dell’acqua, che non accettava l’austerità e che, soprattutto, non accettava la confusione e l’identificazione fra destra e sinistra, che era invece la parola d’ordine della Terza via.

La seconda presa di coscienza è che in questo vuoto-non-vuoto c’erano partiti della sinistra radicale che erano stati sacrificati da leggi elettorali assurde e che, da soli, non riuscivano a ottenere risultati all’altezza delle proprie aspettative.

Alle elezioni europee abbiamo vinto per miracolo, perché se è vero che il vuoto non era vuoto, è anche vero che le nostre speranze iniziali erano molto più grandi dei numeri che abbiamo ottenuto alla fine. Questo risultato ha quindi un significato al tempo stesso positivo e negativo. Il segno positivo è che è stato giusto puntare in alto e in largo, voler includere al massimo, rappresentare tutte le anime e tutti i frammenti della sinistra. Il segno negativo è che abbiamo appunto vinto per miracolo, ossia soltanto in parte. Sono stati commessi errori, e gli errori insegnano molto. Sono delle lezioni, sempre. A mio avviso, quello che abbiamo vissuto (vincere per pochissimi voti) ci dice alcune cose sul futuro della lista.

Non dobbiamo dimenticare che siamo nati con il proposito di far nascere qualcosa di simile a Syriza, e che abbiamo scelto Alexis Tsipras come modello anche con il proposito di giungere a un amalgama delle forze della sinistra.

Questo ci dice che costruiremo il futuro della lista solo se cercheremo di essere sempre più inclusivi; solo se nessuno fra noi e fra i diversi partiti che hanno dato vita al nostro comune progetto cercherà di mettere il proprio cappello sulla lista, perché questo è il modo più sicuro di perdere le prossime elezioni. Per salvare la lista, nessun gruppo deve cadere nell’illusione di poter agire solo, senza gli altri.

Credo che questo sia importante soprattutto per voi che siete qui, a Bruxelles, che vi siete battuti per la lista e che continuate a farlo. Forse voi siete più liberi e più indipendenti che in Italia, dove la lista attraversa un periodo difficile.

Sapete perfettamente che le cose cambieranno, in ogni paese, solo se in Europa e nelle istituzioni il paradigma del liberismo verrà smantellato. Meglio sarebbe parlare di “dogma”, anziché di paradigma, dal momento che il liberismo è diventato un’ideologia – e le ideologie non si discutono mentre i paradigmi sì. È come per l’infallibilità papale nella Chiesa: non la si può mettere in questione. Abbiamo assistito a grandi contraddizioni, in questo senso. Per esempio, quando Juncker, il nuovo presidente della Commissione, ha criticato la trojka e il fiscal compact: proprio lui che ha dato il proprio consenso attivo all’una e all’altro. Oppure quando tutti i governi dicono che nelle presenti condizioni è necessario concentrarsi su politiche per la crescita, e alzano la voce invocando parametri più flessibili, ma nessuno di essi fa autocritica sul veleno che essi stessi hanno propinato per anni alle proprie società. La crisi continua a essere curata con il medesimo veleno che l’ha scatenata. Nessuno, nel governo italiano e nell’Unione europea, ammette che questa ricetta semplicemente non funziona. Ricordo qui una frase, attribuita a Albert Einstein: è pura insania ostinarsi a rifare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.

Dunque cosa significa, oggi, volere un’“altra Europa”? Significa, a mio avviso, riconcentrare i nostri obiettivi sui diritti (primi fra tutti quelli che riguardano il lavoro e l’immigrazione) e sulle guerre: sono queste le nostre emergenze. Quando dico “emergenza”, sono consapevole che si tratta di una parola utilizzata dai governi costantemente e da anni; dicono che siamo in emergenza, che la crisi è tale da rendere necessari la riduzione dei diritti, l’accentramento del potere esecutivo, l’indebolimento del potere giudiziario, lo svuotamento delle costituzioni democratiche.

Ma la parola “emergenza” viene brandita abusivamente: in generale, in periodi di crisi si cambiano le cose, mentre qui i governi gridano all’emergenza perché le cose restino come stanno. Il loro obiettivo è garantire lo status quo, e dunque il potere, il dominio dei mercati e degli apparati militari. E mantenere lo status quo significa al contempo immobilizzare i cervelli, far sì che le persone smettano di pensare. Non a caso in Italia è in corso una lotta feroce dell’intero Governo Renzi contro i “professoroni” che si permettono di criticarlo e contro i comitati cittadini. Insomma, contro il libero pensiero.

Di questa parola – “emergenza” – dobbiamo riappropriarci. Dobbiamo strapparla con forza a chi l’ha sequestrata a favore di forze anonime quali i mercati e il complesso militare-industriale.

La vera emergenza è la precarizzazione del lavoro, ed è la questione della sovranità (sovranità che gli Stati-nazione pretendono di aver concesso all’Europa: in effetti l’avevano già perduta, ma l’hanno trasferita a un’Unione europea che non è né solidale né sino in fondo democratica). Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea, lo ha detto chiaramente: potete avere i risultati elettorali che volete, non ci fanno paura, perché a Francoforte le riforme sono assicurate dal “pilota automatico”.

Le vere emergenze sono i morti nel Mediterraneo (più di 20.000 dal 1988) e l’abolizione delle operazioni di salvataggio dei migranti come Mare Nostrum, sostituito da operazioni non più intese a salvarli ma a respingerli. Le vere emergenze sono le guerre e il consenso implicito dell’Europa a queste guerre. Lo vediamo in Ucraina: sulla natura antidemocratica e lesiva delle minoranze che caratterizza l’attuale regime di Kiev l’Unione Europea non ha speso una sola parola, mentre esercita un’enorme pressione sulla Russia, accodandosi alla strategia degli Stati Uniti. Non una sola parola sui morti civili della regione di Donbass, né sulle centinaia di migliaia di ucraini dell’Est che fuggono verso la Russia (non perché putiniani, ma in quanto russofoni), né sulle milizie paramilitari di estrema destra alle dipendenze dirette del ministero dell’Interno a Kiev.

L’unica vera emergenza è quindi l’estensione e la radicalità di questa crisi. Vorrei in conclusione ricordare ciò che ha detto Alexis Tsipras, citando Lenin: “Siamo radicali, sì, ma perché la realtà è radicale”.

Chiusura della campagna elettorale
de L’Altra Europa con Tsipras

Discorso tenuto il 22 maggio 2014 a Santa Maria in Trastevere, Roma, durante il comizio finale

Siamo giunti all’ultimo pezzo di strada ed eccoci qui, con grandi aspettative e con qualche grande convinzione.

Prima convinzione: tutto questo cammino che abbiamo fatto, per raccogliere le firme, per parlare agli italiani e dir loro il programma che avevamo, è valso la pena. Perché l’Italia sta messa molto male e l’Europa anche, e nessun trattato, nessuna politica ha mostrato di funzionare.

Perché era l’ora di dire che sono troppe, e sempre più diffuse nei principali partiti e movimenti le menzogne, le illusioni, le trappole nemmeno molto nascoste nei discorsi che si fanno sull’Europa, sulle politiche che l’Europa ha fatto in questi anni di crisi, sul suo futuro. Quando parlo di protagonisti della campagna elettorale penso al partito di Renzi, il Pd, al Movimento di Grillo, a Berlusconi, e a chi fa campagna per l’uscita dall’euro o parla a vanvera di recupero della sovranità italiana sacrificata o perduta.

Continua a leggere

L’Altra Europa. A colloquio con Barbara Spinelli

Intervista di Vittorio Bonanni, «La Costituente», 01.2014

Barbara Spinelli è, senza tema di smentita, una delle firme più autorevoli e colte del giornalismo italiano. Nata a Roma il 31 maggio del 1946 dal padre Altiero e dalla madre, Ursula Hirschmann, è stata tra i fondatori del quotidiano La Repubblica, dal quale si è allontanata per passare prima al Corriere della Sera e poi alla Stampa, tornando nel 2010 a scrivere per il giornale di Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari.

Con quest’ultimo si è recentemente scontrata sui temi cruciali della politica italiana, come il rapporto con l’Europa, il giudizio sul governo delle larghe intese e la critica al discutibile operato del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Questa sua crescente insofferenza nei confronti di questo quadro politico deprimente l’ha spinta, come è noto, a farsi promotrice, insieme ad altri intellettuali, della lista “L’altra Europa con Tsipras”, con riferimento al leader del principale partito della sinistra greca Syriza, candidato alla presidenza della Commissione europea. Lista alla quale hanno poi aderito altre numerose realtà nate sui territori e legate a determinati problemi o conflitti, e partiti politici come Rifondazione comunista e Sel, che si sono così ritrovati per la prima volta, dopo la scissione, seduti allo stesso tavolo.

Con lei abbiamo ricostruito le varie tappe che hanno portato, dal dopoguerra fino ad oggi, alla costruzione di un’Europa purtroppo ben diversa da quella che avrebbero voluto i suoi genitori.

Continua a leggere

Con Alexis Tsipras, oltre la rabbia, oltre la paura

Testo del discorso tenuto alla manifestazione de L’Altra Europa con Tsipras in piazza Maggiore a Bologna, il 21 maggio 2014

Gra­zie Ale­xis Tsi­pras, per esser oggi con noi: a Torino, a Milano, ora qui a Bolo­gna, a pochi giorni dalle ele­zioni. La tua pre­senza ci dà forza. Anche la vit­to­ria del tuo par­tito alle muni­ci­pali ci dà forza: un’altra sto­ria è pos­si­bile, fino a ieri rite­nuta impos­si­bile.

Ti abbiamo visto in tele­vi­sione, pochi giorni fa. Tra tutti i can­di­dati eri senza dub­bio il migliore: l’unico che ha aperto una nuova pro­spet­tiva, l’unico che ha par­lato di cose spi­nose, euro­pee e anche ita­liane: delle deva­sta­zioni pro­dotte dall’ auste­rità, dei patti esi­stenti in Ita­lia fra Stato e mafia, dello svuo­ta­mento sem­pre più evi­dente della demo­cra­zia e delle costi­tu­zioni, qui da noi e in molti paesi d’Europa.

Ho spe­cial­mente apprez­zato il tuo accenno, in una rispo­sta al can­di­dato del Par­tito popo­lare Junc­ker, al ver­tice di Can­nes del 2 novem­bre 2011. Hai con­fer­mato i tanti pic­coli colpi di Stato — i tanti micro-infarti cere­brali della demo­cra­zia – che hanno avuto luogo nell’Unione da quando c’è la crisi. In quel ver­tice sono state decise, nel chiuso d’una ristretta oli­gar­chia euro­pea, i limiti che dove­vano esser messi alla demo­cra­zia e alla sovra­nità popo­lare in due paesi dell’Unione: Gre­cia e Ita­lia. In Gre­cia fu affos­sato un refe­ren­dum sull’austerità. In ambe­due i paesi si decise che non sareb­bero stati tol­le­rati governi rego­lar­mente eletti. Pochi giorni dopo — l’11 e il 16 novem­bre – cade­vano il governo greco e quello italiano.

Continua a leggere

A dieci anni dalla nascita della Sinistra europea

Discorso tenuto il 9 maggio 2014 a Roma in occasione del decimo anniversario della nascita della Sinistra europea.

La Lista Altra Europa con Tsipras è nata dopo la decisione della Sinistra europea di candidare alla Presidenza della Commissione il leader e fondatore di Syriza, il partito che sta divenendo maggioritario in Grecia e che è riuscito in una grandissima impresa: unire tutte le forze veramente di sinistra contro le politiche di austerità che pretendono di salvare l’euro. In Italia, è il tentativo di raggruppare non solo i partiti di sinistra, quella vera, ma anche le più diverse associazioni della società civile che hanno difeso i beni pubblici, che combattono per un nuovo sviluppo ecologico, che difendono la nostra Costituzione antifascista dagli attacchi di una grande coalizione neo-autoritaria, che da anni sono impegnati in una lotta contro la mafia che faccia luce sui patti sordidi, mai confessati, che ci sono stati negli anni Novanta e che ancora forse continuano, fra Stato italiano e mafie di vario tipo. Un vasto tentativo bipartisan è in atto per azzittire la Procura di Palermo, che sta indagando su questi patti. Noi lo denunciamo.

Continua a leggere

La fattoria degli animali

Dal sito de L’Altra Europa con Tsipras, 21 marzo 2014

Davvero ci sono situazioni in cui la parole sono dette per fingere grandi pensamenti e ripensamenti, dietro i quali sta in agguato il nulla. Per esempio Matteo Renzi: «I parametri di Maastricht sono anacronistici», ha tuonato prima di incontrare il Presidente della Commissione Barroso. Lo disse Romano Prodi più di dieci anni fa («Le soglie automatiche di Maastricht sono stupide»), e poi lo ripeté con ancor più forza nel novembre scorso: «È stupido che si lascino i parametri immutati 20 anni. Il 3% di deficit/Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%. Un accordo presuppone una politica che lo gestisca, e la politica non si fa con le tabelline». E prima ancora Craxi, nel 1997: «Bisogna riflettere su ciò che si sta facendo: la cosa più ragionevole sarebbe stato richiedere e anzi pretendere, essendo noi un grande paese, la rinegoziazione dei parametri di Maastricht”.

Non sono mancati dunque gli aggettivi acerbi, i bei gesti disubbidienti. Ma basta una parola di Barroso, e l’attuale Presidente del consiglio si corregge, anche se nel più contorto dei modi. Restano anacronistici, i parametri, l’Italia chiede che i fondi strutturali siano esclusi dal calcolo delle soglie, ma comunque «saranno rispettati tutti i vincoli». Un bel salto mortale, per dire che tutto resta com’è.

Quanto all’Europa, non le si chiede alcunché: non un aumento del bilancio (il governo Monti accettò che venisse per la prima volta ridotto), non gli eurobond, non un piano di rilancio comunitario che sia finanziato dalla tassa sulle transazioni finanziarie e da quella sull’emissione di anidride carbonica, come sta per proporre un’Iniziativa Cittadina che cercherà firme in tutta l’Unione.

Eccoli, i gattopardi d’Europa. Dicono che vogliono combattere l’antieuropeismo, e lo rinfocolano. Dicono che vogliono raddrizzare l’Unione, e la storcono. Dicono che non sono alunni somari che si fanno dettare lezioni dagli Stati più forti, ma poi lo sanno, lo accettano: tutti i gattopardi sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Infatti Germania e Francia hanno sforato le soglie senza grandi problemi, nel 2003. E la Francia le sfora di nuovo quest’anno. Nella fattoria degli animali non c’è una sola idea che si muova, tra la bomba delle parole e il nulla dell’azione.

Barbara Spinelli: salviamo l’Europa
dai conservatori e dagli euroscettici

Intervista di Stefano Feltri, «Il Fatto Quotidiano», 9 febbraio 2014

Ci sarà un momento per parlare di candidature, per discutere di quanto coinvolgere i partiti, per capire se la rinascita della sinistra italiana passa da Atene. Ma per ora Barbara Spinelli, editorialista di Repubblica , scrittrice, sempre europeista e sempre più critica, vuole parlare delle ragioni che hanno spinto lei e un gruppo di intellettuali a lanciare una lista italiana a sostegno della candidatura di Alexis Tsipras, capo del partito greco Syriza, alla commissione europea in vista delle elezioni di maggio.

Barbara Spinelli, lei ha contribuito a portare nella politica italiana un leader greco, Alexis Tsipras. Qual è il primo bilancio dopo la sua visita a Roma?

Ha riempito un vuoto. Sono rimasta stupita perché i grandi giornali hanno coperto pochissimo l’iniziativa, ma quando Tsipras era al Teatro Valle c’era la strada piena di gente che non riusciva a entrare. Per ora è un successo, ma è un’iniziativa molto difficile.

La cosa più complessa sembra inserirsi tra euro-scettici e forze moderate.

In Italia c’è una maggioranza molto critica dell’Europa ma che non la vuole sacrificare: i sondaggi parlano chiaro. Ed è così anche in Grecia. Tsipras è cambiato molto dalla campagna elettorale del 2012: ha fatto una vera evoluzione europeista, anche per tenere conto della volontà popolare. C’è una parte settaria della sinistra greca che è molto anti-euro, ma lui ha deciso di imporre una linea europeista.

Continua a leggere

L’Europa al bivio

Testo dell’appello di Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli e Guido Viale per la creazione alle elezioni europee 2014 di una lista – promossa da movimenti e personalità della società civile, autonoma dagli apparati partitici – a sostegno della candidatura di Alexis Tsipras, leader del partito unitario greco Syriza, alla presidenza della Commissione Europea.

L’Europa è a un bivio, i suoi cittadini devono riprendersela. Dicono i cultori dell’immobilità che sono solo due le risposte al male che in questi anni di crisi ha frantumato il progetto d’unità nato a Ventotene nell’ultima guerra, ha spento le speranze dei suoi popoli, ha risvegliato i nazionalismi e l’equilibrio fra potenze che la Comunità doveva abbattere. La prima risposta è di chi si compiace: passo dopo passo, con aggiustamenti minimi, l’Unione sta guarendo grazie alle terapie di austerità. La seconda risposta è catastrofista: una comunità solidale si è rivelata impossibile, urge riprendersi la sovranità monetaria sconsideratamente sacrificata e uscire dall’Euro. Noi siamo convinti che ambedue le risposte siano conservatrici, e proponiamo un’alternativa di tipo rivoluzionario. È nostra convinzione che la crisi non sia solo economica e finanziaria, ma essenzialmente politica e sociale. L’Euro non resisterà, se non diventa la moneta di un governo democratico sovranazionale e di politiche non calate dall’alto, ma discusse a approvate dalle donne e dagli uomini europei. È nostra convinzione che l’Europa debba restare l’orizzonte, perché gli Stati da soli non sono in grado di esercitare sovranità, a meno di chiudere le frontiere, far finta che l’economia-mondo non esista, impoverirsi sempre più. Solo attraverso l’Europa gli europei possono ridivenire padroni di sé.

Continua a leggere