La Turchia non è uno Stato terzo sicuro: chiedo che l’accordo UE-Turchia sia sospeso

COMUNICATO STAMPA

Barbara Spinelli: «Chiedo che l’accordo UE-Turchia sia sospeso, prima che siano la Corte di Giustizia e la Corte europea dei Diritti dell’Uomo a farlo»

Bruxelles, 7 aprile 2016

Barbara Spinelli (GUE/NGL) ha preso la parola durante la riunione della Commissione Parlamentare Libertà, Giustizia e Affari Interni del Parlamento europeo dedicata all’implementazione dell’accordo UE-Turchia, alla presenza del coordinatore per la Commissione europea Maarten Verwey.

«Secondo un’analisi legale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati del 10 marzo, il trasferimento dei richiedenti asilo da uno Stato europeo a uno Stato extra-europeo deve rispettare una serie di garanzie minime.

È essenziale anzitutto che lo Stato ricevente si assuma la responsabilità di fornire ai richiedenti asilo l’accesso al sistema di asilo, accogliendoli e permettendo loro di registrare le domande di protezione.

Lo Stato ricevente deve valutare le richieste di asilo nel merito, seguendo una procedura equa, e deve proteggere i richiedenti asilo dal refoulement, come previsto da 65 anni dalla Convenzione di Ginevra, giacché i rifugiati non devono essere ri-deportati nelle zone di guerra dalle quali sono fuggiti.

Se ai richiedenti viene riconosciuto lo status di rifugiato, lo Stato ricevente deve assicurarsi che essi possano godere di protezione in conformità a garanzie e standard internazionali.

«Attualmente nessuna di queste garanzie è rispettata dalla Turchia, per cui chiedo che l’accordo sia sospeso, prima che siano la Corte di Giustizia e la Corte europea dei Diritti dell’Uomo a darmi ragione e a eliminare questa vergogna. Lo chiedono 90 associazioni europee che si occupano dei rifugiati. La Turchia non è uno Stato Terzo Sicuro.

«Voglio infine porre una domanda di fondo al rappresentante della Commissione, Sig. Maarten Verwey: quel che chiedo, è di uscire dall’autocompiacimento che mostrate in merito all’accordo UE-Turchia. Quando parlate di cifre sui rimpatri, vi prego di menzionare le centinaia di rifugiati (in realtà sono più di un migliaio, negli ultimi 7-8 mesi) che il governo turco ha respinto in Siria, violando leggi nazionali, europee e internazionali, e di tenere a mente che tra questi respinti ci sono anche bambini, rispediti in zone di guerra senza i familiari, completamente soli».

La Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni vota a favore del rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo

Il 16 marzo, la Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni (LIBE) del Parlamento Europeo riunita a Bruxelles ha adottato la relazione d’iniziativa sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione. La risoluzione sarà ridiscussa e votata dal Parlamento Europeo durante la seduta plenaria di aprile.

Co-relatrici: Cécile Kyenge (Partito Socialista) e Roberta Metsola (Partito Popolare Europeo)

Relatore ombra per il gruppo GUE/NGL: Barbara Spinelli

 Dopo il voto, Barbara Spinelli ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Oggi la Commissione LIBE ha adottato la relazione sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione.

Il rapporto presenta notevoli punti positivi, soprattutto per quanto riguarda la necessità di riconoscere vie legali e sicure di accesso al territorio dell’Unione e la creazione di un sistema europeo di ricerca e salvataggio in mare.

Deploro, ciononostante, il processo decisionale che ha portato al voto di questo rapporto. Il rapporto è stato assegnato più di un anno fa a due relatrici – Cécile Kyenge (Partito Socialista) e Roberta Metsola (Partito Popolare Europeo) – e tale procedura, che affida la guida dei rapporti parlamentari ai due maggiori gruppi del Parlamento, non è mai di buon auspicio. L’esperienza insegna che, poiché i due gruppi politici formano da soli una maggioranza solida in Parlamento, l’opinione degli altri gruppi è messa in disparte e il pluralismo viene aggirato. Nel caso in specie e per volontà congiunta dei Socialisti e dei Popolari, i nostri 168 emendamenti, scritti con l’appoggio di numerosi accademici, associazioni della società civile e ONG, non sono stati sottoposti al voto. È il motivo per cui solo alcuni di essi sono stati incorporati negli emendamenti di compromesso votati oggi. Quel che deploro, è che l’insieme delle nostre controproposte non abbia trovato spazio né visibilità nei testi di compromesso.

Se alla fine una parte dei nostri emendamenti è stata inclusa, dopo difficili e lunghi negoziati, lo si deve alla tenacia con cui il Gue, i Verdi, l’Alde, i Cinque Stelle si sono battuti per incorporare alcuni punti importanti negli emendamenti di compromesso come:

– la necessità di prevedere misure di accoglienza, sostegno e opportunità di integrazione a migranti, richiedenti asilo e rifugiati;

– l’esortazione agli Stati membri a introdurre specifiche procedure per la determinazione dell’apolidia e a condividere pratiche di eccellenza (best practices);

– il richiamo al fatto che sia il diritto internazionale sia la Carta dei diritti fondamentali dell’UE impongono agli Stati membri di esaminare opzioni alternative alla detenzione;

– la critica forte del sistema di Dublino, e la richiesta, fatta alla Commissione e agli Stati membri, di superarne le rigidità e di diminuire il peso che grava sugli Stati di prima accoglienza (essenzialmente Grecia e Italia);

– la menzione delle cause profonde della fuga dei migranti: guerre, povertà, corruzione, fame, pulizie etniche, disastri naturali e cambiamento climatico;

Il rapporto presenta tuttavia alcune debolezze a mio parere gravi. Sono passate malgrado il voto negativo del mio gruppo paragrafi a favore del piano d’azione comune UE-Turchia, da me radicalmente criticato; disposizioni a favore di rimpatri e accordi di riammissione con Stati Terzi (processo di Khartoum); e una serie di capitoli sul rafforzamento dei controlli delle frontiere esterne di Schengen (criticabile è il nesso stretto stabilito con le frontiere interne), sulla proposta di una lista europea di Stati di origine sicuri e sulla creazione di una Guardia Costiera europea.

Le sezioni riguardanti il ricongiungimento familiare potevano e avrebbero dovuto essere ulteriormente rafforzate, favorendo il ricongiungimento di membri di famiglie allargate ed eliminando le restrizioni (burocratiche, pecuniarie) che intralciano il ricongiungimento intra e extra-europeo di moltissime famiglie. Infine, ed è una mancanza a mio parere cruciale, il rapporto non riconosce il ruolo svolto dagli interventi militari occidentali nella grave destabilizzazione degli Stati di origine o di transito di tanti rifugiati che arrivano in Europa.

Altra nostra domanda che non è stata accolta: la definizione di uno statuto giuridico – tuttora assente nel diritto internazionale – per i rifugiati ambientali.

Esaminando i punti positivi e quelli negativi del testo, ho tuttavia consigliato ai miei colleghi, nel mio ruolo di relatore ombra per il gruppo GUE/NGL,  di dare all’insieme del rapporto un voto positivo, pur raccomandando il voto negativo su una ventina di paragrafi di compromesso».

Allegati:

Gli emendamenti presentati da Barbara Spinelli al rapporto (file .pdf)

La bozza del rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo (file .doc)

Politica europea dei rifugiati e Mediterraneo

Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di relatore ombra per il gruppo GUE-NGL nel corso della riunione ordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni tenutasi a Bruxelles il 29 febbraio 2016.

Punto in agenda:

Situazione nel Mediterraneo e necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione

  • Esame degli emendamenti

Co-Relatori: Roberta Metsola (PPE – Malta), Kashetu Kyenge (S&D – Italia)

Ringrazio le co-relatrici per l’ottimo lavoro che hanno svolto e che in gran parte condivido: in particolare su temi come il search and rescue e le vie di accesso legale all’Unione europea.

Ringrazio anche le 20 ONG da cui ho ricevuto suggerimenti per i molti emendamenti che ho presentato. Sintetizzandoli al massimo, vorrei indicare i sei punti che a mio parere sono cruciali, e non ancora risolti:

  • L’emendamento “orizzontale” che ho proposto, e che prevede la possibilità per i richiedenti asilo di esprimere le proprie preferenze sullo Stato in cui vorrebbero chiedere asilo ed essere ricollocati.
  • Sulla detenzione dei migranti, chiedo un regolamento più dettagliato dei dati raccolti da Eurostat, e la promozione di alternative alla detenzione.
  • Ritengo necessario modificare i punti che riguardano sia i meccanismi di rimpatrio governati da Frontex in accordo con i Paesi terzi, sia la creazione di una lista di Stati di origine sicuri. Allo stesso modo è cruciale, secondo me, evidenziare l’assenza di garanzie procedurali e di trasparenza, nella creazione di una Guardia di costiera e di frontiera europea.
  • Sui fondi europei, chiedo che l’uso sia trasparente e controllato per scongiurare, almeno in parte, scandali come “Mafia Capitale”. Inoltre, penso che i fondi europei destinati all’asilo e alla migrazione dovrebbero essere esenti dalle regole di deficit previste dal Patto di Stabilità e di Crescita. Questo per aiutare i Paesi che sono i più esposti ai flussi migratori come Grecia e Italia.
  • In politica estera, sono contraria a missioni NATO di controllo delle frontiere e soprattutto ai recenti accordi per il rimpatrio con Stati che non rispettano né i diritti dei propri cittadini né quelli dei migranti. Penso al processo di Khartoum. E penso, in particolar modo, al governo turco e a un possibile intervento militare in Libia per risolvere il problema degli smuggler. Ritengo necessario, in questo quadro, dire a chiare lettere che l’Unione europea non può decidere le sue politiche assieme alla Turchia, quasi fosse un nuovo Stato membro. Siamo tutti a conoscenza dei massacri che il governo Erdoğan sta compiendo contro il popolo curdo nel Sud -Est della Turchia, e dei bombardamenti della Repubblica di Rojava in Siria.
  • Chiedo uno sguardo lungo, previdente, sulla filosofia di Schengen. Nell’immediato può aver senso lo stretto legame causale stabilito tra abolizione di frontiere interne e controllo più stretto delle frontiere esterne. Nel medio-lungo periodo, però, avremo bisogno di frontiere esterne più aperte, perché il nostro è un continente in forte declino dal punto di vista demografico.

Si veda anche:

As humanitarian crisis develops, we must take a whole new approach to refugee policy

GUE/NGL MEPs condemn Denmark’s proposal to delay family reunification and seize assets from refugees

PRESS RELEASE

Brussels 25 January 2015

During a heated debate in the European Parliament’s Committee on Civil Liberties, Justice and Home Affairs this afternoon, GUE/NGL MEPs condemned a controversial draft law* proposed by the Danish government to empower the authorities to seize valuable assets from refugees in order to pay for their stay when applying for asylum in Denmark, and postpone the right to family reunification for refugees under temporary protection.

On the eve of its expected adoption in the Danish Parliament tomorrow, the draft law was debated this afternoon by Civil Liberties Committee MEPs with Danish Foreign Affairs Minister Kristian Jensen and Minister for Immigration, Integration and Housing Inger Støjberg.

GUE/NGL Coordinator on the LIBE Committee, Cornelia Ernst, said: “Making people wait for three years before they can even apply for family reunification effectively means denying them their right to family life for three years, for no good reason. We are talking about a human right that is very broadly recognised, in Denmark, all over Europe and beyond.”

Danish MEP, Rina Ronja Kari, expressed opposition from within Denmark: “The proposed changes to the Danish asylum legislation are in breach of international conventions and the Danish government has in no way convinced the Parliament otherwise. It is disgraceful that the Danish government does not listen to the Council of Europe when they express their deep concern over the amendments, and their conduct in today’s exchange of views does not suggest that they will listen to the criticism from the Parliament either.”

Italian MEP, Barbara Spinelli, added: “Confiscating jewellery and goods ‘without sentimental value’ is immoral and grotesque: who will define whether an object is of sentimental value to a refugee or not, when it’s not a wedding ring? I also believe it’s unfair to compare an asylum-seeker to an unemployed Dane or EU citizen: a refugee has nothing, not even a bed. In order to receive a return on our ‘investment’ in the reception of migrants, we should instead invest in integrating them as quickly as possible into our labour market.”

Spanish MEP, Marina Albiol Guzmán: “Measures like having to wait for over six years in order to gain permanent residence or making asylum seekers pay for staying at the centres where they’re forced to live are aimed at closing the door to refugees and all migrants.”

“This legislation is racist and xenophobic, and goes against the European Convention on Human Rights, the United Nations’ Convention on the Rights of the Child, the Geneva Convention, and many other European and international treaties. It also goes against all the solidarity compromises of the EU and therefore we expect a strong position from the Parliament and the European Commission to counter this bill that goes against human rights”.

Swedish MEP, Malin Björk, expressed the possibility of an alternative policy: “The Nordic left parties have presented an alternative solution to these repressive measures. A new Nordic Model with better cooperation between our countries, more pressure for a humanitarian EU refugee policy and a dismantling of fortress Europe.”

*Background
The draft law to be passed tomorrow by the Danish Parliament has several different components that will all have a devastating impact on the lives of asylum-seekers, including a 3-year waiting period to access family reunification for beneficiaries of temporary protection, tightening of criteria to obtain permanent residence permits, tightening of rules for revoking refugees’ residence permits, search by police of asylum-seekers and their belongings with a view to confiscating money and valuables to cover the costs of asylum-seekers’ stay, reduction of economic benefits by 10% and the obligation to be housed in asylum centres.

This draft law has been condemned by the UNHCR and Danish NGOs including the Danish Refugee Council. The Council of Europe Commissioner for Human Rights sent a letter to the Danish government on January 9, 2016 condemning these restrictive changes as ‘raising serious concerns of conformity with human rights standards’ asking the Danish government to reconsider these changes to ‘ensure that law and practice fully comply with Denmark’s obligation to uphold refugee protection standards’.  

This new proposal must also be read in conjunction with the amendments to the Aliens Act introduced last November which increased the possibilities of detaining asylum-seekers under ‘special circumstances’ and weaken the judicial review of detention. 

During the debate, the Danish Minister for Immigration insisted despite reference to criticism from the CoE and UNHCR that their proposals ‘live up to all conventions’ and reminded the Committee that the four largest groups of the European Parliament will vote in favour of the law tomorrow.

Situazione nel Mediterraneo e necessità di un approccio globale in materia di immigrazione

Strasburgo, 18 gennaio 2016. Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di relatore ombra, nel corso della riunione straordinaria della commissione Libertà civili, giustizia e affari interni.

Punto in agenda:

Situazione nel Mediterraneo e necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione

  • Esame del progetto di relazione
  • Fissazione del termine per la presentazione di emendamenti

Co-Relatori: Roberta Metsola (PPE – Malta), Kashetu Kyenge (S&D – Italia)
Relatore per Gruppo GUE/NGL: Barbara Spinelli

Ringrazio innanzitutto le relatrici per l’importante lavoro che hanno svolto.

Tuttavia, avendo ricevuto il progetto di relazione abbastanza tardi, posso reagire solo con un’opinione parziale, per punti.

C’è sicuramente una base solida da cui partire ed elementi che trovo apprezzabili. Penso alla necessità, come avete sottolineato nella Relazione, di dotarsi di un sistema permanente e robusto di search and rescue; alle vie legali di accesso all’Unione, tra cui la possibilità di rivedere la direttiva del 2001 sulla protezione temporanea in modo da stabilire corridoi umanitari veri; e alla proposta di un meccanismo permanente e vincolante di resettlement. Ritengo giusto che abbiate evidenziato come le differenti forme di aiuto umanitario non debbano essere criminalizzate, anche se non sono molto d’accordo sul fatto che lo smuggling continui a essere giudicato secondo criteri troppo sommari, dunque negativi.

Per quel che riguarda la mancanza di solidarietà tra Stati membri, personalmente proporrei il rafforzamento delle sanzioni agli Stati che non applicano il diritto europeo o si rifiutano di collaborare sulla base dell’articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

Ci sono invece alcuni punti su cui sono in totale disaccordo: sui rimpatri, sul rapporto con i Paesi terzi e soprattutto sulla questione Turchia e, di conseguenza, sulla lista dei “Stati d’origine sicuri”. Ancora, non condivido il ruolo attribuito a Frontex e il giudizio sugli “hotspot”. In quest’ultimo caso, il punto di vista della Commissione mi sembra sia stato accolto troppo acriticamente.

I parlamentari GUE/NGL criticano la direttiva PNR

PRESS RELEASE

GUE/NGL MEPs criticise PNR directive as ineffective in countering terrorism

Brussels 10 December 2015

Following this morning’s vote in the LIBE Committee which endorsed a draft EU directive regulating the use of Passenger Name Record (PNR) data, GUE/NGL MEPs have criticised it as ineffective and a breach of privacy.

German MEP, Cornelia Ernst, expressed the need for more effective measures to counter terrorism: “The despicable events in Paris should have prompted a serious discussion about how to prevent terrorism and which security measures are actually effective for this purpose. But instead we are getting more off-the-shelf policies. The proposed PNR directive has been on the table since 2012. It would not have made the world safer back then, and for sure it will not do so in 2016.”

Swedish MEP, Malin Björk, commented: “The European Court of Justice recently stated that collecting personal data of citizens without specific targeting contravenes the EU Charter of Fundamental Rights, and now we see this again in the draft Passenger Name Record directive. Framing the PNR directive as a counter-terrorism initiative is unacceptable; it is just another instrument for mass surveillance of people.”

French MEP, Marie-Christine Vergiat, added: “This vote represents an unprecedented decline in the Community acquis on data protection and privacy. The European PNR proposal was revived following the attacks in Paris in January 2015and accelerated after the attacks in Paris on November 13 which highlighted the problem of cooperation between member states in the fight against terrorism and cross-border organised crime. It is therefore incomprehensible that the agreement reached between the Council and Parliament does not mandate the exchange of information resulting from the processing of PNR data. The apologists for this system have managed to set up an inefficient and expensive system, built on the exploitation of fear.”

Italian MEP, Barbara Spinelli, further explained the position of GUE/NGL MEPs: “We stand against the introduction of a PNR Directive which the European Data Protection Supervisor and other important authorities have declared as neither necessary nor proportionate. I think the Union should not fall prey to a policy of fear, but it seems to be doing just that: preparing to adopt further counter-terrorism measures before assessing their proportionality and their legal necessity, while member states are resisting real cooperation using the existing instruments. I believe there will be a time when the European Court of Justice will prove that we were right all along, as happened in the case of the Digital Rights Ireland (C-293/12) and Schrems (C-362/14) judgements. Hopefully that time will come sooner rather than later.”

The draft directive on PNR will be put to a vote by Parliament as a whole early next year.

I cittadini davanti ai poteri di Frontex

Bruxelles, 10 novembre 2015. Intervento di Barbara Spinelli in occasione della Riunione congiunta delle Commissioni Petizioni e Libertà civili, giustizia e affari interni.

Punto in Agenda:
Rapporto di iniziativa relativa a Frontex, a seguito della Relazione speciale del Mediatore europeo (Emily O’Reilly).

Relatori: Roberta Metsola (PPE – Malta), Ska Keller (Verdi/ALE – Germania)

  • Esame del progetto di relazione
  • Fissazione del termine per la presentazione di emendamenti

Desidero evidenziare due tematiche, a mio avviso importanti, che dovrebbero essere inserite nella Relazione in esame.

Il primo punto, su cui non mi soffermerò in quanto già esaustivamente considerato prima di me dalla collega Laura Ferrara (Movimento Cinque Stelle), concerne il diritto al ricorso dei migranti, di cui questi ultimi devono potersi avvalere soprattutto se provenienti dai cosiddetti “paesi sicuri”.

Riguardo al secondo punto, ritengo sia essenziale che la Relazione richiami l’articolo 263 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, il quale prevede che la Corte di Giustizia eserciti un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell’Unione (Frontex, in questo caso) destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi.

L’applicazione dell’articolo 263 permette in effetti di salvaguardare e rafforzare un principio fondamentale della democrazia costituzionale: quello secondo cui più poteri vengono istituiti, più il cittadino è tutelato. In tal caso, un potere supplementare di controllo e monitoraggio viene attribuito al giudice.

Sulla gestione della crisi dei rifugiati

di mercoledì, Novembre 11, 2015 0 , , , Permalink

Bruxelles, 10 novembre 2015

Intervento di Barbara Spinelli in occasione della Riunione della Commissione Libertà civili, giustizia e gli affari interni.

Punto in Agenda:

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO EUROPEO E AL CONSIGLIO “Gestire la crisi dei rifugiati: stato di attuazione delle azioni prioritarie intraprese nel quadro dell’agenda europea sulla migrazione”

  • Presentazione a cura di Matthias Ruete, direttore generale, Commissione europea, DG Migrazione e affari interni (sostituito da Marta Cygan, direttrice della Direzione A – Strategia e Affari Generali, DG Migrazione e affari interni)

Desidero porre alla Signora Cygan una domanda in merito alla questione hotspot in Italia, di cui all’allegato 3 della Comunicazione in esame, ma prima di ciò, vorrei richiamare l’attenzione della Commissione su una situazione molto grave che riguarda l’assistenza alla Grecia.

La Commissione pretende di aver dato il via all’erogazione di aiuti – a un paese, ricordiamo, sotto una pressione di flussi migratori che tutti noi conosciamo – ma le condizioni previste per il loro stanziamento sono tali per cui l’uso effettivo del denaro diviene pressoché impossibile.

Le autorità greche, infatti, vengono invitate ad anticipare le spese dei servizi – spese per il cibo, la pulizia dei centri d’accoglienza, l’affitto dei centri stessi, ecc. – e solo successivamente queste saranno rimborsate.

Sembra quasi che la Commissione ignori totalmente la situazione di crisi economica in cui versa il paese dopo anni di austerità. La Grecia non è semplicemente in grado di anticipare tale denaro.

Naturalmente le soluzioni ci sarebbero e sono soluzioni molto realistiche. Basterebbe, infatti, che la Grecia potesse disporre delle somme in un conto bancario, ad uso immediato, quando si determina il bisogno di un servizio. È evidente che il governo greco dovrà rendere conto delle spese sostenute e che vi sarà un controllo continuo da parte della Commissione.

Si tratta evidentemente di una questione urgente e su questo vorrei avere una risposta precisa e altrettanto urgente.

Riguardo alla questione hotspot: la Commissione raccomanda agli Stati di garantire l’immediata disponibilità di esperti, se richiesti da Frontex e da EASO, e specifica che tali esperti – cito – “devono essere disponibili per distaccamenti di lungo periodo, per essere quanto più possibile operativi”.

Quel che chiedo alla rappresentante della Commissione è se il concetto di “lungo periodo” sia compatibile con il carattere di temporaneità che gli hotspot dovrebbero possedere in quanto misure d’emergenza adottate sulla base dell’articolo 78(3) del Trattato, o se tale inciso preluda invece a un processo di regolamentazione permanente di situazioni emergenziali. Chiaramente gli hotspot diverranno centri di detenzione, per l’appunto, permanenti, ma senza perdere formalmente la loro natura emergenziale. Questo significa che avendo formalmente tale natura, qualsiasi decisione che li riguarda verrà presa nell’inosservanza della procedura ordinaria di co-decisione con il Parlamento europeo. Qualunque proposta della Commissione verrà perciò adottata in assoluta solitudine dal Consiglio, al di fuori di ogni controllo democratico.

GUE/NGL vota contro la Relazione d’iniziativa “Prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche”

COMUNICATO STAMPA

Bruxelles, 19 ottobre 2015

Questo pomeriggio, la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo ha votato a favore la Relazione d’Iniziativa Prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche, redatta dalla deputata francese del Partito Popolare Europeo Rachida Dati.

Il Gruppo GUE/NGL ha presentato 95 emendamenti alla versione iniziale della Relazione e ha lavorato, nel corso di tutto il processo che ha portato a questo voto, a stretto contatto con varie ONG che operano nel settore dei diritti fondamentali.

Barbara Spinelli, Relatore Ombra per il Gruppo GUE/NGL, ha dichiarato:

«Alcune delle nostre linee rosse sono purtroppo state integrate nel testo finale, come la richiesta di un maggiore controllo dei confini esterni dell’Unione, il rafforzamento delle Agenzie europee quali EUROPOL, la richiesta di una piena cooperazione con i paesi terzi, inclusa la Lega Araba, nonché l’impegno a lavorare verso la finalizzazione, entro la fine dell’anno, della Direttiva sul PNR europeo. Per il nostro Gruppo è altresì problematico l’approccio adottato riguardo alla prevenzione della radicalizzazione su internet, che prevede una responsabilità legale in capo alle società di internet e ai gestori di servizi di cooperare con le autorità degli Stati Membri al fine di cancellare i contenuti illegali su internet nonché il compito, per tali società, di promuovere, in cooperazione con le autorità, narrative positive. A cui si aggiunge la richiesta rivolta agli Stati Membri di istituire un’Unità Speciale volta a facilitare l’individuazione e l’eliminazione dei contenuti illegali su internet.

«In ogni caso il nostro Gruppo ha conseguito vari successi, come quello sull’introduzione di misure di prevenzione, tra cui i programmi educativi nelle prigioni volti al reinserimento dei detenuti e i programmi di supporto per i lavoratori in prima linea, finanziati attraverso investimenti sociali a lungo termine da parte degli Stati Membri. Abbiamo inoltre ottenuto miglioramenti riguardo al ruolo della scuola e dell’istruzione come strumento per prevenire la radicalizzazione attraverso la promozione di corsi di tolleranza e diritti umani, e abbiamo affrontato i fattori socio-economici che conducono a emarginazione chiedendo investimenti in progetti sociali e di vicinato volti a combattere l’emarginazione economica e geografica.

«Siamo riusciti infine ad ottenere l’adozione di una serie di richieste rivolte agli Stati Membri, ad esempio quella di implementare diligentemente gli strumenti dell’Unione Europea contro la discriminazione e adottare misure efficaci per affrontare la discriminazione, l’incitamento all’odio e i reati di odio, nonché incoraggiare gli Stati Membri ad adottare azioni immediate contro il sovraffollamento delle carceri, che continua ad essere un grave problema in molti Stati Membri.

«Per concludere, siamo riusciti ad evidenziare nel rapporto che una strategia per contrastare l’estremismo, la radicalizzazione e il reclutamento di terroristi all’interno dell’UE può funzionare solo se si sviluppa in parallelo ad una strategia di integrazione, inclusione sociale, reinserimento e de-radicalizzazione dei cosiddetti “combattenti stranieri rimpatriati”».


Si veda anche:

Combattenti stranieri e terrorismo: critiche a Rachida Dati
Prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche

Il negoziato TISA e la sentenza Schrems

Bruxelles, 12 ottobre 2015. Intervento di Barbara Spinelli in occasione della Riunione della Commissione Parlamentare per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Punto in Agenda:  

  • Raccomandazioni alla Commissione europea sui negoziati relativi all’Accordo sugli scambi di servizi (TiSA)
    Esame del progetto di parere
    Relatore per parere Commissione LIBE – Jan Philipp Albrecht (Verdi/ALE – Germania)
    Commissione competente nel merito: Commercio Internazionale (INTA) – Relatore Viviane Reding (PPE – Lussemburgo)

Il negoziato TISA e la sentenza Schrems

Trovo l’opinione di Jan Philipp Albrecht eccellente, e vorrei chiedere al relatore come la sentenza Schrems appena emessa dalla Corte Europea di Giustizia possa essere inserita nel contesto degli attuali negoziati sul TISA e, soprattutto, quali specifici aspetti del verdetto debbano essere integrati, al fine di garantirne una reale applicazione.

Vorrei anche porre una domanda su una questione particolarmente controversa: la partecipazione dei paesi emergenti a tali negoziati. Come ritiene il relatore di poter rispondere alle questioni cruciali sollevate da tali paesi e che ne impediscono la partecipazione o, eventualmente, l’adesione? Mi riferisco alle limitazioni poste ai paesi in via di sviluppo in virtù delle clausole di Standstill, Most Favoured Nation e Ratchet.

Di quest’ultima temo inoltre gli effetti potenzialmente irreversibili che, in via generale, può dispiegare, cristallizzando nel tempo qualsiasi forma di privatizzazione. Nelle attuali condizioni di crisi economica è necessario garantire reversibilità e non correre il rischio di restare prigionieri dello status quo.


 

Si veda, in proposito, il Progetto di parere del relatore (file .pdf)